Dopo la Prima guerra mondiale l’industria cinematografica francese era in forte crisi, nelle sale venivano proiettati prevalentemente film americani che dettavano tempi e modi a chi il cinema lo aveva inventato. Condizioni che portarono ad un netto calo della produzione, solo il cinema d’avanguardia riuscì a ritagliarsi uno spazio, ma nel 1923 venne fondata la Société Générale des Films finanziata dal ricco Jacques Grinieff che riuscì a coinvolgere quel che rimaneva della Pathé e alcuni nobili, tra questi il duca d’Ayen, per realizzare film capaci di contrastare il dominio americano, coordinandosi con altri soggetti europei. Per farlo Grinieff puntò sull’orgoglio nazionale commissionando a due registi, cui aveva dato un budget illimitato, due film su altrettante figure imprescindibili nella storia del Paese. Il primo fu Napoleon (1927) di Abel Gance, recentemente restaurato e presentato a Cannes, il secondo fu La passion de Jeanne d’Arc (La passione di Giovanna d’Arco, 1928) affidato al regista danese Carl Theodor Dreyer elemento che mandò su tutte le furie i nazionalisti che attaccarono anche per la presenza dello scenografo tedesco Hermann Warm e per il ruolo della protagonista che, secondo voci, sarebbe stata interpretata dalla statunitense Lillian Gish, pupilla di David W. Griffith. Polemiche della destra inutili, il ruolo Dreyer lo aveva affidato all’attrice teatrale Renée Falconetti.
Renée Jeanne Falconetti nacque nei sobborghi di Pantin, nell’Île-de-France, il 21 luglio 1892, primogenita di Paul-Pierre Falconetti, nato a Sermano in Corsica il 5 febbraio 1851, uomo di chiare origini italiane che vendeva seta in un grande magazzino, e di Emilie “Lucie” Rose Antoinette Lacoste nata il 29 gennaio 1870 a Cahors nel Lot. Dopo Renée la coppia ebbe altri tre figli, due, Jeanne e Louise, morti appena nati tra il 1893 e il 1894, e infine Charles Pierre (1893-1969).
Il matrimonio, tuttavia, ebbe breve durata a causa dei comportamenti psicotici e masochisti di Paul-Pierre. Lucie, che anni dopo troverà un nuovo amore in Raymond Picart, iniziò a lavorare per mantenere i figli che prima vennero affidati alle cure dei nonni materni, poi, nel 1905, furono separati e mandati in due istituti diversi: Renée in un istituto di suore, Charles in un collegio dei fratelli Maristi. Renée non rivide più il padre, ma ne assimilò il carattere, le manie, le turbe, le visioni.
Negli anni del collegio si avvicinò al mondo dello spettacolo e alla recitazione, in particolare alla figura di Sarah Bernhardt una delle più grandi attrici teatrali del XIX secolo. Renée voleva diventare un’attrice, ma le difficoltà finanziarie e la contrarietà della madre la costrinsero a cercarsi un lavoro. Lo trovò in una società internazionale, la Société Générale de Surveillance (SGS) azienda leader mondiale nei servizi di ispezione, verifica, analisi e certificazione del trasporto merci.
La SGS, che oggi ha sede in Svizzera (con succursali in tanti paesi, tra cui l’Italia), era stata fondata nel 1878 a Rouen, in Francia, da Henri Goldstuck (Grobiņa, Lettonia, 20 aprile 1855 – Monaco, 21 gennaio 1929) uomo dai folti baffi che, partito dalla Lettonia, aveva fatto fortuna in Francia tutelando gli esportatori del grano. Nel 1906 aveva perso la moglie Helene ed era rimasto solo con la figlia Nadia.
La futura attrice lavorò per la SGS ad Amburgo e Liverpool e proprio durante la trasferta nel Regno Unito, nel 1910, conobbe Goldstuck che rimase stregato dal suo fascino. Nonostante la differenza di età, lei aveva diciotto anni lui cinquantacinque, divennero amanti e andarono a vivere insieme in un lussuoso appartamento poco distante dalla torre Eiffel.
Lasciata la casa della madre e sostanzialmente finanziata dal compagno, Renée Falconetti poté finalmente iscriversi al Conservatoire Nationale Supérieur de Musique et Danse e frequentare i corsi della Comédie-Française, spesso curati da affermati artisti dell’epoca come Maurice de Féraudy ed Eugène Silvain.
Dopo diversi saggi, concorsi e perfino una rappresentazione propagandistica in Svizzera durante la Prima guerra mondiale, Renée Falconetti, fece il suo debutto sul palcoscenico del Théâtre dell’Odéon di Parigi il 29 maggio 1915 nell’opera di Anton Cechov “La domanda di matrimonio”.
Una domanda che probabilmente Goldstuck non fece mai, complici anche i ripetuti tradimenti di lei, il rapporto, tuttavia, durò e l’11 novembre 1915 nacque Hélène Lucie Josette. La bambina fu cresciuta dalla nonna che portava il suo stesso nome, perché il padre non poteva riconoscerla ufficialmente e la madre non voleva sacrificare la sua carriera da attrice.
Nel frattempo Renée Falconetti stava ottenendo ruoli sempre più importanti. Nel 1916 recitò nella commedia “Gretchen”, poi in “Le Carnaval des enfants” tratto da Saint-Georges de Bouhélier, col quale ebbe una relazione, quindi, l’anno successivo, ottenne un ruolo nel melodramma “Les Deux Orphelines”.
Sempre nel 1917, talvolta accreditata come Maria Falconetti o semplicemente come Falconetti, apparve anche in due film, Le Clown realizzato da Maurice de Féraudy, suo maestro alla Comédie-Française, e La Comtesse de Somerive diretto da Georges Denola e Jean Kemm. Ma era il teatro ad appassionarla. Recitò per l’Odéon ininterrottamente fino al 1919 ottenendo il primo ruolo da protagonista ne “La Vie d’une femme”, un nuovo dramma di Saint-Georges de Bouhélier. Negli anni successivi alternò con disinvoltura drammi e commedie, da citare “Aux jardins de Murcie” al Théâtre Antoine nel 1919 e la commedia “Une faible femme” al Théâtre Femina, arrivando il 22 febbraio 1924 anche sull’ambito palcoscenico della Comédie-Française per “Il barbiere di Siviglia”.
Nel primo quarto del secolo scorso Renée Falconetti era una delle attrici teatrali più importanti d’Europa: era pagata dai 500 agli 800 franchi ad apparizione, poteva scegliere i soggetti. Alcuni critici la paragonarono ad Eleonora Duse e a Sarah Bernhardt.
Dopo aver lasciato la Comédie-Française, in cui recitò nella stagione 1924/25, l’attrice interpretò due commedie su palcoscenici diversi. Nel 1925, infatti, ottenne il ruolo principale in “Charly” al Théâtre de l’Étoile e in “Simili” al Théâtre du Vieux-Colombier, sempre al fianco di Charles Boyer che divenne suo amante. Quindi ne “La Garçonne” opera tratta da Victor Margueritte portata in scena al Théâtre de Paris.
In platea c’era anche il regista danese Carl Theodor Dreyer che, forte del successo di Du skal ære din hustru (Il padrone di casa o L’angelo del focolare, 1925), era stato chiamato a Parigi dalla Société Générale des Films per realizzare un film su una figura storica femminile legata alla Francia. Dreyer poteva scegliere tra Caterina de’ Medici regina consorte di Francia come moglie di Enrico II, Maria Antonietta regina dei francesi al fianco di Luigi XVI e Jeanne d’Arc (Giovanna d’Arco) giovane eroina della Guerra dei cent’anni che aveva condotto, guidata da Dio, la città di Orléans a ribellarsi all’occupazione inglese e per questo era stata condannata a morte dal tribunale ecclesiastico e bruciata viva. Presto ribattezzata la “pulzella d’Orléans”, venne proclamata santa nel 1920 e patrona di Francia due anni dopo. Dreyer scelse di raccontare quella storia, partendo dal romanzo “Vie de Jeanne d’Arc” di Joseph Delteil e dagli atti del processo, pubblicati nel 1921 da Pierre Champion, che figurò come consulente storico del film.
La produzione guidata da Jean Maurice Paul Jules de Noailles, il sesto duca d’Ayen appassionato di sport e cinema che aderirà alla Resistenza francese e morirà nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, mise a disposizione di Dreyer la cifra record di sette milioni di franchi. Il regista affidò la fotografia a Rudolph Maté, capace di esaltare come pochi altri il bianco e nero, le scenografie a Hermann Warm, già autore di quelle indimenticabili del leggendario Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del dottor Caligari, 1920) cui il regista chiese di ricostruire fedelmente nella periferia parigina il castello di Rouen, la fortezza dove avvenne il processo e il rogo, e i costumi a Valentine Hugo, sposata con un bisnipote dell’autore de “Les Misérables”, capace di unire la storia e la contemporaneità.
Scelti da Dreyer anche gli attori: da Antonin Artaud a Eugène Silvain, da Maurice Schutz a Michel Simon. Mancava la protagonista. Alcuni ipotizzarono Lillian Gish, la musa del padre del cinema americano David W. Griffith, ma il regista rimase folgorato da Renée Falconetti, dal suo volto, dalla sua capacità di interpretazione e, dopo un colloquio riservato di due ore, le affidò la parte di Giovanna d’Arco.
Le riprese si svolsero dalla primavera del 1927 all’autunno dello stesso anno quando venne girata la scena del rogo. Dreyer, che durante la lavorazione del film cambiò l’impostazione incentrando tutto sui primi e primissimi piani dell’attrice, impressionò oltre 85000 metri di pellicola per ridurli, dopo una lunga fase di montaggio, a circa 2400. Il regista dichiarò: “La mia intenzione, girando Jeanne d’Arc era, attraverso la doratura della leggenda, scoprire la tragedia umana e, dietro l’aureola fasulla, ritrovare quella ragazza visionaria di nome Jeanne. Volevo dimostrare che anche gli eroi della storia sono esseri umani”.
Sabato 21 aprile del 1928 al Cinema Palads Teatret di Copenaghen si tenne la prima de La passion de Jeanne d’Arc (La passione di Giovanna d’Arco).
Nel 1431 a Rouen si insedia il tribunale chiamato a giudicare, su pressione degli inglesi, Giovanna d’Arco (Renée Falconetti). In una sola giornata Giovanna subisce violenti interrogatori, sopporta le derisioni, evita gli inganni grazie anche all’attenzione del giovane religioso Jean Massieu (Antonin Artaud), ma di fronte alla camera delle torture sviene. Rianimata tramite salasso e supportata dalla folla, abiura per evitare di finire al rogo. Tuttavia dopo aver subito la rasatura dei capelli per infamia, ritratta e attende il verdetto, emesso dal giudice Nicolas Loyseleur (Maurice Schutz) con la complicità del vescovo Beauvais Pierre Cauchon (Eugène Silvain). Condannata al rogo affronta il supplizio con serenità, mentre il popolo in rivolta viene allontanato.
Per il produttore, il duca d’Ayen, Giovanna d’Arco era “il tentativo di resistenza al dominio del gusto americano in campo cinematografico”, ma il film fu un clamoroso insuccesso commerciale che portò di fatto al fallimento della Société Générale des Films; il cinema d’Oltralpe si risollevò solo il decennio successivo con la stagione del realismo di Jean Renoir, Jean Vigo, Marcel Carné.
In Francia La passion de Jeanne d’Arc venne boicottata dalla destra, che già aveva contestato il film in fase di lavorazione, perché si discostava dalla rappresentazione dell’eroina in armatura, e attaccato dalla chiesa cattolica. Per questo, senza alcun assenso da parte di Dreyer, il film venne mutilato e censurato. Non solo. Il 6 dicembre 1928, un mese e mezzo dopo la prima parigina, il negativo originale conservato nei laboratori della UFA di Berlino, dove il direttore della fotografia l’aveva portato, venne distrutto in un incendio. Dreyer rimontò il film con le parti scartate in fase di montaggio. Anche quella versione andò distrutta in un incendio nel 1929 ai laboratori della G.M. a Boulogne-Billancourt. Il fuoco, Giovanna d’Arco, Renée Falconetti. Decenni più tardi venne trovata copia della seconda versione del film, solo nel 1981, in un istituto psichiatrico nei pressi di Oslo, riemerse un negativo della versione originale.
Considerato l’ultimo capolavoro del cinema muto europeo e inserito a più riprese tra i migliori della storia del cinema, La passione di Giovanna d’Arco deve molto della sua fama alle innovazioni di Carl Theodor Dreyer, capace di unire esperienze cinematografiche diverse, e alla intensa e sorprendente interpretazione di Renée Falconetti che si sottopose ad autentiche prove fisiche per rivivere il calvario di Giovanna d’Arco. In accordo col regista, che venne accusato di sadismo e maniacalità, rimase inginocchiata per ore sulle pietre, portò ceppi e catene, si fece radere i capelli a zero (l’unica scena in cui non venne fisicamente coinvolta fu quella del salasso), tutto per poter trasmettere dolore e sofferenza. Una delle interpretazioni più intense della storia del cinema.
Parallelamente al film l’attrice interpretò a teatro Lorenzo de’ Medici nel dramma “Lorenzaccio” di Alfred de Musset e George Sand. Fu un’altra acclamata produzione portata sui palcoscenici di Parigi e di Montecarlo. Quindi recitò in altri teatri della capitale: dal Sarah Bernhardt, poi ribattezzato Théâtre de la Ville, al Théâtre de l’Avenue.
Una vita artisticamente intensa resa possibile grazie a Henri Goldstuck che morì il 21 gennaio 1929 a seguito di un incidente automobilistico. Nel suo testamento non menzionò la celebre amante, lasciando tutto alle figlie. Renée Falconetti andò su tutte le furie, mostrò le capacità autodistruttive e autolesioniste del padre, fece causa, ma alla fine le ingenti proprietà furono amministrate dalla madre. Sfumò così anche il suo desiderio di possedere un teatro, Goldstuck era sempre stato contrario.
Falconetti continuò a recitare in opere diverse tra loro e provò anche a dirigere l’Avenue di Parigi, ma fu un disastro: costretta a trasferirsi in Svizzera per fuggire ai creditori. Nel frattempo era rimasta di nuovo incinta di un calzolaio chiamato genericamente G. M., un ventiquattrenne che stava per sposarsi. Il 7 febbraio del 1931 nacque Jean Claude Henri, fece seguito una causa per il riconoscimento della paternità, con tanto di sceneggiata durante il matrimonio del ragazzo.
Negli anni successivi tornò a calcare il palco dell’amato Odéon col “Lorenzaccio”, per poi interpretare nuovamente Giovanna d’Arco nel dramma storico “Jeanne d’Arc” ed, infine, recitare ne “La guerra di Troie n’aura pas lieu”.
Sempre meno richiesta e con sempre più frequenti problemi psichici, complice la scomparsa della madre avvenuta il 14 febbraio 1935, Renée Falconetti si ritirò dalle scene. Tornò in Svizzera, quindi, nel 1937, a Roma. Infine decise di trasferirsi col figlio in Sud America, dopo qualche disavventura col visto, visse prima in Brasile poi, dal giugno del 1943, in Argentina. A Buenos Aires, sostenuta finanziariamente da emigranti francesi e grazie all’aiuto della poetessa cilena Gabriela Mistral, Premio Nobel per la letteratura 1945, fondò una piccola compagnia teatrale amatoriale in lingua francese. Il gruppo mise in scena alcuni spettacoli, “L’Otage e L’Échange” di Paul Claudel, “Les Monstres sacrés” di Jean Cocteau, “Le Carnaval des enfants” di Bouhélier, ma non ebbe grande fortuna.
Vistosamente ingrassata e frustata per la situazione Renée Falconetti tentò più volte il suicidio. Venne trovata morta la mattina del 12 dicembre 1946 ad appena 54 anni. Non sapremo mai il motivo del decesso. Il suo corpo venne riportato in Francia e sepolto nel cimitero di Montmartre a Parigi.
La tutela del figlio Jean Henri venne affidata alla sorella Hélène. La donna si era sposata prima con Pierre Paul Aimé Gaston Darne, poi con Guillaume Jean Baptiste Nicolas dal quale ebbe un figlio Gérard Jean Michel Nicolas, nato il 14 maggio 1949, che quando decise di fare l’attore scelse come nome d’arte proprio quello della nonna diventando Gérard Falconetti. Recitò in diversi film di Éric Rohmer, Le genou de Claire (Il ginocchio di Claire, 1970), L’amour l’après-midi (L’amore il pomeriggio, 1972), Perceval le Gallois (Il fuorilegge, 1978), ma con la nonna condivideva anche i problemi psichici. Il 9 luglio 1984 gli venne diagnosticato l’HIV, non resse, sali sulla torre Montparnasse e si lasciò cadere nel vuoto. Pochi anni dopo Hélène scrisse un libro biografico dedicato a madre e figlio intitolato semplicemente “Falconetti”.
Quella di Renée Falconetti, cui è dedicata la canzone “Renée Falconetti of Orléans” dell’artista norvegese Jenny Hval, fu una vita difficile e tormentata. L’interpretazione di Giovanna d’Arco fu l’apice artistico. Molte altre attrici hanno portato, e continueranno a farlo, l’eroina francese sullo schermo, inclusa Ingrid Bergman che recitò in Joan of Arc (1948) di Victor Fleming e Giovanna d’Arco al rogo (1954) di Roberto Rossellini, ma probabilmente nessuna riuscirà ad eguagliare l’immedesimazione e l’intensità dell’attrice francese che può quindi essere considerata la seconda pulzella d’Orléans.
redazionale
Bibliografia
“Falconetti” di Hélène Falconetti – Cerf
“Renée Falconetti: il destino del fuoco” – www.paneacquaculture.net
“Renee Falconetti” – papale-papale.it
“Carl Theodor Dreyer” di Pier Giorgio Tone – Castoro
“Carl Theodor Dreyer” – elle U
“Guida al film” a cura di Guido Aristarco – Frabbri Editori
“Storia del cinema e dei film” di David Bordwell e Kristin Thompson – Lindau
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2023” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
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