Il tempo presente, si sa, è un costante e faticoso esercizio di memoria. Perché la memoria è vita e i tempi cambiano così in fretta che il rischio di perdere pezzi di storia è concreto, concretissimo.
Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, nel suo Antifascisti adesso (Mimesis, 122 pp, 12 euro) ci consegna un agile pamphlet nel quale si dettano le coordinate di quella che anche oggi – soprattutto oggi – è la resistenza: una necessità, un impegno, un modo di stare al mondo. Si parla della guerra, ovviamente, quella di ottant’anni fa e quella di oggi, che si combatte a pezzi. Si parla di come il fascismo, in realtà, non sia mai morto davvero.
Si parla del rovesciamento delle parole e dei fatti che alcune forze politiche oggi tentano di attuare. Si parla di «rivoluzione costituzionale», ovvero della (mancata ma ormai inderogabile) applicazione della Costituzione.
Lo fa col passo del narratore, Pagliarulo, evitando lungaggini e raccontando per filo e per segno come il Movimento Sociale Italiano sia stato tenuto in vita e talvolta addirittura blandito dalla Dc per poi essere sdoganato trent’anni dopo da Silvio Berlusconi, il cui progetto di rivoluzione liberale è fallito (è mai stato davvero possibile?) e ha definitivamente legittimato gli ultimi eredi del Ventennio.
Fratelli d’Italia, in ogni caso, per Pagliarulo non è del tutto assimilabile ad altre realtà neofasciste, anche se «presenta innumerevoli e costanti ambiguità» nel suo giudizio sul regime di Mussolini. Tratti inquietanti che l’autore vede anche nelle altre avventure che siamo soliti definire «sovraniste».
Il tono si fa spesso colto, con citazioni non scontate, su tutte quelle del sociologo britannico Colin Crouch, l’uomo che ormai vent’anni fa ha coniato il termine «postdemocrazia», una specie di premonizione dei tempi che viviamo oggi. Pagliarulo, cresciuto tra la Fiom e il Pci, descrive benissimo come la politica sia stata privatizzata, perdendo gran parte della forza democratica che dovrebbe avere. È da questa porta che si riaffacciano i problemi e le tensioni che nel Novecento hanno portato, almeno in Italia, alla nascita del fascismo.
Il futuro, però, non è necessariamente nero. C’è la Costituzione, dice Pagliarulo, ovvero «l’inveramento di quella prospettiva di Stato i cui canoni giuridici sono esposti nella Carta». Emerge così la necessità di riappropriarsi delle parole «che sono state abrase dalla coscienza collettiva» e ristabilirne il significato là dove è stato stravolto dall’uso improprio che ne è stato fatto.
Nel capitolo finale il presidente dell’Anpi riscopre la sua originaria vocazione di giornalista e ripercorre i fatti degli ultimi mesi, dalla vittoria della destra alle politiche dello scorso settembre in poi.
E lascia qui il suo vero messaggio: la fratellanza «come lievito di una rigenerazione dei rapporti sociali nell’orizzonte di un nuovo umanesimo». In questo modo «si può costruire una grande alleanza con le nuove generazioni, oggi formate da giovani italiani e giovani immigrati che hanno acquisito la cittadinanza o che non l’hanno ancora acquisita».
MARIO DI VITO
foto tratta dalla pagina Facebook nazionale dell’ANPI