C’è altro oltre la “casta”, ci sono i padroni, i corruttori oltre che i corrotti. Podemos cambia il proprio discorso politico,virando decisamente verso un’analisi più profonda della società, archiviando temi e parole care all’antipolitica. Una distanza ancora più siderale dal populismo ambiguo e inefficace dei “nostri” cinque stelle. E altrettanto abissale dalla “nostra” sinistra di governo anche nella sua versione radicale che, se da un lato cita a memoria, incantata, molte frasi di Iglesias, dall’altro tenta il matrimonio tradizionale con i pezzi di socialdemocrazia apparentemente pentiti – come il surreale esperimento di Dp – del loro recentissimo passato iperliberista e bellicista (Bersani, D’Alema ecc…). Se le prime tesi di Podemos, infatti, si condensavano sul concetto di “casta”, in disuso a partire dalla primavera del 2015, in coincidenza con il salto per le istituzioni locali e regionali, il futuro della formazione podemista sarà collegato al concetto di “trama”. Un termine coniato in articoli e libri da Manolo Monereo, padre politico di Pablo Iglesias, proprio come un sostituto per “casta”.
“La casta è una definizione sociologica e diretta solo ai politici. Io uso ‘trama’ come una cosa cosciente, come una struttura organizzata in modo permanente, dove ci sono i poteri economici, mediatici e la classe politica”, spiega Monereo, che fa parte da sempre del nocciolo duro attorno a Iglesias. Il passaggio da casta, come concetto feticcio, a struttura, trama, risponde anche all’esigenza che il secondo concetto supera le limitazioni della prima definizione che “pone solo l’accento sui corrotti e non sui corruttori”.
Il deputato scelto da Iglesias per il ‘governo ombra’ aggiunge che si tratta di una trama di potere oligarchico, da cui derivano altre trame, articolate “dalla transizione ad oggi, sono cambiate le persone, le grandi imprese, il sempre più forte controllo del capitale finanziario sui media, e poi una classe politica che a volte è il PSOE, altre il PP o entrambi nel complesso”.
Il risultato della “trama” di Monereo – e assunto come diagnosi nella nuova fase di Podemos – è un deficit democratico, il controllo della democrazia per evitare la rottura netta col franchismo, perché “ogni volta che una transizione democratica in Spagna inizia, finisce nella restaurazione.”
L’antitesi della trama è il “blocco storico” che si propone di articolare il Podemos uscito da Vistalegre II, insieme ad altre forze come la UI e i movimenti sociali, a differenza della “triplice alleanza” (PP, PSOE e Ciudadanos), e il cui orizzonte passa attraverso un approfondimento democratico e l’apertura di un processo costituzionale in chiave rupturista. Proprio come enunciato da Pablo Iglesias, dopo il congresso, alla presentazione di un saggio di Ruben Juste. Il leader di Podemos ha spiegato “la necessità di creare un significante per comprendere ciò che sta accadendo”, la trama, come sinonimo dell’oligarchia tradizionale, ma con connotazioni pure di ‘capitalismo clientelare’.
La diagnosi e la soluzione vanno di pari passo con questo concetto, “molto più potente della casta”, ribadisce Monereo, più efficace del discorso classico podemista del ‘loro’ contro ‘noi’, quelli sopra e quelli sotto. La differenza è che la “trama” si estende ben oltre la classe politica, includendo la stragrande maggioranza dei poteri. La sua intenzione è anche molto più dirompente, “rupturista”, in linea con la nuova fase che affronta il partito. Le sue connotazioni sono più simili a quelli del famoso slogan del movimento Occupy Wall Street: “Noi siamo il 99%”.
Per Iglesias, questa “trama” è al suo “epilogo”, un epilogo prolungato, cominciato a scrivere con il 15-M e continuato Podemos. “C’è un complotto, una trama corrotta, che, attraverso meccanismi legali e non legali, è stato in grado di mantenere il potere in questi ultimi anni, ed è riuscita a mantenere le posizioni chiave del potere, ma allo stesso tempo è in crisi. Mai prima d’ora c’è stata una sfida politica e sociale per l’egemonia di quella trama”, ha affermato il leader del Podemos. Il cambiamento è inevitabile e la lotta sarà più nelle strade che nelle istituzioni.
CHECCHINO ANTONINI
foto tratta da Wikimedia Commons