Un sondaggio apparso oggi su diversi quotidiani, accredita il NO al referendum sulle riforme costituzionali di Renzi al 51% “grazie all’elettorato del centrodestra” che andrebbe a sopperire, si dice, alla propensione che per il SI’ hanno, invece, gli elettori di centrosinistra.
Suppongo che, se fossi stato intervistato anche io, sarei risultato classificato nella indistinta parte generica e ormai priva di un senso e di una corrispondenza politica reale detta “del centrosinistra”: tuttavia, almeno per consolazione, sarei finito nei votanti per il NO.
Che il fronte avverso allo stravolgimento della nostra Carta sia al 51% può essere anche un giochetto mediatico poi da ribaltare nelle ultime settimane di campagna referendaria per tirare l’ultima volata al SI’ sostenuto da una vera e propria cerchia di proponitori di una repubblica oligarchica, priva di equipollenza tra i poteri e con un ruolo assegnato al governo mai visto e avuto prima nella storia settantennale dell’Italia post-bellica.
Lo scandalo, quindi, sarebbe questo oggi: la destra vota per il NO. E sembrerebbe riprendere, molto più leggermente e sobriamente, le argomentazioni espresse da Maria Elena Boschi alla direzione nazionale del Partito democratico, a suo tempo, quando – in risposta a Gianni Cuperlo che aveva accusato il gotha del suo partito di essere schierato con Verdini e Alfano nella lotta per il SI’ – disse che lui votava come quelli di Casa Pound.
Argomentazione poco capziosa ma di impatto: si può facilmente controvertire. E’ Casa Pound che vota come i partigiani dell’ANPI, come i comunisti di Rifondazione, come Sinistra Italiana, come Possibile, come una larga parte del PD stesso con a capo oggi Massimo D’Alema a guidare il fronte della dissidenza aperta, senza infingimenti di sorta.
Sarà, e lo è già stata, una campagna durissima, piena di scorrettezze e scontri sleali: il fronte del NO non ha dalla sua parte quei giornali e quelle televisioni che si sono apertamente schierate in favore della riforma. Così come si è schierato Sergio Marchionne.
E, se il popolo italiano avesse conservato ancora un briciolo di coscienza di classe, almeno critica, saprebbe come votare proprio dopo aver sentito la dichiarazione per il SI’ fatta dall’amministratore delegato della FIAT – FCA.
Insomma, se i grandi gruppi industriali, se i padroni e altre risme di sfruttatori del lavoro salariato votano per il SI’, è evidente che quella riforma premia un certo tipo di assetto statale dove la democrazia partecipativa, la delega popolare per continuare ad avere centrale il ruolo del Parlamento, vengono progressivamente meno a favore di un decisionismo che viene fatto apparire come semplificazionismo degli iter di costruzione delle leggi: meno parole e più fatti.
Come su Naboo, nei prati verdi di una giovane infanzia volta alla maturità, un giovane Anakin Skywalker si rivolge a Padme: “Se ci sono meno discussione, è meglio”. La giovane senatrice obietta, non è d’accordo. Vede la riduzione dei poteri del Senato e glielo dice. Ma Anakin – Renzi la incalza: i politici devono decidere e non perdersi in sterili chiacchiere. Ci vuole, quindi, un’era del decisionismo e l’abbandono del bicameralismo perfetto con il procedimento del passaggio delle leggi in discussione nella triplice stesura prevista dalla Costituzione.
Ebbene, si riformi la Costituzione: è rigida ma anche flessibile. Esiste l’articolo 138 che ne disciplina le modifiche. Modifiche che il Parlamento deve discutere e mettere in essere. Non il governo.
Invece, l’esecutivo fa approvare con un voto di fiducia la riforma Boschi – Renzi e la sottopone, come da legge, al giudizio del popolo italiano. Mettere la fiducia su un provvedimento costituzionale è già un segno di debolezza e di forza allo stesso tempo. La debolezza risiede nella incertezza di ricevere i consensi necessari per far passare il provvedimento, caso mai a qualche settore del PD venisse in mente di esprimersi secondo libera coscienza – virtù costituzionale, prevista e sancita dalla carta nel “non vincolo di mandato”; la forza sta nell’arroganza dimostrata proprio ponendo la fiducia e nel non rispettare una discussione anche lunga ma necessaria.
La Costituzione, del resto, è stata cambiata molte volte in questi ultimi anni: poi, dopo le modifiche intervenute, si è sempre scoperto che avevano peggiorato l’efficienza delle amministrazioni, penalizzato i rapporti tra gli enti dello Stato e le autonomie locali e, quindi, prodotto più disagio che stabilità per l’intero ordine democratico della Repubblica.
Il disegno del governo è già evidente in quel voto di fiducia citato prima e lo diventa ancora di più se si legge la riforma che pretende di trasformare il Senato della Repubblica in una assemblea non eletta dal popolo sovrano ma costituita esclusivamente da rappresentanti regionali e senatori a vita. Un luogo di democrazia finta, dove a contare saranno le spartizioni, non tanto dei capilista presenti nell’Italicum (la cui costituzionalità sarà tutta da verificare) con cui si vorrà eleggere l’unica camera rimasta e, tra l’altro, al servizio completo del governo con il meccanismo del premio di maggioranza al soggetto vincente al ballottaggio (che al primo turno può anche avere ottenuto un 20% dei voti e trovarsi al ballottaggio vittorioso con il 54% dei seggi ottenuti…), ma sempre al Senato vi sarà una ineguale distribuzione delle forze parlamentari, scelte appunto sulla base di definizioni di rapporti di forza locali che non possono essere la somma, sic et simpliciter, che fa l’aspetto nazionale reale della situazione politica del Paese.
Un grande pasticcio, dunque, fatto ad arte per eliminare il chiaro bicameralismo simmetrico e perfetto voluto dai Padri Costituenti e che vive anche in tanti altri paesi del mondo. E’ una menzogna bella e buona la dichiarazione che viene propinata nei messaggi autogestiti dal comitato del SI’ dove si afferma che, nel mondo intero, l’Italia è rimasto l’unico paese con questo meccanismo di formazione delle leggi: Canada, Svizzera, India, Stati Uniti e molte altre nazioni hanno il bicameralismo. E non “asimettrico”, ma perfettamente “simmetrico”, quindi le due camere che svolgono la funzione legislativa decidono in perfetta sintonia e senza squilibri di poteri la creazione delle regole su cui si basa la comunità che rappresentano.
Il fronte del SI’ vi parlerà di modernità delle istituzioni, tenterà di dirvi che il fronte del NO è conservatore, che ci sono anche i fascisti e i berlusconiani. Loro, che governano ad oggi con la destra di Verdini e Alfano… Loro, che obbediscono ai dettami dei peggiori centri di potere economico del Vecchio Continente e che hanno fatto leggi che hanno distrutto tutti i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Loro, che hanno ridotto la scuola pubblica ad una subordinata del mercato, dove non esistono i bisogni più elementari per gli studenti e dove si pretende di insegnare l’adeguamento delle menti alla morale imprenditoriale piuttosto che alla solidarietà sociale.
Loro, che ci raccontano che la ripresa economica e del lavoro è sempre a portata di mano mentre cresce esponenzialmente la disoccupazione giovanile e i voucher traboccano dalle tabaccherie che pagano lo sfruttamento del lavoro con metodi mai visti e mai concepiti.
Loro, che si definiscono di sinistra e sono una delle peggiori destre economiche che questo Paese ha conosciuto.
Loro, che bombardano la Libia e dicono di farlo in nome della pace, contro il terrorismo, per la cooperazione internazionale.
Dire di NO alla riforma Boschi – Renzi sulla Costituzione è dire di NO ad una visione della Repubblica Italiana piegata ai voleri dei grandi banchieri, dell’alta finanza.
Dire di NO è continuare nel solco della migliore tradizione antifascista di questo Paese.
Dire di NO è costruire un grande Fronte di Salute Pubblica che salvi la Repubblica da un pericolosissimo scivolamento verso un autoritarismo mascherato da volontà popolare indotta, suggerita, mezza libera e mezza condizionata.
Non c’è mezzo che tenga: voteremo NO convintamente, per molti altri NO. NO al governo Renzi, NO alla visione privatistica della società, del lavoro, NO per la tutela delle giovani generazioni, NO per la storia resistenziale dell’Italia, NO per difendere la Costituzione che, nel bene e nel male, ci ha protetto in questi settant’anni da colpi di Stato e tentazioni di uomini e donne che pensavano di poter oltrepassare il confine del lecito e spingersi al di sopra di quella “sovranità popolare” che, nonostante tutto, rimane, almeno psicologicamente, un crinale non superabile, un punto di non ritorno.
Superato quello, l’Italia delle forme, oltre che delle sostanze, può solo che peggiorare.
MARCO SFERINI
4 settembre 2016
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