Subiamo i colpi di una crisi globale che investe non solo l’economia e la finanza, bensì la totalità dell’ambiente sociale e naturale, distruggendo un immenso patrimonio di forze produttive e di cultura. Mentre nel mondo crescono venti di guerra, si affermano in Europa preoccupanti processi di svuotamento della democrazia. Nel nostro Paese si pratica la retrocessione del lavoro da diritto a pura merce, smantellando così l’intera architettura della Costituzione. L’obiettivo è di abbattere una conquista di portata storica che, ponendo il lavoro a fondamento della Repubblica, ridisegna in termini moderni la questione della libertà e dell’eguaglianza. Al rovesciamento dell’impianto costituzionale, e al conseguente azzeramento della sua visione moderna e innovativa è funzionale la cancellazione della memoria collettiva dei partiti e delle culture che hanno scritto la Costituzione, l’hanno difesa e hanno lottato per applicarla.
Sulla base di quest’analisi schematicamente esposta e prendendo spunto dall’intervento di Luciana Castellina, pubblicato il 19 Luglio dal “Manifesto” (ribadendo la necessità che il quotidiano storico della sinistra comunista contribuisca all’elaborazione di un progetto politico), ritengo indispensabile affrontare alcuni punti fondamentali:
1) La dannazione della memoria del comunismo italiano abbatte uno dei pilastri storico – politici su cui è stata eretta la Repubblica democratica fondata sul lavoro
2) Al contrario, il recupero dei principi della nostra Costituzione, in Italia e in Europa, è lo strumento per guardare avanti, per uscire dalla crisi verso una civiltà più avanzata, in cui la persona che lavora sia il fine e non un mezzo da cui trarre profitto. In questo senso la fondamentale posizione del “NO” nel referendum confermativo, intesa come riferimento di riaggregazione politica.
Mi fermo a questo punto, care compagne e cari compagni, per dirvi che questo non è un testo valido semplicemente per un’associazione di difesa della memoria, ma è un pieno programma politico che deve essere portato, attraverso la formazione di opportuni meccanismi di strutturazione organizzativa, al centro del dibattito e dello scontro politico nell’attualità di questo disastrato “caso italiano”.
Ciò che manca, in tutti i soggetti oggi esistenti, è il necessario grado di autonomia teorica proprio sul piano del riferimento alla storia della sinistra comunista italiana (da Gramsci a Ingrao, al ”Manifesto” di Magri e Rossanda, al sindacato dei consigli) che fu bruscamente interrotta nel seminario di Arco del 1990, dal quale scaturirono ipotesi politiche del tutto inadeguate, come abbiamo visto alle prospettive future.
Sono stati commessi errori fondamentali: il filone PDS-DS-PD ha accettato il meccanismo maggioritario – presidenzialista fino al punto di concludere drammaticamente un processo di vero e proprio snaturamento addirittura “rifondativo” (in senso tragico, dal nostro punto di vista), quello “Rifondazione Comunista” (inclusa SeL) ha confuso l’autonomia del politico con il movimentismo soprattutto in occasione del G8 di Genova che ha rappresentato il vero punto di chiusura della spinta propulsiva del partito della Rifondazione Comunista e (con l’inopinata scelta di governo) aperto la strada alle successive scissioni.
Tutto questo non c’entra nulla con il centrosinistra, prospettiva politica ormai scomparsa dal panorama politico italiano.
Fino a questo “triste solitario y final”.
Una riflessione “vera” su questi punti dovrebbe consentirci di avviare finalmente una costituente della sinistra italiana che, ovviamente, non dovrà vedere impegnati semplicemente i militanti dei vecchi partiti, ma allargandosi provocando un’effettiva riflessione di fondo. Senza preoccuparsi del movimento 5 stelle che non può, per ragioni di composizione del proprio quadro politico e di natura del soggetto, esercitare – nella direzione che ho cercato di indicare – alcuna egemonia essendo destinato a trasformarsi in un soggetto “centrista”.
Il tutto presto verrà a galla con chiarezza, anche con effetti positivi sul quadro politico, ma che non riguarderanno l’eventuale costituente della sinistra che avrà un altro spazio e neppure troppo minoritario, anche se all’inizio ovviamente ci sarà da penare.
Sono perfettamente conscio di correre il rischio di non ricevere alcuna risposta a queste poche righe.
Sinceramente non so se l’assemblea di domenica scorsa abbia rappresentato un passo avanti: resto convinto valga la pena tentare.
FRANCO ASTENGO
foto tratta da Pixabay