Sono 104 i naufraghi sull’Ocean Viking, la nave gestita dall’ong francese Sos Méditerranée con Medici senza frontiere. In 90 sono stipati sulla più piccola Alan Kurdi, dei volontari tedeschi di Sea Eye. Entrambe le navi sono bloccate tra Linosa e Malta perché, nonostante la nuova maggioranza a Roma e a Bruxelles, i porti restano per lo più chiusi a causa delle ondivaghe decisioni della politica.
Sabato notte i catalani di Open Arms hanno salvato 44 migranti in acque internazionali, domenica hanno ottenuto Malta come porto sicuro: «Erano su una barca di legno che andava a pezzi, stretti uno all’altro, il motore in avaria – ha spiegato l’equipaggio -. La Valletta ha impiegato 24 ore per farsene carico. Le Convenzioni Internazionali vanno rispettate sempre, non solo nella zona Sar di competenza».
Sull’Ocean Viking, invece, comincia oggi l’undicesimo giorno di attesa di uno scalo sicuro. Il 18 ottobre i volontari hanno rifiutato di portare i naufraghi a Tripoli, due giorni dopo hanno chiesto un porto all’Italia e a Malta. Aspettano ancora una risposta. Le onde ieri si erano attenuate ma il rollio sostenuto continua a provocare il mal di mare. A rendere le cose più difficili è arrivata anche la pioggia. «Da quando il tempo è peggiorato con vento forte e temperature più fredde, le condizioni delle persone si sono complicate – racconta Stefanie, medico di bordo -. Almeno la metà dei naufraghi soffre di nausea, mal di testa e vomito, hanno difficoltà a mangiare. Il mal di mare e l’inappetenza li rendono molto deboli, i più piccoli soprattutto».
Il team di MSF ha documentato le condizioni dei migranti: «Hanno ferite causate da acqua bollente o plastica fusa versata sulle braccia, tagli di coltello sulla schiena e le gambe, traumi da percosse. Un uomo ha una ferita sulle labbra, è stato picchiato al volto: lo fanno soprattutto per estorcere denaro alle famiglie mentre sono in detenzione in Libia. Diverse donne e ragazze, ma anche uomini, hanno subito violenze sessuali. Alcune hanno assunto contraccettivi prima di intraprendere il viaggio, sapevano che avrebbero rischiato di essere violentate».
Una ragazza ha raccontato: «Ero con mia sorella e mia madre, siamo scappate per sfuggire alle mutilazioni genitali e ai matrimoni forzati. Mamma ci ha detto che in Europa ci sono leggi che proteggono da tutto questo. Sulla spiaggia in Libia ci ha fatto salire per prime poi è arrivata la polizia e adesso non sappiamo dov’è». Latchanga aveva già provato la traversata: «La Guardia costiera libica ci intercettò alle 11 di mattina. Ci buttarono una fune e noi dovemmo trovare il modo di salire a bordo della motovedetta. Due persone sono finite in mare, annegate. Ci hanno riportato nei centri di detenzione, ci sono rimasto due anni: mi sentivo uno schiavo, lavoravo duro spesso senza essere pagato, il cibo che mi davano mi faceva stare male».
I 104 sono stati salvati a 50 miglia dalla Libia, erano solo una macchia scura nel mare, avvistati dai volontari con il binocolo. Tra loro due donne incinte e 41 minori. I più piccoli hanno due e undici mesi, uno è nato in un centro di detenzione libico. «A un’ampia coalizione di Stati europei chiediamo di facilitare urgentemente l’assegnazione di un porto – spiegano Sos Méd e Msf – e avviare un meccanismo di sbarco prevedibile e coordinato». Louise Guillaumat, vicedirettrice delle operazioni di Sos Méditerranée, aggiunge: «Il vertice dei ministri europei in Lussemburgo a inizio ottobre sembrava aver raggiunto l’accordo su un progetto pilota che coinvolgeva sette Stati. Poco dopo quell’incontro, all’Ocean Viking era stato consentito di sbarcare 176 persone a Taranto entro 26 ore dal soccorso. Ma meno di una settimana dopo, l’Ocean Viking è stata di nuovo lasciata in mare senza un approdo sicuro».
L’Alan Kurdi è nella stessa condizione. Il salvataggio è avvenuto sabato mattina in condizioni molto difficili. Due motoscafi con mitragliette a prua e bandiera libica a poppa hanno circonda i gommoni di salvataggio sparando colpi di avvertimento in aria e in mare, terrorizzando i 92 naufraghi e minacciando l’equipaggio. Da allora un ragazzo è disperso, la sorella ha dato l’allarme. Nessuno sa se sia rimasto in acqua o sia stato preso dai libici. Una donna al quarto mese è stata evacuata, si teme possa aver perso il bambino. Con i volontari di Sea Eye restano in 90, 9 i minori e una donna incinta: domenica notte l’hanno passata sottocoperta, stipati in ogni angolo disponibile perché con il maltempo è pericoloso rimanere sul ponte.
La Commissione europea ieri ha commentato: «Seguiamo con attenzione i casi che riguardano Ocean Viking, Alan Kurdi e Open Arms. Non siamo coinvolti in questi incidenti ma siamo pronti a fornire aiuto, se ci dovesse essere richiesto. Le discussioni sui ricollocamenti proseguiranno nelle prossime settimane».
ADRIANA POLLICE
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