Si è affermata Alessandra Todde, raccogliendo migliaia di voti in più rispetto alle liste in suo sostegno. Una 5 Stelle che per tutta la campagna elettorale ha voluto sottolineare il suo essere di sinistra nonostante l’allergia del leader pentastellato alle «etichette». E questa forse potrebbe essere un’indicazione per la – sempre eventuale – costruzione dell’alleanza Pd-M5S a livello nazionale. Ha avuto ragione Conte, il leader allergico, che su Todde ha puntato senza prevedere subordinate.
Soddisfatta Schlein, che ha accettato le condizioni dell’avvocato rinunciando alle primarie reclamate da Soru e ha rischiato così, in caso di flop, di finire a processo dentro il suo partito. Scommessa vinta tanto più se risulterà che sull’isola il Pd è il primo partito. È uscito dalle urne quantomeno ammaccato il candidato del centrodestra Truzzu. Ma prima ancora viene ridimensionata l’arroganza di Giorgia Meloni.
La premier pigliatutto perde questa mano importante nel peggiore dei modi. Ha imposto il candidato di FdI non perché pensasse che avesse più possibilità del sardo-leghista Solinas in virtù del suo aver bene amministrato Cagliari: i 5 anni di Solinas sono stati un fallimento e probabilmente sarebbe andato male anche lui, ma nella classifica 2023 dei sindaci più amati d’Italia pubblicata dal Sole 24 ore Truzzu è terz’ultimo.
La premier lo ha però imposto perché era un Fratello doc, e in quanto Fratello pensava di poterlo utilizzare come se fosse una bandierina da issare sul pennone della regione, un segnaposto, un soldatino da schierare sul terreno per procedere nell’avanzata verso la conquista delle regioni a scapito degli alleati, ora che i rapporti di forza nella destra sono cambiati. Gli elettori avrebbero comunque eletto Trux, perché avrebbero votato lei, Giorgia Meloni.
«Conosco da 20 anni Truzzu non perché ci andavo in discoteca, ma perché è da vent’anni che fa politica. E io voglio gente che sappia di che si sta parlando». Così la premier lo ha presentato nel comizio finale della campagna elettorale. Ma è proprio la politica il punto.
Ciò che la leader di FdI intende per politica, il portato dei suoi anni di militanza nell’estrema destra. Mai arretrare, umiliare eventualmente gli stessi alleati, per non soccombere. Lotta nel fango (quel fango che, come ha ripetuto anche a Cagliari, tutti vorrebbero tirarle addosso). Contrattaccare sempre, anche a costo (come per le manganellate agli studenti) di alzare il tiro su su fino al Quirinale.
Non ha funzionato, ma che Meloni sia disposta a trarre qualche insegnamento dalla sua prima vera battuta d’arresto che già manda in fibrillazione la maggioranza, è tutto da vedere. Troverà il modo di accusare gli alleati disobbedienti, la sinistra violenta, il fango. Almeno per una sera vada a berci sopra con Truzzu, in discoteca.
MICAELA BONGI
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