Forse qualcosa si è mosso. Timidamente, probabilmente non con le proporzioni auspicate, ma qualcosa si è mosso davvero. Dopo 6 anni di continue e brucianti sconfitte elettorali e politiche, la sinistra italiana riesce a superare uno sbarramento (peraltro in odore di incostituzionalità) e ad eleggere dei rappresentanti, direzione Strasburgo.
Da quel famoso aprile 2008, quando “il cielo ci cadde sulla testa” e La Sinistra e l’Arcobaleno rimase sorprendentemente esclusa da Montecitorio, niente sembrava in grado di poter impedire il continuo declino nel quale si era inserita la sinistra del bel Paese.
L’altra Europa con Tsipras esce dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo con un 4,03% di consensi: un milione e centomila persone che hanno scelto la lista costruita con tutta una serie di problemi innegabili e fisiologici appena 5 mesi fa, quando al governo del Paese sedeva ancora Enrico Letta.
Sembra un’eternità, eppure in queste venti e più settimane sono accadute cose determinanti. La defenestrazione di Letta, episodio che probabilmente non ha eguali nella politica italiana, nemmeno nella cinquantennale storia della Democrazia Cristiana (dove il tradimento e il farsi le scarpe erano all’ordine del giorno), è solo l’incipit formale dell’avvento del partito personale anche in quello che ufficialmente è il centrosinistra.
Matteo Renzi, l’homo novus come lo hanno definito molti in queste ultime ore sull’onda lunga del successo riportato in questa tornata elettorale, si appresta a portare avanti la sua agenda governativa e riformista che di sinistra non ha assolutamente nulla, e non lo si scopre certo ora.
Dal mancato taglio all’acquisto degli F35 all’approvazione del Job Act, dall’abolizione del Senato elettivo all’accordo di massima raggiunto con Berlusconi sulla modifica della legge elettorale tra le proteste generali della base del proprio partito. Niente di sinistra, nemmeno una benché minima lontana visione, eppure Renzi ha proseguito per la sua strada, travolgendo tutto e tutti.
Appare evidente come l’ex sindaco di Firenze rappresenti gli interessi delle grosse elité bancarie e finanziarie dell’occidente, le stesse che hanno iniziato il loro lavoro di destrutturazione dell’Italia con Mario Monti prima ed Enrico Letta poi, tutti sostenuti e protetti dal deus ex machina dell’intera vicenda, Giorgio Napolitano.
Pezzi importanti della “base democratica” continuano, nell’immaginario collettivo, a vedere nel partito un’organizzazione politica di sinistra (guidata da un quarantenne rampante di cultura neodemocristiana che si ispira a Tony Blair), idealmente ancora legata al defunto PCI ma che in realtà ha effettuato profonde cesure con il passato e con il mondo della sinistra in generale, non solo con quella del Novecento.
L’ultima dimostrazione, ammesso che non sia l’ennesimo spettacolino montato ad arte, viene dallo scontro tra Renzi e la Cgil. In definitiva il nuovo che avanza, ma che al tempo stesso si lascia dietro anche gli ultimi rimasugli di quello che sinistra c’era ancora nel PD.
Il successo elettorale raggiunto dai democratici, con percentuali che non si vedevano dagli anni ruggenti della vecchia DC (!), è dovuto non solo alla impressionante astensione raggiunta, ma anche alla forte discesa del movimento di Grillo, che negli ultimi mesi aveva alzato i toni della polemica senza poi esserne ripagato: della serie, urlare continuamente non risolve poi il problema della mancanza di lavoro o il continuo smantellamento dello Stato sociale.
Il Movimento 5 Stelle arretra dovunque, colpito (e affondato in certe zone) proprio da colui che ha ereditato dal Cavaliere nero di Arcore la capacità di fare spettacolo senza insultare nessuno, parlando del nulla e facendo credere allo stesso tempo di aver dato grandi soluzioni per tutte le questioni irrisolte nel Paese.
Renzi ha doppiato i grillini proprio perché ha avuto la furbizia di scendere nel loro campo, ossia il vuoto più assoluto (e qualche inganno, come gli 80 euro in busta paga promessi prima delle elezioni e che andranno a discapito dei servizi pubblici e sociali). È bastato mettere all’asta due auto blu e tentare una riforma terrificante del Senato per riportare alla base alcuni ex votanti che avevano abbracciato la causa grillina, i liberali centristi di Monti e anche molti ex voti di della destra berlusconiana.
Il crollo di Forza Italia non può essere imputato solo alla scissione del Nuovo Centro Destra di Alfano, né tanto meno indotta alle scuse sulla condanna ai servizi sociali, ma bensì all’astensione e al fatto che “per vincere bisogna prendere anche i voti del centrodestra”, Renzi dixit. Per Berlusconi è forse iniziata “la caduta degli dei” di Forza Italia, mentre Grillo avrà modo di tornare alla carica cercando di sfruttare il malcontento diffuso verso un sistema che, oggettivamente, appare assai corrotto e decadente.
A sinistra del PD si è creata una lista elettorale e politica attorno alla figura del leader greco Alexis Tsipras, che nel suo paese, distrutto dalle ricette della Troika, è riuscito ad unire una sinistra storicamente litigiosa e farla diventare il primo partito del paese ellenico. Un risultato importante, frutto del grande sforzo compiuto attraverso il ritorno nelle piazze e tra la gente. Un risultato ottenuto nonostante il totale e vergognoso oscuramento mediatico.
Il raggiungimento della soglia di sbarramento, ottenuta per poche decine di migliaia di voti, non può di per sé essere considerata una grande vittoria politica, il messaggio è arrivato solo in parte e quasi distorto alla popolazione. Tuttavia esso rappresenta un avvenimento importante non solo perché consente alle forze politiche organizzate di avere una boccata di ossigeno, ma perché è anche una vera vittoria morale, ottenuta in un contesto difficilissimo.
Essa deve essere considerata come l’inizio di un processo che porti alla nascita di un soggetto unitario delle varie forze della sinistra italiana. Il voto indica che nell’attuale contesto politico italiano, la sinistra deve cercare nel limite del possibile di presentarsi unita e provare a crescere. Senza la lista i singoli partiti non avrebbero ottenuto nessuna rappresentanza, e ciò non avrebbe fatto altro che avvitare su se stessa un’area politica quasi azzerata.
Un passo molto importante in tal senso è stato fatto, e l’Italia riporta nel gruppo del GUE europeo tre membri, superando un muro psicologico che nell’inconscio collettivo si era creato tra i militanti e i votanti. Così stando le cose, indietro sarà difficile tornare e l’impegno comune sarà quello di proseguire il percorso iniziato.
L’obiettivo successivo sarà quello sedersi ad un tavolo e discutere, appianare eventuali divergenze, limare le differenti visioni nell’organizzazione del soggetto politico e trovare i punti necessari per poter costruire un programma comune e condiviso in maniera sincera da tutti, e lasciando andare chi non aspettava altro che il fallimento della proposta politica per correre tra le braccia di Renzi. Sarà necessario trovare il giusto linguaggio comunicativo per dire alle persone le linee guida che la sinistra italiana deve avere, senza per forza finire nelle urla dei caporioni.
E con la speranza di trovare anche tra le nostre mura domestiche una figura che sappia catalizzare su di se gli assensi delle varie anime della sinistra italiana, portando avanti quella che Rodotà ha chiamato una coalizione sociale. Un nome a proposito ci sarebbe, ma forse in questo momento è meglio lasciarlo lavorare nella Fiom, i lavoratori ne hanno urgentemente bisogno.
Unire le due forze partitiche della sinistra che ancora esistono a sinistra del PD e saperle coordinare sapientemente con i movimenti della società civile e le personalità culturali che generosamente ci hanno aiutato in questa campagna elettorale non sarà semplice, ma bisogna insistere. Per non tradire quel popolo ha espresso la sua richiesta di sinistra e rafforzando lo sforzo raggiunto con grande fatica il 25 maggio scorso, in una sera di tarda primavera.
FABRIZIO FERRARO
redazionale
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