Pubblichiamo un documento critico verso l’esperienza di “Potere al Popolo!” presentato alla riunione del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista del 6 maggio scorso. Il dibattito è aperto.
Riteniamo che la tre giorni di Spoleto abbia certamente dato le giuste indicazioni sull’avvio di un aggiornamento e di una riorganizzazione dell’attività del Partito sul piano della comunicazione, della formazione, come dell’autofinanziamento. Un buon punto di ripartenza, che rischia di restare pura e semplice declamazione se non sostanziato dall’agire politico.
Difatti constatiamo che, ad oltre due mesi dal risultato elettorale, durante i quali si sono svolti ben due momenti di discussione del gruppo dirigente nazionale, non vi è stata alcuna presa di coscienza delle necessità della fase.
Riteniamo che sia quanto mai urgente aprire un confronto nel corpo del partito. Un confronto che sia onesto, tanto nel gruppo dirigente quanto tra i compagni e le compagne dei Circoli, per tentare di fermare e contrastare lo scoramento e la rassegnazione politica che affliggono il Partito dopo il pessimo risultato elettorale di Potere al popolo. La delusione che abbiamo provato, tuttavia, non è dovuta solo alla percentuale dei voti presi, bensì al combinato disposto tra questa e la mancanza di prospettiva del progetto messo in campo. Un progetto che non è risultato credibile per le masse popolari, che difatti hanno rivolto altrove il loro voto.
Ora la situazione ci impone di aprire un dibattito vero, ampio ed onesto sul futuro del PRC, e su quello del progetto di costruzione della sinistra di alternativa. Tesi che, tra l’altro, è risultata vincente nell’ultimo Congresso nazionale.
Dal risultato elettorale nessun insegnamento?
Il risultato delle recenti elezioni politiche ha certamente delineato una sconfitta, ben oltre il prevedibile, del Partito Democratico e delle sue politiche. Questa sconfitta però non ha prodotto un’attenzione immediata nei confronti delle alternative a sinistra del PD: non ne ha giovato quella sinistra del “centro sinistra di governo” rappresentata da LEU, né tanto meno quella sinistra di movimento che PAP intendeva rappresentare. La forte affermazione, specie nel Sud del paese, del M5S che raccoglie gran parte del malcontento popolare, è anche premiata significativamente dal “voto utile” in uscita dal centro sinistra.
Al Nord la Lega si afferma per la prima volta come partito leader della destra, risultato che mantiene anche sul piano nazionale; contestualmente l’estrema destra, fascista e razzista di Casa Pound, ormai “sdoganata”, raccoglie voti anche in aree di forte tradizione antifascista. E’ evidente che va recuperato un terreno di nuovo antifascismo, con la consapevolezza di ciò che abbiamo ereditato dal passato e la capacità di risignificarlo.
Anche le ultime elezioni regionali in Molise e nel Friuli Venezia Giulia confermano la forte presa sociale delle destre e della leadership della Lega. In questo nuovo scenario politico-sociale, fortemente spostato a destra, ci preoccupa il silenzio del nostro partito.
Troviamo che sia un grave errore politico il fatto che non si avanzi, come PRC, una proposta larga e unitaria per la costruzione di una sinistra di alternativa nel paese, che risponda anche alle domande di quel che resta del nostro popolo. E la risposta non è PaP, con tutta evidenza.
Una nuova Repubblica è in procinto di nascere, a nord e a sud del Paese assistiamo all’affermazione di nuovi blocchi storici di potere, ad una ridefinizione complessiva della politica in senso populista e antidemocratico, ma questo non sembra essere al centro della nostra analisi.
Uscire dall’immobilismo politico del partito
Come già detto, non riteniamo si possa né si debba tacere che la sinistra di alternativa nel paese non è in grado di essere percepita come utile ed autorevole dalle masse popolari. Se non partiamo da qui, da questa consapevolezza, i nodi politici che abbiamo davanti troveranno sempre risposte sbagliate.
Nel nostro dibattito riteniamo vi sia una grave rimozione del risultato di PAP, rispetto al quale l’unico aggettivo utilizzato dal gruppo dirigente è stato “inevitabile”. Nessuna riflessione è stata avviata, o almeno facilitata, nel corpo largo del Partito, sulle grandi difficoltà riscontrate durante la campagna elettorale nei territori; oppure sul profilo politico del progetto, fortemente segnato da un settarismo inconcludente che non ha fatto altro che minare le relazioni con settori da sempre a noi vicini.
E finanche i numerosi episodi di palese conflitto politico, avvenuti in molti territori tra il nostro partito e le ristrette aree organizzate di PaP, o le tante difficoltà riscontrate con formazioni e liste civiche di sinistra nelle imminenti elezioni comunali, sono considerate “fisiologiche”.
Non è stata neppure effettuata una indagine seria sulla presenza effettiva di PaP nei territori, sulle sue reali capacità di aggregazione ed attrazione, aldilà del decantato entusiasmo.
Anche quanto si va delineando sul piano della scelta del governo e delle alleanze, come sulla possibilità di scivolare ad elezioni anticipate a brevissimo, non sembra produrre una linea politica autonoma del PRC.
Vediamo piuttosto una eccessiva cessione di sovranità nei confronti Potere al Popolo, che sembra essere l’unico soggetto titolato ad esprimersi, nonostante non abbia neppure una struttura democraticamente eletta.
Qual è l’orientamento che si indica al partito?
Ci sembra venga rimossa la necessità di aprire nel paese una riflessione pubblica, certamente amara ma salutare, sul futuro dei comunisti e della sinistra di alternativa; una sinistra che si organizzi per fare una proficua opposizione alle destre che, quasi certamente, governeranno il Paese. Certo è che tacendo non si potrà risorgere dall’irrilevanza politica a cui le elezioni ci hanno condannato.
Soprattutto però, riteniamo pericolosa la rimozione che, in nome dell’autosufficienza di PAP, sta rallentando il PRC nell’avanzare una proposta pubblica sulle prossime Elezioni Europee del 2019. Considerato poi che si tratta di uno dei partiti fondatori della European Left, oltre che l’unico soggetto politico organizzato della sinistra italiana ad avere una rappresentante all’euro parlamento, la “dimenticanza” si fa ancor più grave.
Preoccupa poi la divaricazione che si sta creando nel Partito tra centro e periferia. La mancata presentazione alle elezioni del Molise, Friuli Venezia Giulia, Valle D’Aosta, come in tanti comuni al voto, è una spia della crisi che ci attraversa, è che sta portando il partito a trasformarsi da legittima forza extraparlamentare a mera forza extraistituzionale, ovvero assente dall’agone della costruzione del consenso.
In queste condizioni lo stesso dibattito su Potere al Popolo è falsato nella percezione di moltissimi tra i compagni e le compagne del Partito. Non è in discussione un’alleanza elettorale, un percorso partecipato tra soggetti diversi e la costruzione di un movimento plurale. Se così fosse noi ne trarremmo subito beneficio.
Diversamente ci si attarda a non comprendere l’uso strumentale, che settori politici e altre organizzazioni fanno di Potere al Popolo: disarticolare il PRC. Vi è una evidente sfida esterna, del tutto legittima, da parte di alcuni soggetti, ma noi non comprendiamo le ragioni per cui dovremmo subirla in silenzio. Se non ci fermiamo per affrontare una discussione seria, onesta ed approfondita, sganciata dalle appartenenze di “fazione”, rischiamo grosso. Il silente abbandono di numerosi e validi compagni e compagne, come già sta avvenendo, equivale alla fine del nostro progetto politico. Il partito si può sciogliere in tanti modi, e lo sappiamo bene. Ed anche decidere del nostro futuro in tempi brevi e modi discutibili é un modo per trasformare il PRC da Partito a “tendenza culturale”, a soggetto traghettatore di scuola quadri politica, per giunta per un inesistente ed ininfluente “movimento”.
Il PRC deve oggi riprendere la sua autonomia politica. Avviare un confronto ampio e pubblico con tutti i soggetti, sindacali e politici della sinistra, con le aree della sinistra sociale, civica e di movimento, inclusi i soggetti costitutivi di Potere al Popolo. E’ un dibattito necessario se vogliamo dare senso anche alla nostra stessa partecipazione in Potere al Popolo, che, con tutta evidenza, non può che essere considerata un tassello, non esclusivo e non sufficiente, per la costruzione di un quarto popolo politico nel paese.
Costruire un’alternativa di sinistra popolare
Vi è sempre più forte la necessità di una sinistra che voglia trasformare, e non gestire, l’esistente. In questa difficile congiuntura storica, non vediamo altrimenti prospettiva rosee per le classi subalterne, ma solo il fascino mortale che i vari populismi possono su di esse esercitare. Per questo si deve insistere affinché nel pur frammentato mondo della sinistra sociale e politica, nelle tante aree dei movimenti antiliberisti, si trovi il modo di costruire insieme un soggetto politico unitario, autonomo e alternativo, tanto al centro sinistra quanto alle destre. Un soggetto che si tenga lontano dalle sirene del minoritarismo e del settarismo, che si organizzi per conquistare visibilità e fiducia, che sia capace di intercettare anche chi, pur essendo di sinistra, guarda al centro sinistra o al M5S. Un soggetto che sappia incarnare ciò che nei documenti degli ultimi anni abbiamo chiamato quarto polo.
Ci domandiamo, e non retoricamente, se è ancora questa la proposta del PRC. Può essere PAP l’ambito, lo spazio comune, dove provare far convergere una spinta unitaria, non settaria e aggregante di sinistra alternativa? Lasciateci nutrire qualche dubbio.
Lo spazio politico c’è, ma anche gli elementi positivi emersi in campagna elettorale, come per esempio un nuovo approccio comunicativo, vengono fortemente adombrati dal settarismo che pare permeare molti dei soggetti partecipanti. E’ giusto provarci, sperimentare e investirci del tempo però certamente non senza condizioni.
Riteniamo imprescindibile, ad esempio, il rifiuto categorico e inequivocabile di ogni vocazione minoritaria, l’abbandono di ogni settarismo, l’apertura vera al confronto politico con tutte le organizzazioni politiche, sociali e sindacali, per la costruzione di un soggetto largo e partecipato. Se questo non avvenisse, se l’orizzonte fosse un altro, o peggio, se venisse sottaciuto da noi, l’esperienza di PAP verrebbe consegnata all’irrilevanza, trasformandosi da opportunità in pericolo per lo stesso PRC.
Pensiamo quindi sia necessario aprire in PAP un confronto pubblico e libero, non mediato da “tavoli” nazionali, non imbalsamato preventivamente da improbabili equilibrismi organizzativistici o da cessioni, parziali o totali, di sovranità del PRC. La mancanza di chiarezza politica in questa fase accentua non solo la tendenza alla divisione, bensì disarticola e disorienta le già provate strutture territoriali. Una confusione che può portare di fatto al silenzioso “evaporare” del nostro partito, o meglio, come si diceva prima, alla trasformazione dello stesso in “associazione” priva di scopo politico, se non quello della “formazione quadri” di “movimento”. Un movimento la cui linea politica è decisa in maniera verticistica in assemblee né così trasparenti, né così democratiche, che però si sostituiscono di fatto al PRC.
Il passo successivo rischia di essere quello di considerare il PRC un orpello inutile e da superare.
Rifondazione Comunista: il nostro partito
Siamo una forza che viene da una grande tradizione, sociale e politica, e che ha fatto la storia del movimento operaio e sindacale italiano: quella dei comunisti e delle comuniste.
Siamo certi che il Partito tutto, nel suo gruppo dirigente e nel suo corpo militante, non abbia intenzione di disperdere questo patrimonio.
Riuscire in questa impresa, in un’epoca complessa come quella che viviamo, non è affatto semplice. Siamo chiamati come partito ad uno sforzo ulteriore, che prevede che si possano rivedere con onestà gli errori commessi, e addirittura correggere la linea politica, se pare evidente che non funziona.
Riteniamo che la cosa più urgente per il Paese, per le masse popolari, per le giovani generazioni, sia la ricostruzione di una sinistra credibile, efficace e propositiva, che sia frutto di un lavoro collettivo aperto a chiunque condivida la necessità della trasformazione dell’esistente. Non è più tempo di accuse, né di ricostruzioni di processi interrotti per colpa dell’uno o dell’altro. Serve il coraggio di superare il nostro piccolo recinto fatto di errori e reazioni agli sbagli altrui, per riuscire in un obiettivo che è molto più grande delle nostre piccole convinzioni: ridare voce agli oppressi, per mezzo di una forza politica e sociale che stia dalla loro parte. A sinistra.
MATTEO PRENCIPE – CPN
LUCIANO DELLA VECCHIA – CPN
ANNA BELLIGERO – CPN
ANTONIO MAROTTA – CPN
GIACOMO MARCHIONI – CPN
SILVIA CONCA – CPN
OSCAR MONACO – CPN
LUCA FONTANA – CPN
STEFANO ZUCCHERINI – CPN
MARCO RAVERA – CPN
FRANCESCO MUSUMECI – CPN
NADIA ROSA – CPN
ANTONELLA BARRANCA – CPN
BARBARA EVOLA – CPN
FILIPPO VERGASSOLA – CPN
Roma, 6 maggio 2018
foto tratta dalla pagina Facebook di Potere al popolo!