«L’Assemblea generale della CGIL invita a votare NO in occasione del prossimo Referendum costituzionale». L’ha detto! Finalmente. La più grande organizzazione di massa del Paese, 5 milioni e mezzo di iscritti, ha detto esplicitamente cosa votare al referendum sulla deformazione della Costituzione che il governo Renzi – per il quale è un brutto colpo questo No – sta provando a imporre dopo aver imposto, a suon di fiducia, Italicum, Buona scuola e Jobs Act.
Dopo alcuni mesi dai sì entusiastici della Confindustria, della Cisl (la cui segretaria Furlan sta studiando da aspirante ministra del lavoro), ad anni luce dal No secco dell’Anpi, Corso Italia ha scritto il suo No alla cinquantatreesima riga (su 62) del dispostivo finale della sua assemblea generale. Il documento approvato impegna anche la Cgil nel promuovere le ragioni di questa scelta. Ma senza entrare ufficialmente nei comitati per il No. Parrebbe l’unica concessione alla destra interna la cui melina, per mesi, ha bloccato questo pronunciamento. Emilio Miceli, segretario Filctem, ha espresso la sua contrarietà al testo, dichiarando che non avrebbe partecipato al voto. Miceli ha avuto una certa notorietà al di fuori della sua categoria, quella dei chimici, elettrici e tessili, quando, la scorsa primavera, ha spezzato la sua lancia a favore delle trivelle e dei loro padroni, le sette sorelle petrolifere. Alle porte dell’estate, in direttivo, ha fatto perfino cambiare il titolo al documento della confederazione sul referendum.
Un retroscena forse aiuta a capire. Lo ha raccontato a Left, la scorsa settimana, Eliana Como, portavoce dell’area Il sindacato è un’altra cosa-Opposizione in Cgil: «La prima bozza si intitolava “La Cgil giudica negativamente…” ma sembrava troppo un No così la “destra” Cgil ha inchiodato il direttivo nazionale per quaranta minuti» fino a ottenere un nuovo titolo: “La Cgil esprime un giudizio critico sulla proposta di modifica costituzionale” .
Miceli è la punta dell’iceberg del nodo annoso dei rapporti tra Pd e Cgil. Gigi Bresciani, segretario a Bergamo della Camera del Lavoro, ha dichiarato da tempo al più diffuso quotidiano della città: «Credo ci siano tutte le ragioni per votare “sì” al referendum costituzionale di ottobre». Anche dal segretario degli edili della Fillea, Alessandro Genovesi e dal segretario confederale Fabrizio Solari, era scaturito un pressing che aveva evitato una esplicita indicazione per il No. In dubbio anche il numero uno della Filt Alessandro Rocchi. Schieratissimi per il No sono, oltre alla Fiom (Landini è tra i promotori del comitato per il No), anche Funzione pubblica, scuola, agroindustria e Nidil.
Stavolta la maggioranza di Camusso ha incassato anche il Sì dell’area Il sindacato è un’altra cosa. Un caloro applauso di buona parte dei 350 dell’assemblea generale ha salutato l’intervento della coordinatrice Eliana Como che ha sottolineato il «fatto politico importante, l’indicazione per il No». Anche se «manteniamo delle riserve sull’ordine del giorno presentato – spiega a Popoff – in particolare sulla scelta di non aderire ai comitati per il NO. E crediamo ancora che servirebbe molto di più e che la Cgil dovrebbe lanciare una mobilitazione più vasta contro il Governo che metta in discussione non soltanto la riforma costituzionale e il suo disegno di espropriare la sovranità al popolo e consegnarla a piene mani a un esecutivo forte, ma anche il jobs act, la riforma delle pensioni, i contratti nazionali pubblici e privati. E anche l’accordo con Confindustria sulle crisi aziendali. Per questo chiediamo alla Cgil il ritiro della firma».
«La decisione della Cgil è importante – commenta anche il Comitato per il No – il risultato ottenuto con la raccolta delle firme sui referendum abrogativi e sulla legge per i diritti di chi lavora ha confermato l’adesione di settori decisivi del mondo del lavoro. E’ quindi importante che la confederazione eserciti la sua influenza politica per chiarire al mondo dei lavoro il valore della partecipazione al voto e soprattutto di votare no a modifiche sbagliate della Costituzione, sbagliate tanto più per il rapporto che hanno con la legge elettorale. Il Comitato per il No, quindi, auspica che anche altri settori sindacali scelgano un’analoga posizione».
CHECCHINO ANTONINI
foto tratta da Pixabay