Il documento approvato dalla Direzione nazionale del Partito domenica 19 gennaio 2020
La direzione nazionale del PRC esprime soddisfazione per il risultato del 2×1000 e il più sincero ringraziamento a tutte le cittadine e i cittadini che hanno confermato il proprio sostegno al nostro partito e alle compagne e i compagni che hanno lavorato anche nel 2019 per conseguirlo. Un dato che ci colloca nel numero dei sostenitori al di sopra di partiti che sono in parlamento e godono di ben altra visibilità. E’ un dato che ci incoraggia e ci impone di rilanciare la nostra iniziativa politica.
I drammatici eventi sul piano internazionale determinati dalle azioni terroristiche dell’amministrazione Trump ci impongono innanzitutto il massimo impegno nella mobilitazione contro la guerra e per la rinascita di un movimento per la pace e il disarmo.
L’ultimo rapporto Istat con il dato di 7,4 milioni di famiglie che hanno come principale fonte di reddito le pensioni di genitori e nonni conferma la necessità di rimettere al centro il conflitto di classe e di una piattaforma di svolta rispetto alle politiche neoliberiste che hanno impoverito la società e precarizzato il lavoro.
La stessa lotta contro la destra, la xenofobia e il razzismo non può prescindere dal terreno sociale.
Va in questa direzione la campagna sociale che il nostro partito ha avviato il 5 dicembre in concomitanza con l’inizio dello sciopero in Francia per diffondere una piattaforma di lotta e di governo per un cambiamento reale come definita nella direzione del 7 ottobre.
Se nelle prime settimane della campagna abbiamo sottolineato l’inadeguatezza programmatica del governo, nelle prossime diventa fondamentale la diffusione della parola d’ordine “Facciamo come in Francia” in un paese come il nostro che ha subito lo stillicidio di misure antipopolari dell’ultimo quindicennio senza una forte opposizione sociale e sindacale. La mobilitazione francese contro la “riforma” delle pensioni fa tornare alla memoria in milioni di lavoratrici e lavoratori l’assenza di reale contrasto da parte dei sindacati confederali rispetto all’approvazione della legge Fornero in Italia.
L’esempio francese può contribuire a modificare il senso comune di settori delle classi lavoratrici e dell’opinione pubblica. Non solo perché mostra che l’azione collettiva, la lotta sociale, il movimento operaio non sono ferrivecchi del secolo scorso ma anche perché fa emergere che misure presentate come “tecniche” e quindi indiscutibili sono il frutto dei rapporti di forza tra le classi.
Il nostro obiettivo di fase è la costruzione di un movimento sociale e politico per l’alternativa come chiave di volta della nostra opposizione al governo. Un movimento finalizzato a riorganizzare le forze sul piano sociale, culturale e politico al fine di rompere il senso di rassegnazione e impotenza che caratterizza oggi la condizione popolare.
Lo sciopero a oltranza delle lavoratrici e lavoratori francesi sta indicando la via alle lavoratrici e ai lavoratori di tutta Europa. Il movimento francese indica la strada su cui muoversi, che è di opposizione, di alternativa e rivolta ma anche di ricomposizione della sinistra su un programma di rottura con il neoliberismo. Siamo quindi impegnati non solo nella solidarietà concreta con gli scioperanti ma nel costruire nel nostro paese e a livello europeo mobilitazioni e conflitti efficaci. A tal fine occorre costruire aggregazione politica e sociale, coinvolgendo l’insieme delle soggettività impegnate nella società, nei movimenti, sul terreno politico, della resistenza e dell’alternativa.
La campagna sociale lanciata dal partito nel mese di dicembre deve essere estesa e articolata puntando – in relazione con i soggetti sociali concreti – alla costruzione di elementi di conflitto.
La campagna sociale impegna il partito alla ricostruzione di una capacità e di un’abitudine al lavoro di massa in maniera diffusa sul territorio e nella società con una piattaforma di classe sui temi dell’occupazione, del fisco, della precarizzazione, della ripubblicizzazione dei servizi, dei diritti sociali, della sanità e della scuola, del contrasto alla governance europea a partire dalla campagna NO MES, contro l’autonomia differenziata. Nel quadro generale della campagna sociale, particolare rilievo deve acquistare il tema delle pensioni, per costruire una solidarietà fattiva con il movimento francese e porre concretamente, qui ed ora, l’obiettivo dell’abolizione della “riforma” Fornero.
In questo contesto di costruzione del movimento sociale e politico per l’alternativa si colloca il nostro interesse e il nostro impegno a contrastare la frammentazione della sinistra e delle forze comuniste. Per questo proponiamo alle forze promotrici dell’assemblea del 7 dicembre scorso di individuare obiettivi concreti su cui sviluppare campagne politiche e mobilitazioni comuni, ricercando di volta in volta il coinvolgimento dei soggetti sociali, associativi e politici disponibili. Tutto questo evitando di dar vita a cartelli di sigle o alla sommatoria di “partitini” che non rispondono all’esigenza di costruzione di un ampio movimento per l’alternativa di società e di una sinistra alternativa ai poli politici oggi esistenti, una sinistra di opposizione che faccia del rapporto unitario di massa l’elemento fondamentale della propria azione.
A tal fine la direzione nazionale decide di promuovere entro il mese di febbraio un appuntamento nazionale aperto di confronto e di individuazione di concreti percorsi di lotta e invita anche le strutture territoriali ad attivarsi in tal senso.
E’ evidente che la proposta di “partito nuovo” avanzata dal gruppo dirigente del PD e la proposta di legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% servono a confermare una logica bipolare e a monopolizzare lo spazio politico a sinistra.
Bisogna sviluppare una campagna per il proporzionale puro, la legge più coerente con la Costituzione.
Ma se si vuole evitare di vivere in un paese senza un’autentica sinistra rosso-verde le/i comuniste/i debbono lavorare con coraggio di uno scenario che non veda la marginalizzazione della sinistra. Non dobbiamo rinunciare alla nostra ispirazione unitaria e all’obiettivo di costruire una proposta politica capace di raccogliere un’area della sinistra antiliberista e anticapitalista che è nel nostro paese frammentata e anche per questo non in grado di incidere e di risultare credibile.
Lo testimonia la vicenda delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna dove non solo abbiamo visto partiti e aree della sinistra e dei movimenti confluire nella coalizione di un presidente che certo non si è qualificato come di sinistra o ambientalista ma, nonostante i nostri sforzi unitari, si presentano tre liste di sinistra in alternativa al PD e alle destre. Subalternità al PD da un lato e settarismo autoreferenziale dall’altro rimangono un ostacolo alla costruzione di una proposta politica di sinistra e autonoma forte nel nostro paese.
La direzione nazionale esprime un grande ringraziamento alle compagne e ai compagni dell’Emilia Romagna che hanno promosso il percorso unitario – con altre soggettività comunista, di sinistra, civiche e di movimento – che ha condotto alla presentazione come 5 anni fa della lista L’Altra Emilia Romagna e della candidatura del compagno Stefano Lugli a presidente. Si tratta dell’unica lista di sinistra presente in tutti i collegi della regione e che ha delineato in maniera puntuale sul piano programmatico le ragioni di un’alternatività alla giunta Bonaccini.
Come ben sappiamo in Europa a sinistra dei partiti “socialisti” ci sono formazioni e aggregazioni aderenti al GUE/NGL e al Partito della Sinistra Europea che costituiscono una presenza significativa e a volte decisiva nel determinare il quadro politico. Come hanno dimostrato le nostre compagne e i nostri compagni di Unidas Podemos in Spagna che hanno affrontato una prova difficilissima senza lasciarsi schiacciare dal voto utile e a cui inviamo i nostri più calorosi auguri per la sfida difficilissima che stanno intraprendendo con l’esperienza di governo.
Proprio la vicenda spagnola smentisce il luogo comune assai diffuso tra tanti nostri compagni di strada della sinistra di alternativa che l’esistenza di Rifondazione Comunista sia un impedimento allo sviluppo di processi di ricomposizione e rinnovamento, ma anche che un partito comunista ha il dovere di costruire una proposta politica capace di unire le forze che si pongono sul piano dell’alternativa al capitalismo neoliberista e alle destre.
Roma, 19 gennaio 2020
PER UNA “RI-COSTITUENTE” COMUNISTA
Il 21 gennaio è un bel giorno per uscire dal silenzio (sulle cui ragioni forse un giorno mi dilungherò). Fare gli auguri alle compagne tutte e ai compagni tutti nell’anniversario di un giorno che ha segnato la nostra storia e, a seguire, le nostre vite. Un augurio particolare lo rivolgo alle compagne e ai compagni del mio partito. Per alcun@ quella storia si è chiusa nell’89, quando il gigante è stato ucciso, o per altri versi, si è suicidato. Per noi no: continuiamo a sentirci nani di quel gigante. Senza impropri continuismi, senza ovviamente minimizzare sostanziali differenze politiche e diverse proporzioni.
Trent’anni dopo, un bilancio della rifondazione comunista, del Partito e del progetto sarebbe doveroso. Un bilancio del ciclo lungo della rifondazione (quasi trent’anni), di medio periodo (dal Congresso di Chianciano, dalla “svolta” in basso a sinistra) e del ciclo breve che segue l’ultimo congresso (Perugia). Sarebbero necessari un bilancio del progetto (la rifondazione comunista all’altezza del neoliberismo, nell’intersezione fra dominio di classe, genere, razza), della sua efficacia nello svolgere la sua funzione storica e la sua utilità sociale per le classi popolari, una analisi dello stato del partito spietata perché mossa da amore.
Abbiamo (come compagne e compagni della minoranza, ma non solo) ripetutamente chiesto una fase straordinaria e ricostituente: non un congresso ordinario e né tantomeno una conta. Abbiamo proposto una ASSEMBLEA NAZIONALE STRAORDINARIA e assemblee territoriali per verificare lo stato del partito, ascoltare i compagni e le compagne, ridefinire progetto, forme di organizzazione e comunicazione, pratiche. Abbiamo proposto un comitato di gestione unitario che avviasse questo percorso. Perché non possiamo fare un congresso ordinario sulla linea politica senza vedere come sono messe le fondamenta. Niente, non ce l’abbiamo fatta. La risposta è stata la decapitazione della segreteria precedente come rispsota alla sconfitta delle europee e la convocazione del congresso.
Noi CONTINUIAMO A CHIEDERE L’APERTURA DI UNA FASE STROARDINARIA, RI-COSTITUENTE, NON UN CONGRESSO ORDINARIO, né TANTOMENO UNA CONTA sulla linea politica o un rituale documento che parli del rilancio del partito.
Per anni (ormai 10 anni) la linea del partito è consistita nella chimera dell’unità della sinistra e nell’illusione che fosse possibile costruirla in alternativa al Pd. E per anni ci siamo invece sgolati (le abbiamo provate tutte, fallendo) per dire che una unità politicista era il contrario di “in basso a sinistra”, che ci rendeva variabile dipendente di altri progetti politici, che occorreva partire dall’unità delle lotte.
In questi ultimi anni, poi, abbiamo assistito a tutto e al contrario di tutto, a un estenuante zigzag della linea: Pap sì, pap no, Conte sì, Conte no, facciamo come in Francia, ma non disturbiamo la Cgil, persino a paragoni fra Genova e le sardine, come se non fosse stato chiaro da subito che i promotori del movimento ambivano a cementare un senso comune frontista (il Bene contro il Male, centrosinistra contro Salvini), che sublimava anche l’ombra della questione sociale in una nuova faglia: dopo capitale/lavoro, alto/basso, educati contro il populismo.
Diceva Seneca che non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. E dopo anni di mancanze di approdo, di vessilli cambiati, accade che anche quando finalmente vuoi alzare il tuo di vessillo, non ci siano più i marinari per farlo. Dire ora presentiamoci ovunque col nostro simbolo, non è la stessa cosa che averlo fatto dieci anni fa.
Il partito è esausto. Avrebbe bisogno di tornare in movimento, di tornare movimento.
E invece il centralismo burocratico dilaga in assenza di direzione politica.
L’ultimo episodio di “centralismo burocratico” riguarda il coordinamento delle sinistre di opposizione, lanciato dall’assemblea del 7 dicembre. Un coordinamento finalizzato all’unità d’azione, non alla creazione di un nuovo soggetto, né di una proposta elettorale, in cui tutte e tutti sono consapevoli delle debolezze enormi delle forze organizzate. Alcune e alcuni di noi hanno lavorato affinché il Prc potesse essere partecipe e protagonista di questo percorso, che per nessuno è esaustivo dei problemi e delle domande che abbiamo di fronte, se pensiamo che il tema sia – di fatto – la scomparsa del pensiero critico dal senso comune e una nostra inconsistenza a livello di massa.
Ma davvero si fatica a capire perché come partito non ci impegniamo in questo coordinamento nazionale e nei livelli territoriali. Ci siamo quindi sentiti chiedere a che titolo partecipiamo alle riunioni (?!?), e dire che non rappresentiamo e non possiamo rappresentare il nostro partito. E mettere in discussione addirittura la possibilità che si partecipi a livello territoriale (?!). Ne prendiamo, dopo mesi di tentativi andati a vuoto, dolorosamente atto. Ma non ci arrendiamo.
Non solo restiamo e resistiamo in Rifondazione, lavorando affinché possa tornare (in) movimento. Ma parteciperemo come comuniste e comunisti in movimento al coordinamento delle sinistre di opposizione, cioè come collettivo ove non ci sia possibile parteciparvi come partito.
È surreale lo so. Ma tocca – pare – praticare tutte le forme del surrealismo comunista per sconfiggere il realismo capitalista.
ELEONORA FORENZA
già eurodeputata del PRC ne “L’Altra Europa con Tsipras”
Comitato politico nazionale PRC
21 gennaio 2020