L’argomento pensioni si surriscalda e in campo entra anche Matteo Renzi: «Noi diciamo di non mettere in discussione la Fornero ma dare strumenti a quelli che sono stati penalizzati di risolvere il problema», ha detto il segretario del Pd riferendosi a un tema – quello appunto della riforma varata sotto il governo Monti – che torna costantemente in ballo sotto elezioni. E sui possibili interventi a favore non solo dei più anziani sfavoriti, ma anche e soprattutto per l’assunzione dei giovani, si è espresso il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, spiegando che il governo sta studiando «tagli al cuneo contributivo».
«La legge Fornero è stata una delle cose più importanti del governo Monti perché ha messo in sicurezza i conti pubblici – ha argomentato l’ex premier Renzi – Macron dovrà fare un Jobs Act e una legge Fornero. Punto, non si scappa. Ma alcuni scaloni sono stati troppo forti, quelli coinvolti un po’ rosicano giustamente». Dunque l’idea di studiare strumenti per soccorrere chi è stato penalizzato, come ad esempio l’Ape: «Alla fine l’Ape ha funzionato e non mette in crisi il sistema dal punto di vista finanziario. Io non sono – ha ribadito Renzi – per mettere in discussione il sistema perché sennò il conto lo pagano quelli che vengono dopo». Dunque l’annuncio che l’Ape volontaria «partirà in settembre».
Il timing per l’avvio dell’Ape volontaria – «da settembre» – viene confermato anche dal ministro Poletti, che a sua volta si è scagliato contro il «muro» costruito dalla legge Fornero, «muro che ha lasciato fuori dal mercato del lavoro le nuove generazioni». «Considero sbagliate» – ha quindi aggiunto Poletti – le politiche di austerità che «hanno innalzato seccamente, di 5-6 anni, l’età», «non c’è stata gradualità».
Sottolineando poi di «essere stato sempre di sinistra» e di definirsi «ancora di sinistra», il ministro del Lavoro ha dichiarato che per riaprire le porte ai giovani il governo «sta valutando possibili interventi sul cuneo contributivo», per «abbassarlo in via definitiva», e non solo per «uno o due anni».
Quanto al blocco dell’età pensionabile, Poletti ha ammesso che c’è un tema «risorse». Però ci sarebbe la disponibilità ad aiutare, facendo leva sulla «flessibilità in uscita», «le fasce fragili», «chi ha lavori più pesanti», è «disoccupato» o «accudisce disabili».
I sindacati nelle ultime settimane – e ancora due sere fa incontrando i vertici del Pd (tra cui Tommaso Nannicini, ma non lo stesso Renzi) al Nazareno – avevano insistito più volte sulla necessità di bloccare l’adeguamento automatico dell’età di pensionamento e chiesto interventi per gli assegni dei più giovani, penalizzati dal sistema contributivo e da carriere discontinue.
Lo stesso Nannicini aveva annunciato che il Pd ha allo studio l’istituzione di una «pensione di garanzia», ipotesi confermata ieri dal ministro Poletti. E Stefano Patriarca, consigliere di Palazzo Chigi, aveva anche offerto una ricetta nel dettaglio: «Un minimo previdenziale, come nel retributivo, pari, si può immaginare, a 650 euro mensili per chi ha 20 anni di contributi, che possono aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di mille euro». La pensione di garanzia scatterebbe per chi ha raggiunge i requisiti di età, ma si dovrebbe intervenire anche sugli anticipi, ha spiegato sempre Patriarca, sganciando il legame con l’importo che oggi limita le uscite. E ancora, bisognerebbe immaginare «un sistema di redditi ponte» attraverso l’Ape sociale, quella volontaria e la previdenza integrativa.
ANTONIO SCIOTTO
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