Il 28 aprile 1945 Mussolini veniva fucilato in nome del popolo italiano, per aver instaurato una dittatura feroce e sanguinaria per oltre vent’anni; per aver legalizzato il razzismo nel Paese con le leggi del 1938 e aver trascinato l’Italia in guerra non una, ma molte volte: contro la Libia, l’Etiopia, la Spagna repubblicana e, infine, il mondo intero.
Certi passaggi storici sono necessariamente divisivi perché rompono essi stessi, nel momento dell’attualità in cui si svolgono, con il presente e segnano una linea di demarcazione che vuole tracciare nella mente delle persone non solo un confine temporale ma anche morale: si può cambiare grazie alla critica, al dubbio, alla ribellione e all’inosservanza delle leggi ingiuste.
Chi asserisce una sorta di “sacralità” della legge, in realtà proclama un dogma che quanto di più antilegislativo possa esservi nel diritto italiano quanto in quello più antico dei romani, dal quale il nostro deriva e prende ispirazione. Prima della norma viene la coscienza, quindi vengono gli stati sociali di vita dei popoli che hanno diritto alla libertà concretizzata nel migliore dei modi possibili, attraverso tutti i mezzi leciti. Primo fra tutti la resistenza all’oppressione, al tiranno.
Dovremmo celebrare la memoria divisiva e non condivisa, se per “condivisa” si intende un surrogato di storicità dei fatti, un revisionismo latente pronto a colpire la verità dello svolgimento logico e cronologico degli eventi vissuti dal popolo italiano durante la Seconda guerra mondiale e, prima, durante il fascismo.
Non potrà mai esservi condivisione della memoria, perché fascismo e antifascismo non hanno nulla da condividere e così la nostra Repubblica con chi si proclama sovranista, moderna declinazione del neofascismo in chiave antieuropeista e fintamente popolare. Fratelli italioti e ex secessionisti padani potranno anche essere accettati – come lo sono – nel consesso politico nazionale e locale, considerati interlocutori degni di sorta, legittimati dal voto popolare, ma rimangono epigoni, si spera irripetibili, di un passato che vorrebbe tornare in nuove forme, con un nuovo aspetto e con il carattere solito: autoritario, repressivo, totalitario.
(m.s.)
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