Nel duro scontro Cina-Usa sullo stop agli acquisti di petrolio iraniano, i nostri sovranisti brillano per insipienza.
Ogni giorno ci danno lezioni imperdibili su come in realtà si cede sovranità contro gli interessi nazionali per piegarsi alle politiche sempre più aggressive del presidente statunitense Donald Trump che fanno esultare Netanyahu e i sauditi.
Ecco come vanno le cose per noi. Le sanzioni, imposte dopo che Trump ha abbandonato l’accordo sul nucleare del 2015, stanno soffocando Teheran e l’export (due miliardi di dollari l’anno) in un Paese dove l’Italia era il primo partner europeo.
Ma la colpa non è soltanto degli Stati uniti, è anche nostra, come emerge da una conversazione con l’ambasciatore dell’Iran in Italia, Hamid Bayat.
Alcune cose le sapevamo ma una è davvero sorprendente, quasi inspiegabile. «Gli Stati uniti – spiega l’ambasciatore – avevano concesso esenzioni a otto Paesi per importare petrolio da Teheran. Nel caso dell’Italia però non è il Paese a essere stato esentato ma una sola compagnia l’Eni, che non ha acquistato negli ultimi sei mesi neppure una goccia del nostro greggio».
La questione non riguarda soltanto l’Eni ma costituisce un danno anche per le altre imprese italiane. Con le vendite all’Eni gli iraniani avrebbero comunque potuto costituire un fondo in Italia da utilizzare per le importazioni, soprattutto di piccole e medie imprese. Insomma potevamo aggirare in maniera legale le sanzioni ma ci siamo dati la zappa sui piedi. È evidente che l’Eni, attiva in Iran dagli anni Cinquanta con Mattei, ha ceduto a un mix di pressioni e promesse americane.
Come se questo non bastasse ci stiamo facendo male da soli, perdendo commesse a raffica. Ricordiamo che nel 2015 il presidente Hassan Rohani firmò a Roma un memorandum d’intesa da 27 miliardi di euro. In Iran fecero missioni il ministro degli Esteri Gentiloni il premier Renzi e il ministro per lo sviluppo economico Calenda con una delegazione di 400 imprese, la più grande mai vista nella quarantennale storia della repubblica islamica.
Durante il governo Gentiloni, per aggiudicarsi le prime commesse iraniane, Invitalia venne dotata di un fondo da 5 miliardi di euro, una linea di credito firmata ufficialmente con garanzie sovrane iraniane. Ma il decreto di attuazione, su pressioni Usa e israeliane, rimase congelato.
Gli imprenditori allora provarono a battere un’altra strada. Con il nuovo governo giallo-verde nel già nel luglio 2018 la Camera di commercio e industria italo-iraniana presenta alla commissione Esteri del Senato un piano per costituire una banca locale italiana – da scegliere magari tra quelle cooperative già fallite – dedicata soltanto agli scambi con Teheran: le sanzioni Usa colpiscono tutti gli istituti occidentali che fanno scambi con Teheran ma una piccola banca che non lavora sul mercato statunitense avrebbe potuto ignorare l’embargo americano.
L’idea era stata accolta con favore, peccato che la Lega, sdraiata su posizioni filo-Israele, come ha dimostrato la controversa visita di Salvini nello stato ebraico, si sia opposta. Eppure lui dovrebbe essere dalla parte delle aziende: si vede che per stare in sella è meglio avere l’appoggio esterno che quello dei nostri imprenditori.
Ma c’è un’altra carta per riprendere gli affari con l’Iran che non abbiamo ancora giocato: e sempre per colpa nostra. Francia, Gran Bretagna e Germania hanno varato un meccanismo per aggirare le sanzioni Usa a Teheran che si chiama Instex (Instrument in support of trade exchanges). Instex dovrebbe rendere possibile gli scambi tra l’Iran e l’Europa. L’attuale isolamento finanziario, in vigore dal 5 novembre 2018, blocca non solo i commerci ma anche i trasferimenti di denaro.
Anche questo strumento, perfettamente in linea con le posizioni europee, non piace alla Lega e forse neppure al nostro ministro degli Esteri Moavero Milanesi che non ha ancora dato il via libera. Moavero in febbraio è andato a Varsavia per una riunione anti-Iran convocata dagli Usa dove non si sono presentati in segno di disaccordo i ministri degli esteri francese tedesco ma non trova il tempo di aderire all’Instex.
Ma di che cosa stiamo parlando? L’Iran dal 2015 a oggi ha rispettato tutti gli accordi sul nucleare secondo i 14 rapporti redatti dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica.
La verità è che il nostro governo (o una parte di esso), piuttosto isolato in Europa, preferisce inchinarsi a Trump ottenendo in cambio la beffa della «cabina di regia» in Libia che alla fine si riduce ad una sorta di lettera di licenziamento per Sarraj. Altro che sovranisti.
ALBERTO NEGRI
foto tratta da Pixabay