Il referendum non ci sarà. I voucher non ci saranno più, o se ci saranno l’uso verrà limitato alle famiglie, ma tra le due ipotesi la prima è al momento la più quotata. La decisione di arrendersi pur di evitare la consultazione è stata presa in via definitiva dal gruppo del Pd alla Camera poco prima che scadesse il termine per la presentazione degli emendamenti. L’annuncio è del capogruppo Ettore Rosato: «L’obiettivo è superare il referendum perché riteniamo non utile uno scontro sui temi del lavoro». A tal fine, prosegue Rosato, ci sono solo due strade praticabili: «Definire uno strumento solo per le famiglie o abolire i voucher».
La decisione di evitare a tutti i costi una battaglia che sarebbe comunque costata moltissimo al Pd in termini di consenso, però, la avevano assunta il presidente del consiglio Gentiloni, il ministro Poletti, il presidente della commissione Lavoro Damiano e i capigruppo Rosato e Zanda, nel vertice di martedì sera. La scelta, in quella sede era stata limitare i voucher alle famiglie.
Ieri mattina però il governo si è fermato a riflettere sull’opportunità di esporsi al rischio di una bocciatura da parte della Corte di Cassazione, possibile dal momento che alcune categorie come in particolare le badanti resterebbero penalizzate. Tanto più che in cambio il risultato sarebbe irrilevante visto che, come sottolineava nelle stesse ore il presidente dell’Inps Tito Boeri, l’incidenza dei voucher limitati alle famiglie è vicina allo zero: «Di fatto è come cancellarli, e allora tanto varrebbe farlo del tutto». Parole che a palazzo Chigi e al ministero del Lavoro sono state prese molto sul serio, rimettendo in campo l’ipotesi dell’abrogazione secca.
In entrambi i casi, comunque, la Cgil accetterebbe un testo che segna la piena vittoria del comitato promotore. Susanna Camusso però aveva già messo le mani avanti puntualizzando che la condizione per evitare le urne non può essere una semplice promessa: «La legge deve essere approvata oppure il decreto convertito». Affermazione confermata dopo l’annuncio di Rosato con un tweet del portavoce della segretaria generale Cgil, Massimo Gibelli: «Direzione giusta ma servono leggi approvate». Sulla cancellazione dei voucher ma anche sull’introduzione della responsabilità solidale negli appalti, oggetto del secondo referendum che dovrà a propria volta essere inserito nel decreto.
Prima della svolta del Pd erano arrivati due segnali entrambi minacciosi e che quasi certamente hanno inciso sulla decisione della resa. Guglielmo Epifani, ex segretario Cgil e oggi parlamentare Mdp, aveva fatto capire molto chiaramente che gli scissionisti non avrebbero votato il decreto se avesse consentito l’uso dei voucher alle imprese senza dipendenti: «Noi pensiamo che le imprese non debbano ricorrere ai voucher per una questione di sostanza, ma anche perché sono diventati il simbolo dell’abbassamento delle tutele sul lavoro, l’emblema della precarizzazione». Parole che davano corpo alle due peggiori paure del Pd: una campagna referendaria giocata non solo sui voucher ma sulla chiamata a pronunciarsi sul precariato e quindi sull’intero Jobs Act oppure, in caso di decreto non concordato con la Cgil, il voto contrario degli scissionisti di Mdp al Senato.
Il secondo segnale da allarme rosso lo aveva fatto suonare il capo dei deputati azzurri Renato Brunetta, con una presa di posizione molto decisa contro il quesito referendario e l’annuncio che Forza Italia, se si arriverà al voto il 28 maggio, darà indicazioni per il No o per l’astensione tesa a far mancare il quorum.
Ma una linea così schierata sembra implicare che gli azzurri a palazzo Madama non appoggerebbero un decreto o una legge troppo limitativa. Il governo si troverebbe così stretto tra chi è contro il decreto perché troppo favorevole alla Cgil e chi per il motivo opposto. La retromarcia decisa dal governo e dal Pd è stata presa malissimo dai centristi della maggioranza. «Un decreto siffatto se lo voterà solo il Pd» ha commentato subito il presidente dei deputati di Area popolare Maurizio Lupi.
Mica vero. Lo voterà certamente Mdp, lo voterà Sinistra italiana e lo voterà il Movimento 5 Stelle. «Coglieremo qualsiasi occasione per bloccare la deriva dei voucher, che sia il referendum o che sia una modifica parlamentare», dichiara infatti Luigi Di Maio.
ANDREA COLOMBO
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