Ammesso, e non concesso, che abbia ragione Raffaele Fitto, ministro al Sacro Graal dell’economia italiana – il «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr) – qualcuno al governo dovrà pur ammettere che annunciare una specie di partita di giro da 15,9 miliardi di euro dal Pnrr a un altro misterioso fondo chiamato «RepowerEU» non è stata una grande trovata politica.
L’annuncio del governo non è stato tempestivo, considerata l’attualità. Mentre si moltiplicano i disastri climatici su territori alluvionati, desertificati e incendiati, spostare altrove i soldi contro il dissesto idrogeologico non è opportuno. Anche perché da giorni opposizioni e media dominanti stanno dicendo che le opere sono state «definanziate».
Qui invece all’orizzonte c’è un altro problema da pochi considerato: non è che i soldi in questione sono difficilmente impiegabili?. Perché non ci sono i tempi, le capacità, o il Pnrr è stato costruito in maniera sbagliata? In fondo, ad oggi, qualsiasi deduzione è lecita. Esiste un fondo di irrazionalità burocratica che non permette al Piano dei piani che salverà l’Italia di spiegare come, se e quando riuscirà nell’impresa. L’espressione affaticata di Fitto ieri era programmatica.
Le rassicurazioni di Fitto sono state sibilline. «I progetti non sono stati definanziati, tutto va avanti» ha detto. E le risorse stralciate saranno «coperte con altri fondi». Sarà senz’altro così. Il ministro delegato conosce le sue complicate carte. Per un governo che si vuole in accordo con la Commissione Europea, lo ha ribadito Fitto, non può permettersi di incassare un rapporto come quello del Centro Studi alla Camera che proprio ieri, mentre andava in scena il rodeo delle comunicazioni del ministro davanti a un’aula imbizzarrita.
Il Centro studi della Camera ha avanzato dubbi sullo stato delle coperture finanziarie assicurate da Fitto. Il rapporto del governo sulle modifiche al Pnrr (114), da inviare a Bruxelles entro fine agosto e da discutere in «due o tre mesi» non specifica quali saranno gli strumenti e le modalità attraverso le quali sarà garantita la continuità delle opere finanziate dai 15,9 miliardi di euro del Pnrr. Quelli dislocati altrove perché non attuabili nei tempi prestabiliti.
«La determinazione di tali strumenti e modalità – ha sostenuto il Centro Studi – appare opportuna soprattutto con riguardo ai progetti che si trovano in stadio più avanzato, in ragione dei rischi di rallentamenti o incertezze attuative che potrebbero conseguire al mutamento del regime giuridico e finanziario e del sistema di rendicontazione cui tali misure sarebbero sottoposte».
Tale determinazione, si legge nel dossier, «appare fondamentale al fine di verificare che le fonti alternative di finanziamento dispongano di una adeguata dotazione di competenza e di cassa nell’ambito del bilancio dello Stato».
Ammesso, e non concesso, che non c’è «alcun taglio ai finanziamenti» (sostiene Fitto) la domanda è: dove sono le coperture dei fondi rimodulati per le opere che, in alcuni casi, sarebbero già partite? E, se esistono, forse in quelli per la coesione sociale, perché creare un simile caos, invece di risolvere il problema prima che aggiunga oscurità a oscurità?
I più colpiti, per ora, sembrano i comuni. Il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro non si dà pace. «Il Pnrr è già stato stabilito – ha detto ieri – Sono risorse che sono state già distribuite ai soggetti attuatori che sono ministeri, agenzie dello Stato e comuni. Anche qui, ci sono stati tolti 13 miliardi di euro su 16 e ancora non capiamo perché».
«Un mese fa – ha ricordato – abbiamo fatto vedere a tutti gli esponenti del governo che i comuni sono l’unico soggetto attuatore che sta spendendo le risorse. Per fare l’esempio degli asili nido: abbiamo impegnato risorse per il 92,4% dell’ammontare complessivo perché entro la fine di giugno abbiamo fatto le gare. Oggi quelle risorse vengono tolte e saranno sostituite non abbiamo ancora capito come e quando».
Fitto ha detto di avere rassicurato il suo corregionale pugliese. Ma non ha pensato al presidente della regine Veneto Luca Zaia che ha spiegato il problema del Pnrr, ignorato da maggioranza e opposizione: «Siamo preoccupati. Non si fa più credito a nessuno – ha detto – Abbiamo amministrazioni che hanno messo nero su bianco progetti che non vedranno mai la luce o che arriveranno troppo tardi rispetto ai termini europei. E a causa di questo poi il conto lo paghiamo tutti».
La «quarta rata» da 16,5 miliardi di euro, con i 500 per gli «studentati», passerà, ha detto Fitto. Arriveranno 35 miliardi complessivi. Resta da capire se, come e quando saranno spesi. E per quale idea di società. Sulle velleità del «progettese» neoliberale la politica italiana si muove nel buio fitto.
ROBERTO CICCARELLI
foto: screenshot tv