La navigazione non sarà facile, il non smagliante risultato siciliano riporta tutti con i piedi per terra, ma le sinistre sciolgono le vele. E partono verso una lista «unitaria». Se sarà anche «unica» si vedrà.
IERI MDP HA RIUNITO la sua direzione e ha lanciato nuovi affondi contro Renzi. Bersani invita a dire «un bel no all’arroganza» del suo ex segretario, e si incarica di rispondere alle vaghe offerte di alleanza di Dario Franceschini: «Se ci vengono attorno con dei tatticismi perdono tempo perché gli elettori non ci seguirebbero. Il Pd è in condizione di chiudere una fase nei contenuti?». La domanda è retorica, il Pd non ha intenzione – né possibilità – di cambiare linea. Quindi, nonostante i boatos da Transatlantico, la strada per le alleanze è sbarrata. Peraltro nel Pd i frondisti antirenzi lanciano proposte irricevibili da questa parte. Come la premiership futura di Gentiloni, a cui Mdp sta per votare contro sulla manovra. O quella del ministro Minniti, contestato e detestato dopo la vicenda Ong e i patti con la Libia sui migranti. Nel pomeriggio alla camera Lorenzo Guerini (Pd) sonda Nico Stumpo (Mdp). La risposta che riceve: «Non è neanche questione di nomi, tu ci vedi a fare una campagna elettorale con lo slogan ’abbasso le tasse’?».
MA IL SEGNALE DELLA PARTENZA della lista è il documento che vede la luce dopo mesi di buio delle stanze chiuse. Una tela di Penelope, più volte in procinto di essere lanciato sin dal lontano primo luglio (giorno della malnata creatura politica con Pisapia, Insieme). Stavolta il testo è parto delle quattro forze che si sono sedute a un tavolo di via Zanardelli, concordando riga per riga. Guglielmo Epifani a nome di Mdp, Giovanni Paglia per Sinistra italiana, il costituzionalista Andrea Pertici per Possibile, lo storico dell’arte Tomaso Montanari per i civici del Brancaccio. Diecimila battute, alcune questioni di principio e di programma: ispirazione alla Costituzione, ambientalismo e economia circolare, la centralità del lavoro e l’obiettivo della piena occupazione (ovviamente la cancellazione del jobs act), investimenti pubblici, sud, diritti civili (ius soli e testamento biologico), pari dignità delle donne.
LA NOTIZIA STA IN FONDO: «Ci impegniamo a costruire una lista comune alle prossime politiche: una lista che appartenga a tutte e tutti quelli che vorranno partecipare, insieme e nessuno escluso, e che si riconoscano nelle proposte e valori del nostro programma». Invito a: «Tutte le esperienze del civismo, a chi lavora quotidianamente nell’associazionismo, alle forze organizzate del mondo del lavoro, ma soprattutto a tutte le donne e gli uomini trascinati in basso dalla crisi, che hanno bisogno di una politica diversa per risollevarsi; ai tanti portatori di competenze che non trovano occasione per metterla in pratica, a coloro che ce l’hanno fatta ma non si rassegnano a una condizione diversa di tanti».
MDP E SINISTRA ITALIANA, come già anticipato dal manifesto, procederanno con assemblee in parallelo per l’approvazione del testo. Per gli ex Pd la road map è annunciata da Roberto Speranza: «Dal 9 al 18 novembre le assemblee provinciali, il 19 l’assemblea nazionale a Roma. L’ultimo weekend di novembre un momento di partecipazione democratica dal basso, unitaria, e poi a dicembre una fase, un momento comiziale, di tutte le forze politiche della sinistra in una lista unita. Lì ci sarà la prova del nove». Cioè il sì finale alla lista. Per Si è il segretario Nicola Fratoianni a dare i tempi: assemblee territoriali e assemblea nazionale, sempre il 19 sempre a Roma. Civati ha sbrigato le pratiche interne un mese fa e deve solo riaggiornare il suo sì.
Fin qui tutto liscio: il testo è concordato fin nelle virgole. I colpi di scena potrebbero arrivare invece dall’assemblea del Brancaccio.
I CIVICI SI VEDRANNO il giorno prima, il 18 a Roma. E decideranno. Ma si sa già che almeno una componente della loro assemblea, il Prc, non ha intenzione di allearsi con gli ex Pd e già lamenta eccessi di mediazione. Ieri Falcone e Montanari hanno pubblicato sul loro sito un comunicato sul voto siciliano. Con un passaggio a proposito del documento concordato: «È solo il punto di partenza per un percorso che dovrà immediatamente allargarsi a tutte le forze che vorranno condividerlo e migliorarlo (a partire dall’Altra Europa e dal Prc)», che non erano al tavolo, «e che dovrà darsi regole chiare per le decisioni assembleari su programma, leadership e candidature». Insomma, l’assemblea è sovrana. Chi andrà in minoranza che farà?
E POI C’È IL CASO GRASSO, last but not least. Il presidente del senato, leader in pectore, è corteggiatissimo. Ieri Bersani e D’Alema gli hanno rinnovato chiassosamente la stima. «Noi non si tiriamo nessuno per la giacchetta. Cerchiamo una persona che abbia un profilo civico e di sinistra… perciò andrebbe da dio!», ha detto l’ex segretario Pd. Per far capire che Grasso, nonostante l’incontro avuto con Pisapia lunedì, è della partita della lista unitaria. Grasso ieri ha fatto altri incontri, tra gli altri ha visto un esponente di Campo progressista. Il presidente ha le idee chiare: non abbandonerà il suo profilo istituzionale fino alla fine della sessione di bilancio della sua Camera, a occhio fine mese. Per il dopo, c’è chi lo descrive ben attento a non farsi rinchiudere in una ridotta. Escludendo però la possibilità di accordo con il Pd. Ieri, alla presentazione di un libro sulle stragi di mafia, ha usato parole istituzionale che però qualcuno legge come profetiche del suo futuro prossimo: «L’ansia di cambiamento di uomini come Falcone e Borsellino è ciò che oggi ci deve spingere a migliorare questo paese che appare stanco e deluso e a cui dobbiamo ridare speranza e forza».
DANIELA PREZIOSI
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