Referendum, i catalani fanno sul serio. E Madrid non scherza

Scontro totale. Sedute fiume al Parlament per approvare le due leggi che portano dritto al voto. Rajoy duro, per la prima volta minaccia di sospendere il governo di Barcellona

I catalani fanno sul serio. Fra meno di un mese vogliono l’indipendenza e sono intenzionati a ottenerla a ogni costo: contro il volere del governo di Madrid, infrangendo consapevolmente leggi e costituzione spagnola vigenti, e contro lo stesso volere di quasi la metà dei deputati presenti nel parlamento catalano.

A colpi di maggioranza, nel miglior stile del Pp della maggioranza assoluta, il Parlament di Barcellona, sotto la guida della presidente Carme Forcadell, negli ultimi due giorni ha approvato due leggi chiave: mercoledì l’istituzione del referendum dell’1 ottobre e ieri la «transitorietà giuridica» (approvata in nottata dopo la chiusura del giornale). Una legge che entrerà in vigore se il primo ottobre i Sì all’indipendenza supereranno i No, indipendentemente da quanti saranno a votare, e in che condizioni lo faranno. L’obiettivo è garantire il quadro giuridico transitorio, fino a che non venga stilata una nuova costituzione, entro i sei mesi successivi. Nell’improbabile caso fossero i No a vincere, la legge prevede elezioni anticipate.

L’approvazione di queste leggi chiave è avvenuta in due sedute fiume e piene di tecnicismi, tra le proteste e l’ostruzionismo dell’opposizione. Mercoledì la seduta, iniziata la mattina alle nove, si è chiusa all’una di notte. Con il dilatarsi della sessione si è potuto approvare solo la legge per istituire il referendum e la nomina dell’organo che vigilerà sul suo svolgimento, per rimandare a ieri l’approvazione della «costituzione transitoria».

Il referendum era stato annunciato da mesi dal presidente catalano Carles Puigdemont ed è la ragione stessa dell’esistenza del suo precario governo di coalizione fra indipendentisti di destra e sinistra, e appoggiato dai movimentisti della Cup. Ma senza atti formali impugnabili. Per cui l’ammissione al dibattito della legge sul referendum era stata decisa solo pochi minuti prima della sessione di mercoledì, cosa che non ha dato tempo al governo di Madrid di frenarla; e quella per la legge di transitorietà era stata decisa la notte fra mercoledì e giovedì per la stessa ragione. L’opposizione ha fatto di tutto per ritardare l’approvazione della legge, mentre la presidenza del Parlament ha preso molte decisioni discutibili, come quella di lasciare solo un’ora per presentare emendamenti, o di non accettare la richiesta dell’opposizione che i giuristi della camera catalana si potessero esprimere sulle leggi in discussione. Al momento del voto, i deputati dell’opposizione hanno lasciato l’aula per protesta.

La legge è stata approvata con 71 voti a favore e 11 astenuti (53 deputati hanno abbandonato l’aula). Gli astenuti sono il partito di Catalunya sí que es pot, che riunisce un’area vicina a Podemos e ai comuni di Ada Colau, che dopo un complicato dibattito interno, hanno deciso di astenersi: pur con anime indipendentiste e non, sono a favore della celebrazione di un referendum, ma non a queste condizioni.

Ieri di prima mattina, il governo di Madrid dopo un consiglio dei ministri straordinario, reagiva impugnando la legge approvata, i decreti attuativi firmati nottetempo da tutto il governo catalano in gran pompa, la nomina dei membri dell’organo che vigilerà sul referendum, e l’ammissione a discussione della legge sulla transitorietà giuridica. Richieste accettate in toto dal Tribunale costituzionale che si è riunito eccezionalmente ieri sera alle 8 e ha sospeso come previsto tutti gli atti approvati fino a quel momento.

Rajoy ha chiesto che il Tribunale notifichi a tutti i membri del governo catalano, ai suoi funzionari più importanti, e anche a tutti i 948 sindaci catalani le proprie decisioni per impedire che i comuni mettano a disposizione locali per la votazione. Dopo essersi visto e averlo concordato con il leader socialista Pedro Sánchez e quello di Ciudadanos Albert Rivera, Rajoy confermava di voler usare ogni mezzo possibile contro il referendum, come la requisizione di urne e schede elettorali, ventilando addirittura l’inedita possibilità di sospendere il governo catalano.

Nel frattempo, il procuratore generale dello stato ordinava un’inchiesta su tutti i membri della presidenza del Parlament e sul governo Puigdemont per disobbedienza, abuso d’ufficio e malversazione.

Lo scontro che in molti prevedevano ormai è inevitabile: alla vigilia della celebrazione della festa nazionale catalana, lunedì (quando gli indipendentisti mostreranno i muscoli), il governo catalano ha deciso di andare allo scontro. Ma nello stesso tempo Rajoy – che decise un ricorso sbagliato contro lo statuto catalano del 2006 che, come ormai riconoscono anche nel Pp, iniziò l’incendio catalano – è responsabile di non aver saputo prendere nessuna iniziativa politica per spegnere le fiamme.

LUCA TANCREDI BARONE

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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