Grazie ai lavoratori il fatturato delle industrie balza in avanti del 5,1% rispetto a pochi mesi fa. Un dato alto, mai così alto dal 2011, frutto della circolazione delle merci, della globalizzazione.
Ma la crisi economica esiste tutt’ora ed è la principale responsabile del ritorno a condizioni schiavistiche in molti settori lavorativi.
La domanda allora è questa: esiste davvero il “rischio di impresa”?
Esiste, indubbiamente, ma è certamente differente per impatto e per condizionamento degli stili di vita rispetto al rischio di povertà che invece è dilagante.
Si può dire, in tutta evidenza, che il rischio di impresa è inversamente proporzionale al rischio di licenziamento di massa. Basta studiare la vicenda dell’Embraco per rendersi conto che la lotta di classe esiste e che viene portata avanti dai padroni con mezzi spietati come le delocalizzazioni selvagge, senza tenere in conto gli assetti di un più vasto mondo economico nazionale.
Ma si sa, i cosiddetti “imprenditori” hanno a cuore le sorti del Paese e della collettività soltanto se sono funzionali, quindi subordinate, alla crescita esponenziale dei loro profitti. Tutto per il mercato, niente per il benessere comune.
Per questo la questione del “potere” torna ad essere centrale, perché è questione di classe.
#poterealpopolo
(m.s.)
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