Se ci sono immagini capaci di fissare plasticamente il segno dei tempi, l’incontro tra Matteo Salvini e Marine Le Pen nelle stanze della direzione nazionale dell’Ugl, il sindacato della destra italiana che dal 2014 si è trasferito in via delle Botteghe Oscure a pochi numeri civici di distanza da quella che fu la storica sede del Pci, è senza dubbio una di queste. Ma se a fare notizia sarebbe stato in passato soprattutto il profilo «sociale» dell’alleanza che vi si è celebrata, ora è il possibile appeal di governo di questa compagine a destare le maggiori inquietudini. E l’interesse degli osservatori europei.
Dal «laboratorio politico» gialloverde, forte del suo ruolo di vicepremier – ma anche dei sondaggi che indicano la Lega in grado di superare il 30% dei consensi -, Matteo Salvini si è infatti progressivamente ritagliato il ruolo di possibile traghettatore delle nuove destre continentali oltre la ridotta del posizionamento anti-sistema.
Il convegno organizzato dall’Unione Generale del Lavoro – salita da tempo sul carro della nuova Lega, il segretario generale del sindacato, Paolo Capone era già sul palco di Salvini nel «No Ius Soli» romano dello scorso dicembre ed è considerato uno dei sostenitori dello sbarco leghista nel centro-sud e nella stessa Capitale -, con l’ambizioso titolo di «Crescita economica e prospettive sociali in un’Europa delle Nazioni», rappresenta così poco più che un escamotage per lanciare il «Fronte della libertà» insieme a Marine Le Pen e dare di fatto inizio, con ampio anticipo, alla campagna elettorale per le europee di maggio. Anche se, precisa con modestia Salvini, lavoriamo «a un progetto per i prossimi 30 anni».
«Condividiamo la stessa idea dell’Europa, del lavoro e della lotta all’immigrazione. E siamo contro i nemici dell’Europa che sono Juncker e Moscovici, chiusi nel bunker di Bruxelles», spiega il vicepremier italiano. La leader del Rassemblement national – il nome che il vecchio Front national si è dato per cercare di allargare i propri consensi – gli fa eco, sottolineando: «Puntiamo a sostituire l’alleanza tra Ppe e Pse a Bruxelles. Con Salvini non lottiamo contro l’Europa ma contro l’Ue per costruire un’Europa su nuovi valori: contro la mondializzazione». Precisazione non secondaria per chi non ha ancora abbandonato la possibilità di mollare l’Euro e che lascia aperta l’ipotesi di un’alleanza inedita con i popolari, sul modello di quanto già accade a Vienna con il Fpö austriaco, alleato di Lega e Rn nel Gruppo dell’Europa delle nazioni e delle libertà.
Ma se poco più di vent’anni fa era Jean-Marie Le Pen con il suo «Le français d’abord» (prima i francesi) a tracciare la rotta, ora si assiste ad un silenzioso passaggio di testimone: ora è Salvini il modello da imitare, al punto che le sue foto riempiono ogni meeting dell’ultradestra transalpina.
Il leader leghista gioca in casa e gigioneggia, come sempre con un fare tra il provocatorio e l’aggressivo. «L’incontro tra Saviano e Macron? Che tristezza, chi si somiglia si piglia. – butta lì, prima di chiosare, con garbo – Spero solo che non si siano fatti un selfie svestiti, come usa fare Macron di recente…». Pronta la riposta, da Parigi, del numero uno di En Marche, Castaner: «Salvini e Le Pen? Eletti al Parlamento europeo dal 2004 al 2017. Il loro bilancio per l’Europa? Zero».
Anche tra Salvini e Le Pen però, di là della sintonia esibita a Roma, sulla strada per la conquista dell’Europa, appare ancora qualche ostacolo. Se il primo non esclude «candidati comuni» e un possibile capolista unico, la seconda appare gelosa delle proprie prerogative nazionali. Non solo, riunire tutte le formazioni «sovraniste», come auspicato nell’incontro, significherebbe «pescare» in gruppi diversi a Bruxelles. Difficile però pensare che il premier ungherese Orbán, campione europeo della politica del filo spinato contro i migranti abbandoni il Ppe. Altrettanto complessa appare l’altra ipotesi emersa, quella di scegliere Jimmie Akesson come candidato unitario: i suoi Democratici svedesi erano già parte del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta insieme agli eletti dei 5Stelle, partner di governo di Salvini. Questo, mentre il nome di Paolo Savona, lanciato dalla Lega, non sembra scaldare i cuori dei possibili alleati europei. Uniti sì, ma ciascuno padrone a casa propria.
GUIDO CALDIRON
foto tratte da Wikimedia Commons