Succede. Un bimbo si fa la pipì addosso a scuola. Alcune volte me la sono fatta anche io alle elementari.
Cesarina, una bidella – mamma – zia – nonna che amava davvero tutti i bambini che ha visto passare nelle classi durante la sua lunga vita, ci prendeva per mano e ci rimetteva a posto: ci cambiava come poteva. Con quello che trovava.
Ora, la settimana scorsa – riferisce l’Ansa – questo è successo in una scuola di Chivasso. E le maestre hanno chiesto che il bimbo che si era fatto la pipì addosso fosse cambiato. Non hanno trovato nulla di meglio che un indumento di colore fucsia.
Apriti cielo! La madre del piccolo ha sostenuto che quel colore poteva generare nel piccolo qualche idea “sull’identità di genere in conflitto”. Un colore. Un colore rosa. Non celeste.
Per convenzione comunemente accettata, il rosa si usa per le femminucce e il celeste per i maschietti. I nazisti usavano il rosa per marchiare gli omosessuali nei campi di concentramento e di sterminio. Il celeste è il colore del cielo ma è anche il colore della nazionale di calcio italiana. I colori vanno, vengono. Si usano per mille cose. La luce li rende tali. Senza la luce non esisterebbero.
Ci sono fiori rosa, fiori celesti, fiori azzurrini. Io li adoro. Tutti. Ma principalmente quelli azzurrini. Mica sarò diventato etero per questo!? O forse devo avere il dubbio?
Dunque, mamma di Chivasso, si tranquillizzi. I bambini non hanno una mentalità rigida come la nostra: noi siamo abituati a schemi e organigrammi, direttive fisse su cosa attribuire a cosa. I bambini, meraviglia delle meraviglie, sono tenzialmente anarchici in tutto: si stupiscono di ogni cosa. Sono condizionabili, certo. Ma non è un colore che farà pensare a suo figlio di non essere “maschietto”.
Semmai, a me sembra, il timore era solo suo: quello che il suo figliolo fosse etichettato dai pregiudizi altrui come “femminuccia”. Confessiamoci almeno i nostri pregiudizi su altri pregiudizi e non attribuiamoli alla fantastica, libera mente dei bambini.
(m.s.)
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