14 comuni capoluogo al ballottaggio: questo l’elemento politico più saliente del secondo turno delle amministrative 2018.
L’attenzione maggiore naturalmente è rivolta alle singole sfide, a quante città conquistate da uno schieramento o l’altro.
E’ il caso però, anche se l’operazione risulta molto difficile , di dare uno sguardo al risultato complessivo cercando anche, se pure in misura parziale, di attribuirgli un significato politico.
Andando per ordine, nei 14 centri capoluogo di provincia (è il caso di ricordare che le province continuano a far parte del nostro ordinamento istituzionale e che è stata soltanto sottratta ad elettrici ed elettori la facoltà di eleggerne direttamente i Consigli) i ballottaggi prevedevano questi confronti:
7 tra candidati del centro – destra versus candidati del PD ( Ancona, Massa, Pisa, Siena, Sondrio, Teramo);1 tra candidato del Pd e candidato del M5S ( Avellino); lo scontro “anomalo” tra Scajola e il centro – destra ad Imperia; 1 tra candidato del centro – destra e M5S (Terni), 3 tra candidati del centro destra e candidati di liste civiche (Messina, Siracusa, Viterbo), 1 tra M5S e Destra (Ragusa).
La prima annotazione riguarda la partecipazione al voto che, nei 14 capoluoghi è risultata superiore a quella della media nazionale, sia pure egualmente in calo rispetto a quella fatta registrare nel primo turno.
Il totale dei voti validi infatti, il 24 giugno, nei 14 comuni capoluogo è stato di 427.246 unità, rispetto ai 517.521 del primo turno (55,42% rispetto al totale degli iscritti nelle liste che era di 770.859). Un calo di 90.276 suffragi.
I candidati passati al ballottaggio avevano ottenuto complessivamente 340.897 voti : quindi sono stati recuperati dei 176.624 voti andati al primo turno ai candidati esclusi 86.349 voti pari al 48,88%: si può quindi confermare la tendenza della maggioranza dei candidati esclusi al primo turno a non partecipare al voto di ballottaggio.
Esaminando i dati complessivi per schieramento:
i candidati del PD ammessi al ballottaggio in 7 comuni al primo turno avevano ottenuto 87.666 voti, saliti al ballottaggio a 107.297 suffragi. Un incremento del 22,71% rispetto al totale dei voti recuperati (che ricordiamo è stato di 86.349). Si comprende come il PD stia pagando il caro prezzo della perdita delle roccheforti toscane, ma il dato complessivo non appare così disdicevole (da notare che nell’insieme dei 14 comuni arrivati al ballottaggio liste di sinistra fuori dal PD avevano ottenuto 30.581 voti).
Il centro – destra, sicuramente affermatosi sul piano del confronto diretto, ha realizzato – tra un turno e l’altro – un incremento minore di quello fatto segnare dal PD: da 171.409 voti a 179.699, un più 8.290 pari al 9.59% de voti recuperati dai candidati esclusi. Naturalmente, in questo caso, non è possibile distinguere tra i voti arrivati dalla Lega e quelli del resto dello schieramento . Ricordo soltanto le proporzioni del pre – ballottaggio riferite però a tutti e 20 i capoluoghi impegnati: Lega 11,22, Forza Italia 8,01, Fratelli d’Italia 8,48%, UDC 1,38% Popolo della Famiglia 0,37, PRI – ALA 0,45, Civiche di centro destra 22,67%.
I candidati del M5S sono stati sconfitti in 2 casi su 3 rispetto ai Comuni qui presi in esame: pur tuttavia la somma dei loro voti ha fatto registrare un discreto incremento rispetto al primo turno, allorquando ottennero 27.470 voti saliti a 40.730 il 24 giugno (una crescita di 13.260 suffragi pari al 15,34% dell’incremento).
Nel computo riguardante le liste civiche è stato sottratto il dato di Scajola ad Imperia, che costituiva sicuramente un caso particolare.
I tre candidati di lista civica hanno ottenuto il massimo incremento tra un turno e l’altro passando da 39.660 voti a 77.892: una crescita di 38.322 suffragi pari al 44,38% dei voti recuperati dall’insieme dei candidati in tutti i comuni capoluogo interessati. Naturalmente mettere questi dati in un unico calderone rappresenta una forzatura: ogni singolo caso andrà esaminato specificatamente a sé.
Da rilevare, infine, il dato di Ragusa, dove un candidato della Destra (non Centro – Destra) ha sconfitto quello del M5S raddoppiando quasi i propri voti da 7.295 a 13.492.
Infine il “caso Scajola”: vittoria avvenuta in “discesa” incrementando tra un turno e l’altro di soli 739 voti, meno della metà dell’incremento del suo diretto concorrente Lanteri ma sufficiente per mantenere un margine di vantaggio e creare sicuramente un “affaire” di natura insieme politica e morale.
Questi i primi dati utili per soddisfare qualche curiosità di carattere politico generale, anche se in occasioni del genere è complicato assegnare particolari valenze in quel senso.
Sarà necessaria anche un’analisi specifica Comune per Comune, magari estesa anche a Comuni non capoluogo: ma per quell’operazione sarà necessario disporre di più tempo.
Intanto si possono affermare almeno tre cose (anche se con beneficio d’inventario):
1) il centro – destra consolida sicuramente le posizioni acquisite e conquista altre città importanti e significative sul piano simbolico, ma l’impressione che forniscono i dati complessivi non è quella di uno sfondamento vero e proprio;
2) sul piano della raccolta dei voti il PD non fa registrare, in questo turno di ballottaggio, una debacle specialmente in raffronto al primo turno. Certo vale il discorso già fatto della perdita di Città- simbolo e di una conseguente drastica cura dimagrante sul piano della gestione del potere, però quanto ai voti come tali l’idea che forniscono i numeri è quella di una tenuta. Quale sarà la linea del Piave del PD dovranno in ogni caso deciderla i suoi dirigenti;
3) il Movimento 5 Stelle uscito malconcio dal primo turno, ha realizzato nei ballottaggi un risultato di sostanziale arresto della caduta. Ai candidati del M5S non è escluso siano arrivati una parte di voti da sinistra. Quella sinistra che, in questa occasione, risultava totalmente assente: e questo è un altro elemento da considerare.
FRANCO ASTENGO
26 giugno 2018
foto tratta da Pixabay