“Potere al Popolo!”: punto di partenza o punto di arrivo?

Di seguito pubblico oggi le considerazioni che in questi giorni ho avuto modo di scrivere in scambi di dialoghi con compagne e compagni su Facebook e de visu negli...

Di seguito pubblico oggi le considerazioni che in questi giorni ho avuto modo di scrivere in scambi di dialoghi con compagne e compagni su Facebook e de visu negli incontri del dopo-voto.

Rimettersi in discussione

Fino ad oggi, dopo il voto, è mancato un atteggiamento generale di responsabilità verso il risultato delle elezioni.

Pochi errori politici sono irrimediabili. Quindi è possibile che Potere al Popolo! decida di darsi delle regole democratiche per creare un gruppo dirigente degno di questo nome che traghetti questa esperienza verso qualcosa di più convincente sul piano dell’organizzazione unita al percorso politico.

Penso andrebbe rimesso in discussione anche il nome, così il simbolo, per aggiungere alcuni elementi di ulteriore chiarezza: perché decisi in una immediatezza di contingenze che non hanno consentito un dibattito su tutto ciò.

Mi inquieta di più la disperazione che si evince dalla paura di alcune compagne e di alcuni compagni di ridiscutere tappe e percorsi dell’1% stesso.

Quando ci si aggrappa mani e piedi al ramoscello che spunta dalle rocce per non precipitare, si finisce col rimanere appesi un poco e magari il ramoscello regge: ma sono poi le forze dei nostri corpi a non farcela più e a lasciarsi andare sfiniti nel burrone.

Ecco, io mi auguro che oggi in assemblea nazionale ci sia molta passione politica come sempre, molto entusiasmo sociale ma si tralasci ogni giudizio autoconsolatorio, veramente infantile, sul valore di partenza dell’1% che è distrazione dal contesto grande e terribile (parafrasando Gramsci) in cui viviamo oggi come comuniste, comunisti, libertari e persone di sinistra genericamente intese e dette.

Ho espresso le mie convinzioni che sono critiche perché non vedo critiche sufficienti a farmi dire: abbiamo il polso della situazione, sappiamo che viviamo in un disastro epocale per la sinistra e non c’è punto di partenza, ma semmai punto di ritrovo e di costruzione dal nulla.

Bisogna fare tabula rasa e azzerare ogni certezza derivante dal voto. Non c’è certezza alcuna. Solo tanti dubbi che sono quella critica che può salvarci dall’illusione di valere socialmente e politicamente qualcosa oggi in questa Italia nera.

Movimenti e partiti

Chi ha dato vita a Potere al Popolo! partendo da posizioni centrosocialiste e movimentiste, non avendo mai vissuto una storia politica di partito (il che non è una colpa) ha una percezione differente del disastroso risultato elettorale e più ancora del contesto in cui si colloca.

Di per sé un 1% può anche essere un ottimo risultato se non ti aspetti niente. Ma se sei un Partito con ventisette anni di storia alle spalle, ebbene questa per te (per me) rappresenta la più grave sconfitta mai subita, il punto più basso in quanto a consensi sociali, politici ed elettorali mai visti.

Credo che abbia ben detto Danilo Maramotti quando ha pronunciato parole di senso politico compiuto nell’affermare che la sfida di PaP è tenere unite due culture, due componenti: quella proveniente dai centri sociali e dai movimenti con quella proveniente dai partiti. Non è una sterile contrapposizione o una visione dicotomica che bisogna avere. Bisogna tentare di accettare le critiche vicendevoli: io in questi ultimi anni ho sentito sputare merda (scusatemi il francesismo) sui partiti anche e soprattutto da sinistra, da compagne e compagni che avevano fatto un largo tratto di strada con Rifondazione quando era l’epoca dei Social Forum.

Mi sono sentito trattato come un cittadino di serie B perché avevo la tessera di un partito. Mi è stato impedito, come Partito, di portare spesso le mie bandiere nelle manifestazioni per non “caratterizzarle” politicamente.

Tutta una operazione di espulsione della politica dai contesti sociali è stata fatta anche grazie a settori della sinistra che hanno cavalcato l’onda del nuovismo cercando di affiancarsi ad un grillismo che montava nei sondaggi perché cresceva nel finto ribellismo di una società anestetizzata dai più sordidi e beceri egoismi anticlassisti.

Quindi vorrei che le compagne e i compagni comprendessero un punto di vista che non è nemmeno tutto di Rifondazione Comunista. Anzi, probabilmente sono in minoranza su questi temi nel mio Partito, ma accetto questo ruolo perché fa parte di un lavoro di sintesi che sempre deve essere fatto.

Punto di partenza o punto di arrivo?

Io non colloco Rifondazione Comunista nella storia. Io la colloco ancora nell’attualità pur essendo ben consapevole del rigor mortis che ci pervade tutte e tutti. Ma esiste una comunità politica e sociale che ancora si rifà ed è Rifondazione Comunista.

Non è una mera questione di appartenenza. Sarei comunista anche senza partito e senza tessera. Ma non sarei comunque d’accordo con la mancata assunzione critica sul risultato del voto e sul progetto di PaP per come sino ad ora è stato svolto.

L’entusiasmo è un sentimento di cui mi nutro volentieri ma vorrei sempre associarlo a qualcosa di pratico, di tangibile, di collegabile con la realtà e riempibile con contenuti. Ciò significa, non dico “non far finta di nulla” ma semmai illudersi che l’1% sia un punto di partenza.

Per come la vedo io, è un punto di arrivo, di fine per una sinistra che qualcuno già vedeva morta nel 2008.

Per questo auspico una organizzazione democratica per Potere al Popolo! e auspico che non si dia mai nulla per scontato o non si pronuncino frasi dogmatiche come “Non si torna indietro”. Perché se anche soltanto fosse uno il passo indietro da fare, si fa se questo significa rielaborare una sconfitta con categorie antiche che possono e debbono parlare un linguaggio nuovo.

MARCO SFERINI

18 marzo 2018

foto tratta dalla pagina Facebook di Potere al Popolo!

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