Marcia indietro sul «redditometro». Il decreto attuativo che ha creato il caos nella maggioranza è stato fermato dalla presidente del consiglio Georgia Meloni. «Siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospenderlo» «in attesa di ulteriori approfondimenti. Quel decreto ha prodotto diverse polemiche – ha detto Meloni ieri sera in un video diffuso sui social – Il nostro obiettivo è, e rimane, quello di contrastare la grande evasione – ha aggiunto – Senza però per questo vessare con norme invasive le persone comuni».

Alla Camera ieri è stato votato un ordine del giorno della Lega al decreto sul superbonus in cui si chiede il «superamento del redditometro». Se ne riparlerà dopo le elezioni europee.

È la conclusione, solo temporanea, di una delle più strampalate polemiche viste in un anno e mezzo di governo. L’esecutivo avrebbe tollerato a malapena altre ore di polemiche e sospetti su un provvedimento in fondo modesto che però ha toccato un tasto sensibilissimo per la maggioranza, per di più in piena campagna elettorale per le europee.

Il caso, infatti, è iniziato dopo un agguato della Lega e di Forza Italia al viceministro dell’economia Maurizio Leo (Fratelli d’Italia) che ha lavorato a un testo atteso da sei anni, pubblicato in gazzetta ufficiale il 7 maggio scorso, destinato teoricamente alla lotta contro la grande evasione fiscale.

Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’agenzia delle entrate, lo ha confermato ieri: il «redditometro» è uno «strumento residuale» adottato solo nei casi in cui il fisco non abbia altri strumenti per capire la condizione patrimoniale di soggetti che conducono un tenore di vita alto e non offrono altri modi per capire la loro ricchezza reale. In ogni caso sarebbe applicato su scostamenti superiori al 20% rispetto ai dati che l’Agenzia delle entrate. Il che escluderebbe i cittadini «comuni».

Lo stesso Leo lo ha confermato: «Quelli che hanno fatto le truffe del Superbonus, facendo sparire 15-16 miliardi, come li becchiamo senza redditometro? – ha detto – Era un atto dovuto per evitare il rischio di un danno erariale». Il rischio resta, la soluzione andrà trovata comunque. Leo, insomma, ha fatto da capro espiatorio. Antonio Misiani del Pd ieri ha chiesto le sue dimissioni e quelle del ministro Giancarlo Giorgetti: «Platealmente smentiti».

Meloni, ieri mattina sui social si era mostrata attendista. «Negli intendimenti – aveva scritto – il decreto delimita l’azione di verifica dell’amministrazione finanziaria. E se saranno necessari cambiamenti, sarò io la prima a chiederli. Mi confronterò personalmente con il vice-ministro Leo, al quale ho chiesto anche di venirne a riferire al prossimo Consiglio dei Ministri». Il confronto con Leo deve averla convinta di bloccare tutto subito.

La valanga era partita. Bastava ieri, come abbiamo fatto, fare qualche domanda a un barista, a un tassista o a un lavoratore di un supermercato per capire i danni prodotti sull’immagine di «Detta Giorgia». Un sondaggio istruttivo. Un provvedimento pensato per i grandi evasori è stato invece percepito come uno strumento persecutorio di chi paga le tasse ed è schiacciato da bassi salari.

Il brusco stop di Meloni è il segno che il guaio era diventato molto serio ai piani alti del Palazzo. Tutto questo si può ridurre a un «errore di comunicazione». Lo ha sostenuto ieri Marco Osnato, esponente di di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Finanze della Camera. Oppure, in maniera meno effimera, quello sul «redditometro» è stato un lapsus o un ritorno del rimosso.

Il provvedimento è stato preso per quello che non era o che non avrebbe dovuto diventare. E cioè un «Grande Fratello». La stessa Meloni, ieri mattina su Facebook, aveva escluso di volerlo creare. Ma si è trattato di un altro errore perché è sembrato instillare il dubbio che, pur non volendolo, il governo lo avesse creato. E che sia stato preso in castagna. Per la serie: «Scusa non richiesta, accusa manifesta».

Davanti a uno spettacolo simile le opposizioni erano incredule. Hanno evidenziato l’improvvisazione e l’affanno di un governo dilaniato da una guerra elettorale di tutti contro tutti a meno di tre settimane dal voto alle elezioni europee. «Il governo si è diviso oggi sul redditometro, su cui smentiscono le cose che hanno sempre detto, e l’ha fatto ieri e lo farà probabilmente domani sul condono edilizio, il numero 19»,«Dilettanti allo sbaraglio – ha detto Giuseppe Conte (Cinque Stelle) – Non si parlano neppure tra loro e prendono in giro gli italiani».

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

Foto di cottonbro studio