La prima mobilitazione strutturata contro il governo Meloni parte dagli studenti e dai ricercatori. Ieri in 150 mila hanno manifestato in 80 piazze italiane per presentare la propria proposta politica sulla scuola basata su 5 pilastri e, di fatto, hanno costruito il primo tentativo di rete di opposizione al governo di destra.
Alla giornata di mobilitazione indetta da Rete degli Studenti Medi, Unione degli Universitari e Link hanno aderito, tra gli altri, Cgil, Libera, Fiom, Legambiente, Non una di Meno, partendo dal riconoscimento del ruolo centrale dell’istruzione nella riduzione delle disuguaglianze.
«Ci sentiamo avanguardia nella lotta in questo momento perché sono anni che scendiamo in piazza per scongiurare lo smantellamento della scuola pubblica. Nessun partito ci ha ascoltato», spiega Bianca Chiesa, coordinatrice Nazionale dell’Unione degli studenti. «Ora l’ideologia camuffata si è esplicitata anche nel nome: è il ministero del merito. Siamo riusciti a creare una rete proprio perché diverse realtà hanno capito che si deve partire dall’istruzione per costruire un ragionamento complessivo sulla società».
La questione del diritto allo studio è centrale nei 5 pilastri programmatici ed è legata a doppio filo al precariato, in particolare della ricerca. «È ormai evidente che gli studi universitari siano un privilegio che sempre meno giovani possono permettersi», dice Virginia Mancarella, coordinatrice di Link, «vogliamo investimenti strutturali per il diritto allo studio e per tutto il comparto universitario, forme di reddito studentesco che permettano emancipazione e possibilità di scegliere indipendentemente dalla propria condizione economica di partenza e politiche per l’abitare».
E poi c’è la questione dei ricercatori: se la riforma del reclutamento prevista all’interno del Pnrr rimanesse invariata, il 2023 potrebbe cominciare lasciando senza lavoro 5 mila assegnisti su 15 mila. «Il governo ha iniziato in modo arrogante il suo operato.
Questa storia del merito è una provocazione che noi ricercatori precari sentiamo forte, è il paradigma per svilire e privatizzare ulteriormente il lavoro», spiega Davide Filippi di ReStrike, coordinamento di ricercatori precari che oggi a Roma si è distaccato dal corteo principale per occupare simbolicamente il ministero dell’Università.
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LUCIANO CIMINO
Foto di Stanley Morales da Pexels