Quello strano tentativo di rimandare il referendum…

Prima un annuncio, poi una smentita secca. Angelino Alfano, ministro dell’Interno, fa capire che, sic stantibus rebus per via del terremoto continuo nella zona al confine tra Umbria e...

Prima un annuncio, poi una smentita secca. Angelino Alfano, ministro dell’Interno, fa capire che, sic stantibus rebus per via del terremoto continuo nella zona al confine tra Umbria e Marche, si potrebbe rinviare la data di svolgimento del referendum costituzionale. Magari in primavera o, chissà, magari nei primi giorni d’estate.
Il polverone si solleva, le opposizioni insorgono e interviene direttamente Matteo Renzi: “Nessun rinvio”.
Ma ormai, come si suol dire, la frittata è fatta. E tanto basta per far sorgere in chiunque di noi il dubbio, malevolo se volete, che questa tentazione di rinviare il referendum sia qualcosa di più di un sondaggio; sia la prova evidente che la percezione che hanno dalle parti del governo, circa il risultato finale della sfida tra il SI’ e il NO, sia nettamente a favore di quest’ultimo.
Può essere, altresì, che il ministro abbia invece interpretato il giusto smarrimento dei sindaci dei luoghi colpiti dal sisma e, quindi, abbia fatto questa proposta in tal senso. Ma tant’è, girando per vie e piazze d’Italia, ascoltando la gente per strada, si ha la sensazione che le ragioni del NO, laddove riescono ad essere spiegate, prevalgano su quelle del SI’ e che prevalgano per molteplici motivi che, sommati, fanno una convinzione difficile da controvertire con slogan e promesse.
Entriamo ora nel mese di campagna referendaria con un appesantimento emotivo molto forte, con contrapposizioni fin troppo evidenti e con schieramenti poco equilibrati sul piano della correttezza comunicativa: le televisioni, i grandi giornali, le radio nazionali sono tutte schierate con il governo e, quindi, a pieno sostegno del SI’.
Ma riesce a farsi spazio un’altra idea di Italia, non fondata solo sulla figura unica del presidente del Consiglio: un’Italia che comprende i suoi guai, le sue insufficienze e che è pronta ad affrontarle con il metodo democratico fino ad ora adoperato nella imperfezione amplificata dai personalismi e dagli interessi di parte fatti prevalere rispetto al pubblico, al collettivo.
La vittoria del NO non deve essere una possibilità, ma deve essere sin da ora vissuta come una necessità storica. E tale deve essere perché di un passaggio epocale stiamo parlando ormai da mesi: non possiamo consentire che la democrazia superi la democrazia. Non possiamo permettere che attraverso strumenti costituzionali si superi la Costituzione stessa e la si trasformi in una “Contro-Costituzione”.
Non sono slogan questi, sono fatti: basta leggere il testo della riforma renziana per rendersi conto che la posizione del Parlamento sarebbe sminuita in caso di approvazione dei nuovi 47 articoli previsti. Saremmo davanti ad una centralità governativa che avrebbe nelle sue mani i gangli gestionali del potere: dal Parlamento alla Corte Costituzionale.
E’ per questo che dobbiamo usare ancora una volta la libertà, il diritto e il dovere del voto non come delega in questo frangente, ma come arma di difesa della Repubblica Italiana, della sua struttura parlamentare e democratica contro un tentativo di sovversione del potere, di trasformazione del consenso in assenso. Assenso mascherato da libertà di coscienza e coscienza trasformata in adeguamento al grande inganno del concetto di “opinione pubblica”.
Esiste sempre una sola opinione: la propria. Quella “pubblica” la definiscono in determinati perimetri i governi per dirigere proprio le opinioni singoli e farle giungere laddove interessa loro che arrivino e che si fermino, quietandosi.
Inizia, dunque, l’ultimo mese di una lotta in cui dobbiamo coinvolgere il maggior numero di cittadini, di conoscenti, di amici, di parenti. Una lotta senza quartiere, senza mezze parole, ma aperta, apertis verbis veramente. Una lotta che deve essere fatta con espressioni semplici, dirette, senza troppi tecnicismi, ma dicendo senza infingimenti ciò che potrebbe diventare l’Italia se passasse la riforma Renzi-Boschi.
Il pericolo di superare la democrazia con la democrazia non è una terrorizzazione pensata al passato, anche se vi sarebbero molti esempi eclatanti da citare riportando alla memoria come anche allora nessuno pensava che si potesse giungere a regimi oligarchici e totalitari da repubbliche che si consideravano consolidate nel loro democraticismo borghese e liberale.
Il pericolo di superare la democrazia con la democrazia è una possibilità concreta derivante da una attuazione distorta dei nuovi princìpi costituzionali che qualcuno oggi crede, in buona fede e dal basso, siano una “modernizzazione” dell’esistente, un miglioramento per le condizioni strazianti del Paese.
E’ esattamente il contrario. Per questo il NO deve prevalere e deve farlo in grande stile di numeri, per dare un segnale forte al governo, al suo presidente, all’Italia intera. Soprattutto a quella che voterà SI’.
L’inconsapevolezza è sempre alla base dei danni peggiori che popoli che si credevano immuni da esperienze autoritarie hanno poi attraversato nel corso della storia e che si sono riversate sul resto del mondo.

MARCO SFERINI

3 novembre 2016

foto tratta da Pixabay

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