Ottobre, il “mese di manovra” di Renzi

Il governo dà segni di instabilità, inizia ad avere l’incertezza sulla propria tenuta politica e, quindi, numerica al Senato della Repubblica, così la conseguenza necessaria per Matteo Renzi è...

Il governo dà segni di instabilità, inizia ad avere l’incertezza sulla propria tenuta politica e, quindi, numerica al Senato della Repubblica, così la conseguenza necessaria per Matteo Renzi è lo slittamento del referendum di un mese: non più ottobre ma novembre. Il 6 novembre. E se Palazzo Chigi dovesse scricchiolare ulteriormente e franare nel mezzo del cammin di questa estate, allora si andrebbe al voto probabilmente in quell’ottobre che Renzi vuole tenersi libero come “mese di manovra”.
Un po’ come le “aree di manovra” che spesso si incontrano alla fine delle vie senza uscita: fare retromarcia a volte è difficile se non sei un pilota provetto e allora serve uno spazio per girare l’auto e conquistare la strada senza troppi intoppi, senza affiancarsi alle auto già in sosta, senza quindi fare danne a sé stessi e agli altri.
Peccato che il governo danni ne abbia fatti soprattutto agli altri, agli altri più poveri, agli sbarcatori di lunario per grazia ricevuta, a chi, giovane, pensava di conquistarsi un posto di vivibilità decente in questa società ed invece sopravvive con i mano gli ormai celeberrimi voucher…
E, del resto, il governo danni ne procura anche a sé stesso: le politiche antisociali non avranno mosso grandi masse, anestetizzate da un populismo che intercetta la rabbia e mette a tacere il ragionamento sulle vere cause della crisi economica e del riversamento di questa sulle classi meno abbienti, e quindi a far tremare l’esecutivo sono scandali che investono gli alleati del Partito democratico, la maggioranza incomprensibile di centro-destra-pseudosinistra che si fa garante dell’applicazione del liberismo continentale europeo.
La procrastinazione del referendum ci dice che Renzi teme anche per il risultato di un quesito che lui dava per scontato fosse un plebiscito prima di tutto sulla sua doppia guida politica di presidente del Consiglio e segretario del PD; ma ci dice soprattutto che oggi Renzi teme quel risultato che si assocerebbe alla debacle subita alle amministrative e sarebbe un pessimo biglietto di presentazione elettorale per una eventuale ricerca di un consenso che porti ad un Renzi II a Palazzo Chigi.
In questo momento la fiducia degli italiani nei confronti del governo è molto sotto il 50% e così anche quella raccolta dall’ex sindaco di Firenze. Sperare di recuperare questo svantaggio con un’altra sconfitta (quella referendaria) significherebbe rischiare un “effetto-Torino” piuttosto che la situazione incontrata a Roma.
Non c’è, dunque, più certezza di nulla: sono lontanissimi i tempi di quella grande scalata al 41% che raccolse il Renzi dei primi giorni governativi, quando aveva risalito due vette in un colpo solo e messo da parte quella che, a suo dire, era una classe dirigente vecchia e perdente.
I mercati esigevano ben altro e, dopo i governi tecnici di Monti e Letta, occorreva dare una legittimazione politica a spregiudicate politiche liberiste.
Venne Renzi e la quarta illusione del governo del bengodi (dopo le tre sadomasochiste scelte di maggioranze berlusconiane) si è infranta ben presto davanti alla ferocia della crisi economica e alla necessità di non poterla far pagare ai ricchi e ai padroni, ma scaricarla sulle spalle, sulle tasche e sulle schiene dei lavoratori (jobs act), degli studenti (buona scuola) e del variegato mondo del lavoro precario e della disoccupazione latente, arrivando a nuove forme di sfruttamento del lavoro che nemmeno Berlusconi aveva immaginato con Tremonti.
Quindi, ora, serve tempo: la salvezza e la sicurezza di continuare a governare nel nome della Banca Centrale Europea non c’è. Bisogna in qualche modo dare delle garanzie alle istituzioni monetarie, altrimenti si fa la fine di Berlusconi, di Monti e Letta.
Un mese può bastare? Probabilmente no, ma, si sa, la disperazione fa aggrappare a qualunque timida, piccola, insignificante speranza.

MARCO SFERINI

8 luglio 2016

foto tratta da Pixabay

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