Rom, genti libere

Ci si innamora di alcuni libri perché con essi si stabilisce una sorta di orgasmica empatia che, del tutto oggettivamente, non tutti possono darti. Succede così nella vita sentimentale,...

Ci si innamora di alcuni libri perché con essi si stabilisce una sorta di orgasmica empatia che, del tutto oggettivamente, non tutti possono darti. Succede così nella vita sentimentale, accade similmente – almeno a me – in quella intellettiva o intellettuale che dir si voglia.

Confesso di essere un multiorgasmico solo sul piano letterario. Anche lo scrivere mi ci fa arrivare vicino al multiplo piacere, ma la lettura, senza ombra di dubbio di più, molto, molto di più.

Alcuni dei libri che ho recensito per questa rubrica settimanale mi hanno segnato profondamente e mi porto dietro tutta la felicità di averli letti e riletti, di averli coccolati prima e amati appassionatamente poi, in una compulsiva ripresa di alcuni capitoli, di brevi cenni o di permanenze lunghe sul mio comodino, in attesa che mi decidessi a riconsiderarne l’apertura.

Così ho fatto nei giorni scorsi, quando, ho ripreso tra le mani una pietra miliare della storia di un popolo messo ai margini della Storia, condannato a priori, deriso, sbeffeggiato, represso, torturato, mandato a morte in massa nelle camere a gas del Terzo Reich, bollato come “reietto” da sempre, per sempre.

Santino Spinelli, che è un rom italiano, che è un eccellente musicologo, artista, musicista, cantante, saggista, che ha due lauree e che insegna lingue e processi interculturali all’Università di Chieti, ha scritto, ormai dieci anni fa, un libro che, come molto bene precisa Moni Ovadia, dovrebbe avere un posto in ogni biblioteca, scolastica, pubblica o privata, collettiva o personale.

Perché noi dobbiamo al popolo rom almeno questo: farlo uscire dal misconosciuto, dal velo d’ombra del pregiudizio ipocrita con cui abbiamo accettato di sapere tutto degli “zingari” senza saperne praticamente nulla.

Niente di nuovo sotto il sole dell’umanità: sono due, tre, quattromila anni e più che ci facciamo cullare dalle fantasie e dalle mistificazioni, preferendo sapere poco e male rispetto al conoscere tanto e bene, approfondendo i temi che, più di altri, sono soggetto e oggetto al tempo stesso di una valanga di menzogne e di costruzioni archetipe di pregiudizi che diventano veri seguendo quella goebbelsiana massima (che è un dettame politico – sociale ben preciso) secondo cui ciò che viene ripetuto e ripetuto, alla fine assurge al rango di verità a prescindere in particolare dall’essere vero.

Rom, genti libere“, per l’appunto di Santino Spinelli (Dalai editore, 2012), è un insegnamento enorme: il frontale attacco all’etnocentrismo che apre il libro è una denuncia davvero storica ad una umanità che si è considerata identitariamente per millenni, che si è pensata superiore e che ha subito le inferiorità a seconda di come la lotta del potere veniva supportata dall’intelligenza, dalla capacità di condizionamento delle masse, dai rapporti di forza economici che una classe stabiliva su un’altra.

Fatto sta che, da millanta anni, nei secoli dei secoli, noi umani ci siamo divisi sulla lingua parlata, sulla cultura espressa, sul colore della pelle, sulla religione professata, sull’idea di noi stessi come quelli che non potevano non essere chi un popolo eletto, chi altro un mondo che doveva per forza prevalere sugli altri. Per avere col potere più potere ancora e, così, vivere alle spalle di altre genti meno libere, prosperare e trovare un posto nella storia universale di gloria e prosperità imperiture.

Non c’è nessun popolo, se non i rom, che si sia astenuto dal tentare di soggiogare altri popoli. Non c’è nessun popolo, proprio come i rom, che abbia patito un olocausto così lungo e mai terminato. Gli “zingari“, si sa, li odiano tutti. Perché? Perché sono ladri di bambini, perché rubano, perché sono sporchi, perché sono nomadi. Ecco perché… perché non hanno patria se non quel mondo dove hanno cercato di vivere, dove si sono dovuti inventare rifugi di fortuna dalle prepotenze che, di volta in volta, i poteri costituiti, religiosi o laici che fossero, rovesciavano loro addosso.

Le comunità romanès, si sono meritate questo libro e anche molti altri. Ma questo in particolare. E’ un dono prezioso per provare a superare tutti i preconcetti che, prescindendo dalla percentuale di responsabilità nostra e di quella attribuitaci da una induzione popolare, si sono radicati visceralmente in noi e che, probabilmente, del tutto non ci libereremo mai.

Rimarrà sempre un pezzetto di sospetto sul rom presente su un autobus, se a qualcuno è stato rubato un portafoglio, piuttosto che fare come gli investigatori e sospettare in eguale misura di tutte e tutti. Resterà, in un angolo del nostro inconscio, quella sensazione inculcataci fin da bambini, che gli “zingari” non possono in fondo essere buoni. Perché non sono come noi. E meno male.

Noi abbiamo sulla coscienza migliaia di anni in cui, come specie umana, abbiamo sottomesso le altre, schiavizzato tutti gli animali non-umani possibili, ne abbiamo fatto fenomeni da circo, ce ne nutriamo (voi almeno, io non più da anni…) pensando che sia normale mangiare corpi di altri esseri viventi.

Uccidere per mangiare non è poi così lontano dal considerare una intera categoria dell’umanità qualcosa d’altro rispetto all’umanità stessa o, se non altro, aliena dal nostro “ceppo” identitario, dalla nostra “nazionalità“, dalla nostra “radice comune“: quella occidentale, quella cristiana che, anche in questo tradisce il Cristo, lo fa apparire desolatamente inutile in quel sacrificio che i credenti gli attribuiscono quando ne parlano come del Figlio di Dio.

Siccome per battere un pregiudizio, ed una anti-cultura che ne deriva plurisecolarmente, bisogna conoscere tutta la storia del problema che consideriamo tale, Santino Spinelli ci introduce al mondo rom dagli albori della Storia. Dall’esodo in India all’arrivo nei territori dell’Impero bizantino; dalle malesorti nei principati rumeni fino alle forse più note traversie delle genti romanì in Europa, in Italia e, con la fine delle zone sconosciute sulle mappe, anche nelle Americhe.

Quello che vi dovrà necessariamente stupire quando leggerete “Rom, genti libere“, sarà proprio lo stupore nell’accorgervi di quanto l’apparire conti poco e l’essere invece molto. L’abito non fa il monaco… Ma il colore della pelle fa ancora la differenza in tanti Stati del mondo. E così le credenze, la religiosità, la fede, la filosofia o la visione sociale e politica di quello che ci circonda e che vorremmo provare a cambiare.

Bene o male, dopo mille vicissitudini e traversie, molti popoli trovano un riparo, una minima sicurezza di esistenza (di sopravvivenza) in paesi in cui i motivi per cui sono fuggiti non hanno ragione di esistere. Ai rom questa, pure infelice, sorte non è mai toccata.

Ovunque sono andati in giro per il mondo, hanno sempre e soltanto trovato ad aspettarli una ostilità che, nel migliore dei casi, era ostracismo, maldicenza e anatema; nel peggiore, invece, era la violenza portata alle estreme conseguenze: percosse, linciaggio, morte in massa.

Eppure c’è davvero un mondo dietro ad ogni persona, ad ogni popolo che pensiamo di conoscere soltanto dai racconti della televisione che fa politica o dalla superficialità delle cronache giornalistiche che non possono troppo discostarsi dal comune sentire: pena l’inimicarsi un pubblico che ne farebbe crollare le vendite (e gli ascolti se si tratta di canali radio o tv).

Quel mondo è una immensa ricchezza culturale che, mettiamoci nei panni degli altri, noi non vorremmo, da italiani, si disperdesse se si decidesse un giorno di considerarci tutti, ma proprio tutti come gli americani ci trattavano ad inizio Novecento dopo essere sbarcati dai grandi bastimenti a vapore a Nuova York…

Pare strano, eppure non lo è, ma il pregiudizio scatta sempre e soltanto se siamo noi a riferirci ad altri, ma se lo pensiamo su noi stessi. Perché un giudizio prevenuto ha proprio questa funzione: innalzarci a custodi della verità, della giustezza e della corretta interpretazione dell’esistente a differenza di altri che, invece, sono nell’errore, nell’ingiusto e nello scorretto. A priori. Senza motivo.

Ed è per questo che la storia del pregiudizio è in continua scrittura, perché l’evoluzione umana non è arrivata al suo apice, ma procede sempre su due linee parallele a velocità nettamente differenti.

La conoscenza e la scienza che fanno progressi incredibili e, dall’altro, la morale che ancora non ha del tutto espulso dal suo campo di ignominia la considerazione dei nostri simili differenti per origine, per lingua, per “razza“, per “specie” (termini confusi spessissimo fra loro, con grande soddisfazione delle forze antisociali, conservatrici e reazionarie peggiori, che rischiano di governare l’Italia da qui ad una ventina di giorni…) e, se vogliamo allargare ancora di più questo perimetro, il dare per scontato l’antropocentrismo, la superiorità umana su tutti gli altri esseri viventi.

Ecco, appunto: il lungo viaggio di Spinelli in quello che è anche il suo mondo, ci può insegnare tantissimo al riguardo. A pensare che il semplificazionismo è sinonimo di fascistizzazione, di banalizzazione estrema e che, in particolare, le opinioni semplicistiche (non quelle “semplici“, si badi bene) sono quasi sempre erronee, dettate da una premessa maggiore che è sbagliata nel 99% dei casi perché, pretendendo di sovrastare le altre “morali“, si elegge a valore assoluto ed è un terreno molto fertile per la nascita di Stati-etici che non sono, francamente, un bell’esempio di moderno sviluppo democratico.

Alla memoria di tutti i rom vittime di migliaia di anni di discriminazioni, vessazioni e violenze dedichiamo queste poche righe e speriamo servano a istillare un dubbio sul pregiudizio. Proprio e altrui. Se qualcuno si chiederà un “perché“, non saranno state scritte soltanto come recensione di un libro, ma come atto politico e civile, come presa di coscienza necessaria per migliorare un po’ questa società così moderna eppure ancora tanto indietro sul piano dell’uguaglianza universale.

ROM, GENTI LIBERE
STORIA, ARTE E CULTURA DI UN POPOLO MISCONOSCIUTO
SANTINO SPINELLI
DALAI EDITORE
€ / PREZZI DIFFERENTI PER EDIZIONE

MARCO SFERINI

7 settembre 2022

Foto di Miray Bostancı

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