Francesca Re David, segretaria generale Fiom, il successo dello sciopero di oggi in Lombardia e Lazio è stato il prodromo dell’accordo col governo che riduce le attività essenziali.
Sì, era importante. Raccogliere i dati di questo sciopero è stato difficile perché ci sono molte aziende già «in fermata» e molti lavoratori in smart working ma sapevamo che ci sarebbe stata grande partecipazione perché i lavoratori erano esasperati dall’idea di dover andare a lavoro, mentre a tutti viene detto di rimanere a casa. La nostra mobilitazione va avanti da settimane: è dal 15 marzo che abbiamo deciso unitariamente di dare copertura a chi non lavora in sicurezza e può scioperare. Poi si è arrivati al risultato positivo del Protocollo ma domenica abbiamo avuto la doccia fredda del Dpcm con un elenco di attività indispensabili che non corrispondevano a quelle concordate il giorno prima.
Alla lettera di Confindustria si è quindi rimediato. Può fare però un esempio di aziende che da domani rimarranno chiuse perché non più «indispensabili»?
Sono molte. A partire dalla costruzione di macchine agricole alla Cnh di Jesi, agli elettrodomestici e al packaging non legato alla filiera alimentare o medicale. Si tratta di migliaia di imprese che dovrebbero ridurre il numero di lavoratori a circa il 30% del totale. Il comportamento di Confindustria è stato irresponsabile perché ha messo il profitto davanti alla salute dei lavoratori, ma anche miope: gran parte dei settori come automotive e macchine meccaniche sono senza ordini perché è fermo il gigante tedesco. Stanno quasi tutti facendo solo «magazzino», mentre potranno continuare a fare manutenzione, con pochi lavoratori coinvolti.
Prima il Protocollo – positivo – poi il Dpcm – negativo – : questo tira e molla con il governo vi ha fatto perdere fiducia in Conte?
Serve premettere che ci troviamo in una situazione completamente inedita. Anche stabilire i settori indispensabili è molto difficile così come utilizzare i codici Ateco. Dopo la lettera di Confindustria – che ha dimostrato la grande cecità di buona parte delle imprese che non hanno capito come i lavoratori non sono contenti di stare a casa in “cassa” a 700 euro al mese ma lo fanno perché ci tengono alla loro salute e a sconfiggere il virus – le confederazioni hanno minacciato lo sciopero generale e noi lo abbiamo fatto in Lombardia e Lazio. Il governo ha certamente dato credito alle pressioni di Confindustria – sbagliando – ma noi guardiamo ai risultati finali: abbiamo tutelato i lavoratori e ridotto le imprese aperte.
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MASSIMO FRANCHI
foto: screenshot tv