Quando i bambini applaudono i capi di governo

Una venatura di profonda tristezza si è stagliata sulle immagini istantanee della Presidente del Consiglio che, coadiuvata dal titanico ministro della Difesa, è balzata nella carlinga di un aereo...
Giorgia Meloni

Una venatura di profonda tristezza si è stagliata sulle immagini istantanee della Presidente del Consiglio che, coadiuvata dal titanico ministro della Difesa, è balzata nella carlinga di un aereo militare, ha dispensato baci e abbracci un po’ virtuali a tutte e tutti e ha gioito dell’orchestrato coro fanciullesco di una scolaresca agitante tanti piccoli tricolori.

Si è mossi quasi a pietà, non fosse altro intellettiva, davanti a spettacolini di questa natura, dove la piaggeria si fa costume pubblico, quasi veramente “di Stato” e tutto si adegua ai protocolli istituzionali: maestri, insegnanti delle secondarie, professorini e professoroni, presidi e altri addetti agli istituti pubblici dell’istruzione, disimparano, retrocedono ad una inconoscenza della dignità che dovrebbe farli sussultare davanti alle prepotenze indomite del potere che prevede di essere ossequiato sempre e comunque.

Ma, del resto, se si festeggia il centenario dell’Aeoronautica militare italiana e sono previste le manine dei bimbi delle scolaresche ad agitare le bandierine come tanti bravi soldatini messi in fila, che ci possono fare alla fin della questione maestri et similia? Molto poco: si deve sempre sorridere e dare la mano al ministro di turno e, tanto più, alla Presidente del Consiglio.

Non si vorrà mica fare uno sgarbo istituzionale, mettere il punto di principio avanti alla ragion di Stato.

E sia. Lo spettacolo deve iniziare, continuare e finire nel migliore dei modi. L’Italia deve dimostrare alla Storia e a sé stessa, forse anche un po’ al mondo, che la sua non è una democrazia molliccia, tutta progressismo e cultura, socialità e solidarietà. No, noi siamo capaci di continuare ad aumentare la spesa militare in perfetta assoluzione del dettato NATO, entro il programma di guerra per procura che, se si spulciano bene i movimenti sul campo del povero popolo ucraino stretto tra due imperialismi che si fronteggiano, per procura lo è sempre meno.

E’ strano, ma quando vedo un aereo militare a me, piuttosto delle pittoresche evoluzioni acrobatiche delle Frecce Tricolori, a me viene in mente Quasimodo e quel suo “Uomo del mio tempo” che sta nella carlinga “con le ali maligne” e le “meridiane di morte“.

Sarà un perverso pacifismo di ritorno, un po’ simile all’anfalbetismo democratico di ritorno di tanta parte di una popolazione e di classe dirigente che intende la Costituzione come un libriccino tanto da adorare e venerare quanto da infrangere nella quotidianità di ogni azione sociale, civile, (im)morale e (im)politica.

C’è, inoltre, qualcosa di veramente patetico, perché esclusivamente ridondante nella manifestazione di una pedissequa condiscendenza di disvalori e di inopportunità, nelle manifestazioni che esaltano ricorrenze riguardanti il mondo del militarismo e del non civilismo. Si tratterà, probabile, di una enfasi connaturata agli eventi, che esigono solennità, anfitrionica superbia dettata da una esigente necessità muscolare, la dimostrazione di essere non gli ultimi della fila, ma almeno a parimerito con altre nazioni.

L’Italia, si sa, non ha mai avuto i tratti della graniticità militare prussiana, né tanto meno quelli dell’organizzazione statunitense o inglese. Noi possiamo citare tanti che si sono sacrificati sui campi delle storiche battaglie, ma non dovremmo mai dimenticare le nostre sconfitte: da Custoza in avanti.

E quelle più tragiche, scivolate nell’orrore, nella disumanità propria delle guerre di conquista, dei colonialismi imperialistici, nei bombardamenti disseminati qua e là per favorire questo o quel regime: dalla Spagna franchista all’Iraq invaso nel nome della “democrazia” da esportare.

Ai bambini che sventolano i minuscoli tricolori, ritmando nome e cognome della Presidente del Consiglio, una claque davvero imbarazzante, sarebbe bene che la nostra scuola pubblica, laica e repubblicana insegnasse luci e ombre e le tante sfumature di nero di un mestiere, quello del militare, che è definibile in quanto tale se lo si associa essenzialmente all’offesa e molto meno, purtroppo, a quel principio difensivo della nazione che la Costituzione gli attribuisce in primis.

Non ci si può aspettare niente di diverso dal peggiore governo di destra che, dopo quello mussoliniano, a questo Paese è toccato in sorte.

Non ci si può aspettare se non quello che è avvenuto e avviene: invece di finanziare il riadeguamento degli edifici scolastici alle più importanti norme di sicurezza, anche contro i terremoti e le calamità naturali in generale, invece che investire nell’aggiornamento dei programmi, nella stabilizzazione del corpo docente e nell’ampliamento di questo importante settore pubblico, si comperano quegli F35 che, cadauno, costano circa 84 milioni di dollari (al cambio attuale con l’euro fanno circa 77 milion di euro).

Ma il 2% del Prodotto Interno Lordo nazionale deve, per ordine della NATO, essere destinato al riarmo, alla corsa all’acquisto di nuovi mezzi militari, all’incentivazione di una produzione bellica che serve a sostenere il conflitto in Ucraina e non solo. Il riposizionamento tattico e strategico delle truppe dell’Alleanza atlantica nell’Europa dell’Est è, sebbene possa non apparire tale, un costo esorbitante per molti paesi dell’Unione Europea.

Ma, intanto, mentre il Paese soffre sempre di più il riflusso di una crisi economica associata alla coda pandemica e allo scoppio delle ostilità tra Mosca e Kiev (e il resto del mondo occidentale), il governo italiano cosa fa? Investe in armamenti. Deve farlo e lo fa. Non batte ciglio, anzi, questa direttiva stoltenberghiana viene assunta come programma di difesa, in una fiammata di patriottismo revachista che intende, molto poco sovranisticamente, mettere l’Italia al servizio del comandante in capo Biden e dei suoi diretti coadiuvanti.

I bambini, intanto, sventolano le bandierine tricolori, felici di stare insieme, di fare un coro, di guardare quei grandi aerei con le ali che non sono poi così maligne, perché non li hanno mai visti in alto bombardare nulla e perché nella fumettologia della destra vincente, ogni pilota è un eroe e non già anche un portatore di morte. Per carità, non si tratta di fare ricorso anche qui al revisionismo storico. Non sarebbe affatto il caso. Qui si tratta, semmai, di mera, lapalissianissima propaganda: di governo, pubblica e privata, a seconda degli interessi che vi sono in ballo.

Ma i bambini non lo sanno. Per loro è un grande gioco a cui partecipare, in fila per tre, come cantava Edoardo Bennato: disciplinati, in coro, a ritmare “Giorgia Meloni, Giorgia Meloni, Giorgia Meloni“, ché fargli cadenzare solo “Giorgia, Giorgia, Giorgia” come ai suoi comizi, eh beh, sarebbe stato troppo anche per la congiuntura favorevole tra ossequio dei dipendenti di Stato e chi in quel momento rappresenta lo Stato stesso.

Della smargiassata militarista non impressiona nulla se non quel coretto per niente improvvisato: tutto il resto un po’ e noia e un po’ è conferma di uno dei punti chiave del programma della destra estrema di governo che, aderendo perfettamente al proprio passato di granitica e indefessa professione di fede nei confronti di un patriottismo distorto dall’autoritarismo e della prevaricazione, lo ripropone modernamente con la figura femminile, con l’aura fintamente democratica che si dà e gli è stata data dalle tante aperture e sdoganamenti degli ultimi decenni.

Sinite parvulos venire ad me, ma purtroppo il Vangelo e Gesù di Nazareth qui non c’entrano nulla. Il candore dell’infanzia, del fanciullo che c’è in tutti noi, rivive in quegli attimi, dove le bandierine tricolori volteggiano freneticamente davanti ai visi dei bimbi che coreggiano, che, col sole che sorge libero e giocondo in faccia, si dimenano per far contenti i loro insegnanti. Facciamo tutti una bella figura, mi raccomando. E, ce lo siamo già detti, mica potevano far cantare “Le deserteur” di Boris Vian davanti alla Meloni che balza nella carlinga dell’F35…

Siamo realisti, anche se non più del re. Però… poveri bambini, costretti ad essere il contorno visivo e la punta di diamante di una commozione da istillare negli spettatori, nel popolo che guarda e plaude. Ma come sono carini a fare il coro! Ma come è sorridente la Presidente del Consiglio e quanti bacini ha mandato loro. E’ tutto molto bello.

Dietro a questi patetici siparietti pubblici stanno sempre i grandi affari internazionali, le politiche che tornano seriose e che ne hanno ben donde. La guerra continua, gli aerei italiani per ora non le volano ancora sopra, ma Kiev qualche caccia lo ha avuto dai dintorni di Visegrad.

Ci stiamo trasformando sempre più in un Paese che si abitua alle circostanze e che ha smarrito una criticità diffusa, una cultura critica, della contestazione prima di tutto delle ovvietà e delle banalità. Spettacolini come quello messo in scena davanti all’F35 andrebbero stigmatizzati a rimproverati al governo da una pletora di donne e uomini del giornalismo, della cultura, della scuola stessa e per prima. Dalle primarie all’università, ovunque nel Paese.

Più pericoloso del voto per queste forze di destra è la rassegnazione a ciò che si reputa inevitabile: per le percentuali dei sondaggi, per l’occupazione sistematica di ogni mezzo di informazione possibile, per la sopraffazione che esercitano nel nome del diritto di parola, di espressione, di contraddittorio, riabilitando il peggio dell’armamentario retorico sulle guerre, sull’italianità di ieri e di oggi, magari provando ancora una volta – come fece Mussolini – a fare del Risorgimento una specie di sacrario dell’esclusivismo e della superiorità delle “romane genti” rispetto a tutti gli altri popoli.

I bambini devono giocare e imparare a vivere in una Italia della pace e della solidarietà, della libertà e del rispetto verso sé stessi e verso tutti. Non devono applaudire i capi di Stato o i capi di governo mentre girano nel Paese. Di pessimi esempi di coinvolgimento della gioventù nelle trame del potere sono piene le pagine della storia.

La magia anarchica del comportamento dei più piccoli e dei giovanissimi va preservata da ogni tentazione egemonica della politica. A loro va, in età di adeguata comprensione, regalata la Costituzione perché la leggano e poi la imparino civicamente a scuola. Una scuola dove si formino dei cittadini e non dei futuri soldati.

MARCO SFERINI

30 marzo 2023

foto: screenshot You Tube

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