Sembra già tanto che nell’incontro di ieri tra Campo progressista, Mdp e governo si sia parlato di sanità. La sanità, ha detto Pisapia, è tra le priorità politiche insieme all’occupazione, alle tutele di chi lavora, all’ambiente, alla sicurezza del territorio. Per cui Pisapia ha chiesto a Gentiloni «investimenti per la sanità» che però attenzione non vuol dire veramente investimenti cioè soldi per costruire servizi, assumere personale, garantire le tutele di diritto, ma più esattamente l’abolizione del super ticket di 10 euro sulla ricetta. Cioè il governo deve trovare circa 1 miliardo per rendere possibile la sua abolizione.
Non saremmo noi a svalutare il significato politico di questa richiesta della quale non sottovalutiamo gli effetti di iniquità sull’accesso alle cure da parte delle persone con redditi bassi, ma rispetto ai tragici problemi della sanità, sembra esattamente quello che Pisapia dice di non volere, cioè una «mancia elettorale».
Nonostante il Pil sia cresciuto nel 2017 dell’1,5% il governo prevede di continuare con la sua linea di progressivo de-finanziamento della sanità. Il 6,5% di spesa sanitaria nel 2018, il 6,4% nel 2019, e ancora diminuita nel 2020 portandola al 6,3%. L’Oms per la Sanità ha fissato la soglia di investimento pubblico degli Stati al 6,5% come limite al di sotto del quale è certo che si impedisce alla gente l’accessibilità ai servizi sanitari. Il combinato disposto tra la nota di aggiornamento al Def e il Decreto del 5 giugno, che taglia di 423 milioni di euro il Fondo Sanitario Nazionale 2017 e di 604 milioni il Fsn 2018, infligge un colpo pesantissimo al nostro Ssn.
Il definanziamento del pubblico è funzionale alla privatizzazione della sanità cioè è la misura che finanzia la defiscalizzazione totale delle mutue, dei fondi integrativi, delle assicurazioni. Il welfare aziendale incentivato pesantemente dal governo significa la fine dell’universalismo e il ritorno ai sistemi di tutela basati sul reddito e non più sui diritti.
Si muore nei pronto soccorso perché sono stati tagliati in modo scriteriato decine di migliaia di posti letto. I consultori stanno morendo. Il disagio mentale cresce come fosse una epidemia mentre i servizi che servono per farvi fronte sono finanziati meno della metà del loro fabbisogno. Se non cambia la musica le proposte avanzate di recente sul rilancio della salute mentale proprio da Mdp saranno come acqua sul marmo. Così come i dipartimenti per la prevenzione primaria delle malattie non hanno più occhi per piangere e le professioni di cura non sono più in condizione di fare il loro dovere. La qualità delle cure continua a scendere, i medici sono trattati e usati come robot senza scienza e coscienza, gli infermieri frodati delle conquiste professionali.
Mezza Italia non ha gli stessi diritti dell’altra mezza Italia costretta a vendere i suoi malati al nord, nuovo mercato per stare nella parità di bilancio. Se oggi le persone aggrediscono i medici non è a causa del ticket ma è perché sono esasperati da una sanità pubblica che li respinge sempre di più.
Di fronte a questo sommario elenco Pisapia e Mdp chiedono a Gentiloni la mancia elettorale di 1 miliardo. Dimenticando l’articolo 32 della Costituzione, smarrendo il senso delle riforme, della non negoziabilità dei diritti, il senso profondo del bene comune.
Una sinistra progressista per prima cosa dovrebbe chiedere al governo di revocare le politiche di definanziamento, quindi di riaffermare le ragioni dell’universalismo di cui parla Bersani e, nello stesso tempo, definire una nuova idea di sostenibilità economica quindi un progetto di lotta alle tante diseconomie e antieconomie del sistema, per governare ma con un più avanzato pensiero riformatore, la crescita della spesa in modo da render possibile la tutela del diritto alla salute con l’economia.
IVAN CAVICCHI
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