Via via che passano i giorni e ci si addentra nel solco della campagna elettorale, prende forma la discussione sulle ragioni circa la presenza di un nuovo soggetto politico della sinistra di alternativa nel panorama politico italiano.
E’ un dato di fatto che esistono differenze anche profonde nell’impostazione tattica ed anche ideologica, se proprio vogliamo essere completamente sinceri, dentro un più vasto quadro strategico che deve riallineare le forze – spesso mostrate come residuali – di un variegato mondo del progressismo che fa capo tanto a formazioni politiche strutturate e con una storia ultraventennale alle spalle quanto ad esperienze di movimento più recenti per nascita e comunque facenti riferimento ad importanti lotte sui territori.
La peculiarità di Potere al Popolo! risiede in questo: nell’aver rimesso in circolo un nuovo fervore sociale e politico in entrambi questi campi di riferimento e aver proposto una formula, collettivamente parlando, che potesse unire le differenti disperazioni dettate dall’insufficienza organizzativa e di struttura dal lato “movimentista” e dalla incapacità dei partiti come Rifondazione Comunista e PCI ad accreditarsi come un nuovo motore propulsore per questa sinistra necessaria.
Siamo, dunque, in presenza di un progetto che, anche a seconda del risultato elettorale che otterrà, dovrà porre a riflessione il tema della rappresentanza non solo istituzionale ma anche politica rispetto ad una fetta di società molto ampia che nel corso dei decenni si è frammentata in quanto a sensibilità e connessione anche emotiva con tutto un mondo di elaborazione teorica e pratica, di analisi e di azione quotidiana che un tempo era rintracciabile per l’appunto dei partiti nati dopo il 1989, dalla grande crisi causata dalla caduta del Socialismo reale, dalla parallela vicenda tangentopolizia dei primi anni ’90.
Da allora una curva ascensionale si è sviluppata, è salita verso obiettivi che puntavano a fare della sinistra comunista un elemento di appoggio per le forze moderate e di centrosinistra al fine di limitare i danni per il Paese, scongiurare il “pericolo delle destre” e, infine, nella sua fase di curva discendente – verso un punto di ritorno all’inizio del percorso – funzionante come mero affluente di voti “utili” per regalare alla concezione maggioritaria della delega popolare tutta la potenzialità del voto proporzionale spazzato via da più e più trabocchetti legislativi in materia elettorale, risultati alla fine incostituzionali.
Fase ascendente della curva politica della sinistra comunista, stabilizzazione nei momenti di sostegno ai governi del centrosinistra e, infine, fase discendente con recupero della coscienza critica di una politica di opposizione al liberismo prepotente rappresentato dai tre maggiori agglomerati di destra del Paese (PD, destre classiche berlusconiane e M5S), sono i tre momenti di una epoca della politica italiana in cui la sinistra e i comunisti hanno perduto la loro fisionomia di alterità rispetto a tutte le altre forze politiche.
Una perdita di riconoscibilità politica dovuta, essenzialmente, alla perdita di riconoscibilità sociale da parte del mondo del lavoro, della precarietà diffusa, di tutta quella fetta di popolo che pur essendo in condizioni di sopravvivenza ha finito per allontanarsi dalla ormai mitologica speranza di cambiamento sociale per affidarsi ad un tiepido riformismo che ha promesso panacee di ogni disagio senza poterle mettere in pratica, ma utilizzando la buona fede popolare per attuare politiche spietate contro i rimasugli di uno stato sociale già ampiamente falcidiato.
Ed eccoci, dunque, al punto di partenza: un nuovo “passare dal via” dove proprio Potere al Popolo! è la casella di obbligato transito. Non esistono alternative se non collocate nel velleitarismo: questa volta non affidato alla testimonianza pura di una “voce che grida nel deserto”, ma ad una rimessa in discussione di tutta una esperienza di lustri e lustri che forse oggi possiamo ammirare con tutte le sue contraddizioni, gli errori e gli inciampi patiti.
Abbiamo messo almeno, forti di questa consapevolezza critica, dei punti fermi irrinunciabili: 1) non è più possibile affidare ad una idea di centrosinistra la risoluzione delle contraddizioni sociali di questo Paese e, tanto meno, del più vasto ambito europeo; 2) abbiamo, quindi, detto e scritto che solo una nuova sinistra realmente alternativa e di massa può essere il fulcro del rilancio di una azione sociale e politica che la rispecchi e che metta nuovamente al centro dell’agire collettivo (e del singolo) il lavoro e la lotta di classe che esiste, c’è ed è dimostrata dalle tante lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari e dei disoccupati, dalle imposizioni dei centri di potere economico europeo nei confronti dei singoli Stati e, se ve ne fosse bisogno, dall’evidenza delle cifre che ci parlano di una concentrazione delle ricchezze in così poche mani come mai prima d’ora; 3) abbiamo, infine, trovato un compromesso spontaneo nell’unità più bella e generosa: non quella della sommatoria delle singole forze politiche, ma quella che unisce queste allo spontaneismo privo di connotazione, atomizzato dal lungo passaggio nel deserto della sinistra in questi anni.
E’ presto per discutere dell’immediato futuro post-voto, proprio perché il voto deve ancora avere luogo e proprio perché forse dobbiamo ancora tutte e tutti ben comprendere cosa intendiamo fare in merito a forme organizzative, contenuti, programmi, prospettive e culture che sono per ciascuno di noi una identità precisa cui, giustamente, non possiamo rinunciare.
L’auspicio che faccio e che propongo qui è la continuazione del progetto di Potere al Popolo!, come leggo e sento proclamare da diverse parti, in una forma che rispetti tutte le differenze e che consenta la piena espressione delle culture singole dentro un luogo della politica e del sociale che unisca su un comune denominatore come abbiamo fatto fino ad oggi.
Tutti dobbiamo fare qualche passo indietro, gestendo collettivamente la nuova struttura che ancora non ci siamo dati: ma sarebbe veramente interessante se riprendesse le forme non spigolose e angolari, bensì tonde e curvilinee di una armonia della politica rappresentata da avvicinamenti e non da esclusioni, da una forma federativa su un modello collaborativo libertario che non significa assenza di organizzazione ma presenza di una struttura certamente diversa dal mio modello, dalla “forma-partito”, ma non per questo meno fattiva e capace di dare un senso compiuto al lavoro che abbiamo sino ad oggi svolto. E non è stato poco.
MARCO SFERINI
6 febbraio 2018
foto tratta dalla pagina Facebook di Potere al Popolo!