Sento e leggo argomentazioni che affermano la bontà della riforma o, quanto meno, la non cattiveria della medesima perché non andrebbe ad incidere sulla prima parte della Costituzione, quella concernente i diritti dell’uomo e del cittadino. Lasciatemeli declinare così, definire con un po’ di sano giacobinismo…
Quando la riforma sulla seconda parte riduce gli spazi di agibilità democratica e impedisce l’elezione dei senatori e aumenta ad esempio le firme per la proposta di leggi di iniziativa popolare da 50 a 120 mila, si toccano i principi anche della prima parte della Carta del 1948.
Quindi è falso affermare che non si va ad incidere sulla prima parte. Restano le parole ma cambia la loro applicazione concreta nella realtà.
La Costituzione non è separabile per capitoli indipendenti. È un “unicum” e così andrebbe anche riformata: tenendo conto di ciò che si va a rielaborare nel particolare e nel generale.
Ma un governo che persegue la volontà di fare dell’esecutivo il luogo centrale della “democrazia”, privilegiando persino nel calendario parlamentare le analisi dei propri disegni di legge, è evidente che è soltanto interessato ad un nuovo aspetto della Repubblica: da parlamentare a governativa.
(m.s.)
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