“A” come antifascismo
Per la serie: “Vedete soltanto i violenti neofascisti a Roma ma non vedete quelli della sinistra a Milano“, va in onda il primo episodio: “Il karma degli adoratori della fiamma tricolore“. Capitano tutte a loro in questi giorni: rigurgiti neofascisti che devastano la capitale, inchieste giornalistiche che sconquassano dalle fondamenta le certezze di due improbabili presidenti del consiglio…
Ma un po’ se le cercano anche, perché in mezzo a tutto questo guazzabuglio non vai in Spagna a ritmare il tormentone «…sono una donna, sono una madre, sono cristiana…», siglando un patto con i neofranchisti ex falangisti ed ex popolari, razzisti e xenofobi, omofobi e ultracattolici. Un palco già programmato, è la risposta. Come programmata è la sempre più stretta alleanza tra i sovranisti italiani e l’estrema destra ungherese, polacca, francese e tedesca.
Quindi l’antifascismo è necessario. E’ un po’ il convitato di pietra di tanti dibattiti televisivi e manifestazioni: lo invocano però soltanto coloro che ne sentono la mancanza. Fratelli italiani e leghisti ne fanno a meno, circumnavigano intorno al continente democratico, lo costeggiano ma non lasciano il grande mare che li unisce, senza alcuna soluzione di continuità, al nero passato missino extracostituzionale, fuori da qualunque patto civile e sociale, protagonista dei peggiori angoli bui della nostra vita democratica e repubblicana.
“D” come dittatura sanitaria
Per la serie: “Io non voglio fare la fine degli ebrei sotto il nazismo, il Green pass è come la stella gialla“, i campioni della difesa della democrazia e della libertà sono i neofascisti che non hanno capito cos’era veramente il fascismo e neppure il nazismo. Per essere chiari: a nessuno sarebbe stato consentito di manifestare, di assaltare sedi del PNF o del NSDAP o di arrivare sotto Palazzo Venezia o la Cancelleria di Hitler. A nessuno sarebbe stato permesso di obiettare la benché minima disapprovazione o critica.
L’Italia è una democrazia parlamentare, imperfetta, logora, esausta da decenni di egemonia del privato sul pubblico, frustrata da una popolazione che, seppure sia una minoranza, si rifiuta di riconoscere i valori dell’antifascismo, perché legge poco, studia meno e impara ancora meno. Una decina di milioni di italiani (forse anche qualcuno in più…) preferisce galleggiare intellettivamente alla superficie dei problemi e non comprenderne la ragione intrinseca e molto più profonda che langue nella società.
L’Italia è un paese liberale a governo liberista, ma non è una dittatura e tanto meno sanitaria. Che cosa vuol dire, poi, questa locuzione? Chi se l’è inventata? Meriterebbe di assurgere all’onore delle cronache per avere un premio: è diventata così inflazionata e virale da entrare nella parlata comune quando si tratta di depensare, di spegnere la luce dell’intelligenza critica e scegliere di esprimersi senza troppo sforzo di cellule grigie.
Quando non sai cosa dire, invece del “Supercalifragilistichespiralidoso” di Mary Poppins, adesso puoi dire: «Dittatura sanitaria!», e farai una bella figura nelle manifestazioni No mask (ah già… scusate, quelle sono ormai superate…), No vax e No Pass.
“E” come effetti collaterali
Per la serie: “Tra pochi anni, voi che avete fatto il vaccino morirete tutti“, si aspetta il seguito della prima serie che narra dell’inoculazione del vaccino a quasi 50 milioni di italiani e a centinaia e centinaia di milioni di persone nel mondo. Senza anticipare nulla, possiamo dirvi che moriranno in molti: di sicuro quelli che oggi hanno 90 anni. Forse anche molti di mezza età. Non c’entreranno nulla le malattie cardiovascolari, il diabete, i tumori, gli infarti, gli ictus, gli incidenti stradali, le morti sul lavoro…
Anche per l’assassinio delle donne si troverà una scappatoia nella sceneggiatura. Saranno, spiegabilmente alcune volte, misteriosamente inspiegabili altre, tutte morti per gli effetti collaterali a rilascio prolungato del vaccino. Le lotte contro i brevetti miliardari delle multinazionali del farmaco, intanto, rimarranno una intelligente intuizione anticapitalista di un piccolo gruppo, mentre davanti allo schermo scorreranno le immagini della seconda stagione della serie…
“L” come lavoratori
Per la serie: “Io sto bene, non fumo e non sono malato, quindi non mi faccio iniettare nulla“, con sottotitolo: “La stupidità è veramente il peggiore dei mali“, vanno in giro a rilasciare interviste lavoratori del porto di Trieste che sostengono di voler difendere il Paese da una dittatura, chiedendo al governo il ritiro della norma sul Green pass su tutto il territorio della Repubblica.
Non può esistere il dogma dei “lavoratori da difendere sempre” perché sono tali. Se fosse stato e fosse tutt’ora così, i luddisti avrebbero dovuto prendere il posto nella storia della grande prova di governo operaio della Comune di Parigi e Marx essere relegato al ruolo di saccente alfabetizzatore di élite industriali, mentre Weston, Bakunin, lo stesso Ludd e magari pure Bauer sarebbero potuti passare alla storia come i veri alfieri del proletariato industriale e del mondo contadino. Per fortuna è andata diversamente.
“L” come libertà
Per la serie: “Resistenza! Resistenza!” urlato da pluripregiudicati neofascisti in piazza del Popolo a Roma, una delle vittime privilegiate delle manifestazioni contro il Green pass è proprio la presuntuosa (e pretestuosa) simmetria tra detto e fatto, tra detto e pensato, tra detto e riferito al passato. Giusto qualcosina non ha funzionato e non sta funzionando se la anche comprensibile trasversalità di tematiche scientifiche che investono il piano politico e sociale sfocia nel coro unanime, seppure in piazze distinte, tra sindacati di base e neofascisti che urlano e scrivono sui volantini: “Ora e sempre Resistenza!“.
La variante fascista evita lo slogan, per l’appunto, antifascista: una sottile differenza che va invece rimarcata. Il quadro è inquietante e altamente destabilizzante: forzanovisti accalorati, giornalisti acclaratamente di destra che li imitano invocando una deontologia che viene estesa ad un bislacchissimo metodo storico; la piazza si infervora, ritma “Libertà, libertà!” e applaude chi si permette tutto questo a passi larghi e ben distesi di revisionismo attualistico e passatista.
La “pacificazione nazionale” è inclusa nel pacchetto di confusione generale artatamente profusa per rimescolare nel torbido, per nascondere il livello dello scontro vero: quello sociale, quello tra le classi.
Questo non è il “sovversivismo delle classi dirigenti“. Semmai è l’imbecillismo delle classi subordinate, prive di riferimenti chiari sul sociale, nel politico ed anche nel rapporto col sindacato.
“V” come virus
Per la serie: “Giulio Cesare non è mai esistito e Napoleone l’hanno costretto a diventare imperatore“, continua ad andare in scena il copione della fantasia di complotto secondo cui il Sars Cov 2 sarebbe una invenzione, un patogeno tanto reale quanto i vestiti nuovi di un fiabesco sovrano. Insomma, niente virus, niente pandemia, allucinazione globale per miliardi di persone eterodirette dal “mainstream“, dalla satanica coalizione formata dai padroni del mondo.
Ci si rende conto che questa cosiddetta narrazione decostruisce la vera critica sociale nei confronti del sistema capitalistico e tutte le implicazioni che la pandemia ha comportato relativamente ai ceti sociali più deboli e indifesi davanti agli adeguamenti del mercato su scala globale?
Se siete riusciti ad arrivare fino in fondo, potete ringraziare la vostra ironia e la voglia, forse, di pensare senza impensierirsi. Almeno per qualche istante. Prima della grande manifestazione della CGIL a Roma. Per difendere le lavoratrici e i lavoratori, i loro sindacati e quella imperfetta (ma perfettibile) democrazia che, nonostante tutto, è un argine agli istinti più retrivi e oscurantisti accompagnati alla brutalità di un liberismo spietato.
MARCO SFERINI
15 ottobre 2021
foto: screenshot