Non è una questione religiosa o che riguarda la religione. La guerra è guerra, sostiene il papa. Ha ragione se le sue parole vanno interpretate come assunto di concetto, come una nuova metafisica che prescinde, per l’appunto, dalle contingenze quotidiane e proietta il tutto su un piano ideale.
Diciamo, così, che “in teoria” la guerra e la religione dovrebbero essere antitetiche l’una all’altra e che i precetti religiosi, solitamente dediti a richiamare l’amore universale e la fratellanza tra tutti gli esseri viventi, dovrebbero avere un ruolo di condanna di qualunque scontro bellico.
Per cui, papa Francesco fa una enunciazione di principio e dice bene: che cosa c’entra mai il messaggio cristiano di amore, di libertà, di uguaglianza e di fratellanza con la guerra? E che cosa c’entrerà mai il messaggio coranico che, per chi ha anche una minima conoscenza del testo sacro dell’Islam, non induce i musulmani a ritenersi superiori ad altri popoli, ma li rende consapevoli dell’unicità di dio e della sua parola rivelatrice attraverso il profeta Maometto?
Sta di fatto che nessun fenomeno religioso, nel corso della cammino umano, è riuscito a mantenere una equidistanza tra messaggio portatore originario, sfruttamento del medesimo per scopi politici ed economici e, conseguentemente, utilizzo della religione (ossia di ciò che l’uomo stesso ha creato in merito a dio, al concetto di dio, quindi a ciò che lui stesso, essere imperfetto, pensa di un essere perfetto) per la fanatizzazione di soldati ora alla riconquista della Francia invasa dagli inglesi, ora nelle guerre sparse per il Sacro Romano Impero (“Sacro”, dice già qualcosa in merito…), ora nel consolidamento di quella anomalia millenaria che fu lo Stato della Chiesa, ora nelle spedizioni dei crociati in Terra Santa, poi nelle lontane Americhe con l’evangelizzazione forzata dai popoli indigeni autoctoni, definiti semplicemente: selvaggi.
Papa Francesco ha, dunque, ragione nel tracciare una linea quasi filosofica di una concezione religiosa tutta dedita solamente a sé stessa e, quindi, ligia ai princìpi ispiratori del Vangelo e del messaggio di Cristo.
Ma proprio mentre lui, dall’aereo che da Roma lo conduceva a Cracovia alle giornate mondiali della gioventù, si poteva ascoltare su Radio Uno un patriarca non bene specificato, penso ortodosso in quanto “patriarca”, che esaltava invece la primogenitura della parola di dio attraverso scritti in possesso della sua chiesa e, pertanto, bollava l’Islam come religione posteriore, attribuendole un carattere di secondarietà e, pertanto, di “inferiorità” quanto meno storica.
Opinioni contro altre opinioni, scritti storici contro altri scritti. Si potrebbero riempire pagine e pagine di esegesi dei testi cristologici ed evangelici o di quelli maomettani o, ancora, di quelli ebraici, tanto per riferirci alle tre religioni che contemplano lo stesso dio e che ritengono, ciascuna, di avere l’interpretazione corretta della sua parola.
Sta di fatto che se le parole di papa Francesco devono essere una nuova linea tracciata tra potere politico – spirituale e missione evangelizzatrice della Chiesa cattolica, allora si inseriscono in un viatico molto impervio, pieno di contraddizioni che riguardano per prima proprio la Chiesa romana e, successivamente, anche le altre fedi.
Non è stata la Chiesa cattolica in Europa ad affermare la divisione laica tra Stato e Chiesa, ma sono stati coloro che venivano accomunati proprio dai papi al demonio: dalla Costituzione Civile del Clero di rivoluzionaria origine giacobina fino al Concordato italiano, la prima mossa l’hanno sempre fatta o i popoli in rivolta contro le decime imposte ai contadini e che facevano vivere nel lusso le piccole corti vescovili, oppure politici come Mazzini e Cavour: il primo affermando il tutto dentro alla cornice egualitaria del repubblicanesimo e il secondo comprendendo ciò dentro a quella di Casa Savoia.
La Chiesa cattolica ha tutti i diritti di ricomporre i confini di un’etica delle religioni. Ciò che mi premeva sottolineare era il terreno circostante di ricche contraddizioni che, purtroppo, non aiutano le parole del papa ad essere scevre da condizionamenti millenari, da quelle che ancora oggi vengono definite “tradizioni” che sembrano resistere ad ogni tentativo di cambiamento.
MARCO SFERINI
28 luglio 2016
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