Non solo TV. Intervista a Giancarlo Magalli

La carriera cinematografica del celebre autore e conduttore
Giancarlo Magalli

“Non stop”, “Pronto, Raffaella?”, “Fantastico”, “I fatti vostri”, “Luna Park”, “Domenica In”, sono solo alcuni dei programmi scritti o condotti da Giancarlo Magalli. Ma il celebre volto del piccolo schermo vanta anche una carriera cinematografica. Lo raggiungo telefonicamente e accetta, con grande disponibilità, di raccontarla un po’, cosa che in pieno agosto merita un ringraziamento doppio. “Tanto sono in ferie” mi dice con la consueta ironia.

1. Giancarlo Magalli

Tutto è iniziato grazie a tuo padre Enzo Magalli attivo in molte produzioni di Cinecittà…

Nel cinema ci sono appunto nato e cresciuto, ho cercato di farlo, nonostante mio padre mi dicesse “guarda che si lavora due mesi si e quattro no”. Aveva ragione e, infatti, ad un certo punto quando le difficoltà sono diventate troppe e, nel frattempo era arrivata la televisione, il cinema l’ho un po’ abbandonato, salvo qualche partecipazione come attore.

Hai, tra l’altro, lavorato con Totò in film che oggi chiameremmo “cult” come Totò contro i quattro, I due colonnelli, Totò Diabolicus. Che ricordi hai del “Principe della risata”?

Ricordi belli. Totò lo conoscevo tramite i suoi film, mi piaceva molto, e fu un’emozione vederlo di persona, vederlo lavorare. È poi diventato un Dio per me.

All’epoca quasi non ci vedeva più e si sistemava in un angolo del set, dove gli veniva preparata una poltrona, per stare tranquillo e riparare gli occhi dalla luce. A guidarlo c’era suo cugino Edoardo Clemente che, oltre a fargli da controfigura, gli mostrava scena per scena in che ambiente si doveva muovere, che oggetti c’erano, che ostacoli doveva evitare. Appena finito il ciak, mentre si preparava la scena successiva, Edoardo lo riaccompagnava nel suo spazio dove c’era una sedia da regista, una stufa sempre accesa, perché Totò era molto freddoloso per la gioia dei pompieri, una sigaretta e gli occhiali neri per proteggere gli occhi.

Aveva un carattere molto serio, ma quando si girava era un’altra persona. Pieno di vita, di energia, di improvvisazione. Tutto ancor più notevole considerata la quasi totale cecità. Riusciva a muoversi sul set memorizzando dov’era ogni cosa. Addirittura in Diabolicus gioca a biliardo ricordandosi la posizione delle palle e fa un paio di colpi.

2. Totò Diabolicus

Una capacità di improvvisazione che colpiva anche i suoi compagni, quasi tutte persone che lo conoscevano bene e che avevano già lavorato con lui, come Aldo Fabrizi, Nino Taranto, Luigi Pavese, che scoppiavano a ridere sul set, nonostante anni di esperienza e di amicizia, portando a rifare la scena.

Totò era un grande. Rispettava la sceneggiatura e la storia del film, però la “infiorettava” di improvvisazioni, di facce, di mosse che erano il vero sale del film.

Anche a scuola, oltre a Mario Draghi che era nella tua stessa classe, hai respirato cinema.

Draghi e Montezemolo erano in una scuola precedente, di artisti non ce n’erano, solo gente che ha fatto carriera diventando politico, capo della polizia, finanziere.

Gli artisti erano nella seconda scuola che ho frequentato dopo essere stato cacciato dalla prima. Lì ho conosciuto Dario Argento, Carlo Verdone, Christian e Manuel De Sica. Nessuno era in classe con me, ma ci conoscevamo. Io ero abbastanza “famoso” nella scuola per i casini che combinavo e perché presentavo gli spettacoli…

Ho sentito sul podcast “Tintoria” il racconto sull’imitazione del Preside.

Quella mi salvò la vita perché era così megalomane che gli piaceva questo fatto dell’imitazione. Io pensavo che mi avrebbe odiato e, invece, mi ha amato per questa cosa. Ogni mattina mi fermava e mi diceva “imitami”.

A me piaceva presentare e intrattenere. Un giorno Vittorio De Sica, che mi aveva visto in una di queste rappresentazioni scolastiche, mi chiese di condurre uno spettacolo per presentare il figlio Manuel come musicista alla stampa specializzata. Vittorio De Sica lo chiese a me!? Mi disse “presentalo tu, siete amici, avete la stessa età”. Non so cosa gli portò, ma in qualche modo lo fece conoscere.

Christian, invece, non faceva niente. Era un po’ ciccione, sbruffone che arrivava con la Mercedes e l’autista attirandosi le pernacchie di tutta la scuola. Poi però, quando ha iniziato a lavorare, prima imitando Sordi, poi il padre, infine trovando una sua fisionomia, è diventato il bravo attore che conosciamo. Solo che il padre non ha fatto in tempo a vederlo in quella veste.

Proprio con Christian De Sica hai recitato in Liquirizia di Salvatore Samperi.

3. Liquirizia

Facevamo un po’ noi stessi. Un altro nostro compagno, Giorgio Basile, che era l’aiuto di Samperi, quando Gianfranco Manfredi, l’autore della sceneggiatura, mandò il copione, leggendolo esclamò “ma ‘sti due personaggi sono proprio Magalli e De Sica. Sono uguali” e Samperi chiese chi eravamo, all’epoca non eravamo certo così conosciuti. “Sono due che venivano a scuola con me: uno che faceva gli scherzi, le imitazioni, presentava gli spettacoli; l’altro un po’ pallone gonfiato” precisò Basile. E Samperi ci scelse “se sono così, lo faranno bene il film”. Samperi era un bravo regista e Liquirizia un bel film.

Samperi ha raccontato la sua città, Padova, e la sua scuola. Stefano Ruzzante, il ragazzo con gli occhiali, era un professore dell’Università di Padova, il regista lo conosceva e l’ha voluto nel film, ma non era un’attore. Era un ragazzo di Padova.

La storia è quella di due classi, ultima liceo e ultima ragionieri, con mentalità, abitudini, cultura diverse. Nonché ragazzi diversi tra loro, che si scontrano tutto l’anno con partite di calcio e alla fine si sfidano su un palcoscenico. Ognuno porta quello che gli è più vicino. I ragionieri, che son più progressisti, portano il rock, con Teo Teocoli che fa l’imitazione di Celentano, mentre il liceo classico porta cose noiosissime, stile “Aspettando Godot”, uno spettacolo di mimo. La sfida finisce con il teatro distrutto e una rissa collettiva.

In Liquirizia ci sono anche Barbara Bouchet ed Eros Pagni, barista monco, aggressivo, fascista…

Come no: “Ho lasciato questa mano combattendo in Russia” e in risposta “sai le seghe che si stanno a fa i russi con la mano tua”.

C’era anche Susanna Tamaro nel film, come aiuto regista.

E anche come attrice.

La ragazza che gioca al flipper?

Bravo. Era timidissima. Nessuno di noi è riuscito a scambiarci una parola. Non ne diceva una. Non parlava con nessuno. Stava sempre da una parte. Un personaggio anomalo. Credo fosse alla sua unica apparizione. Nessuno pensava potesse diventare una brava scrittrice.

4. Uccelli d’Italia

Hai recitato anche in altri film. Nella parte di te stesso in Ho vinto la lotteria di Capodanno con Paolo Villaggio e in Uccelli d’Italia degli Squallor che, ammetto, non ho mai visto.

Non ti sei perso niente. Io recito in un episodio che è anche abbastanza divertente. Faccio un radiocronista della RAI che arriva sul luogo dove è in corso una rapina e deve fare la cronaca, ma è bloccato nella macchina e non vede nulla, quindi dal tettino aperto riceve le informazioni da un vecchietto che sta al balcone. Il film comunque era allucinante. Fu solo per l’amicizia che avevo con loro, con Cerruti, con Savio.

Ma ho recitato anche in film di Pingitore, facendo l’animatore in un villaggio turistico, quindi di nuovo un po’ me stesso, poi ho fatto un carabiniere, un sindaco.

Hai fatto anche il doppiatore.

Ho doppiato diversi film. Due della Disney importanti che hanno avuto anche un buon successo. Filottete in Hercules, è il personaggio ancora oggi amato dagli ex ragazzi e bambini se lo ricordano quando mi vedono. Ma non ho fatto solo quello.

Ho avuto pubblici molto diversi, ma fedeli. Ho avuto i giovani che mi hanno sempre seguito nei filmati dei The Pills, in alcuni doppiaggi. O “Tintoria” che citavi prima, la nostra registrazione è arrivata quasi ad un milione di visualizzazioni e la sera che l’abbiamo registrata il teatro era gremito di giovani. Poi ci sono le mamme e le nonne con cui per anni ho parlato attraverso “I fatti vostri”. Pubblici che negli anni si sono scambiati, diversificati, però mi hanno, in genere, sempre voluto bene.

5. Giancarlo Magalli ospite di “Tintoria”

Ti “conosco” da “Pronto Topolino” e so che dal punto di vista della salute va molto meglio, quindi cosa farà Giancarlo Magalli dopo le ferie?

Cercherò di lavorare come ho fatto l’altro anno e due anni fa, perché diciamo questa malattia è guarita da un punto di vista clinico, ma non riesco a farla guarire dal punto di vista lavorativo. Sono “sopravvissuto” sia economicamente che artisticamente andando a fare ospitate. Sono andato dappertutto.

Penso al “GialappaShow”.

Quelli della Gialappa’s sono amici. Mi terrebbero tutte le puntate, ma hanno un cast molto ampio e un budget molto basso. Così come altri amici come Carlo Conti che mi ha voluto ne “I migliori anni”, poi “Domenica In”.

Però l’anno scorso erano i 70 anni della RAI quindi c’era un motivo per chiamarmi, perché di quelli che hanno vissuto quei 70 anni sono praticamente l’unico rimasto insieme a Pippo Baudo, ci siamo sentiti pochi giorni fa, che purtroppo ha i problemi di salute legati all’età, e Renzo Arbore, che entrò in radio come me e Boncompagni a “Bandiera gialla”, dove già lavoravo, per poi fare la grandissima carriera che conosciamo. Ma anche lui si fa vedere poco e ricorda solo le cose che ha fatto come Carlo Verdone.

In questo filone di “raccontatori” mi aggiungo anche io. Sto facendo un libro, non sulla mia vita, ma sulle persone che ho conosciuto facendo questo lavoro. Piccoli ritratti delle persone conosciute tra il cinema e la televisione. Persone che sono Sordi, Totò, Manfredi, Tognazzi, Villaggio. Tutti personaggi importanti di cui ho delle curiosità.

6. Giancarlo Magalli

Ti ringrazio di cuore.

Figurati Marco. Tu hai un nome che mi ricorda cose belle della vita.

Festival di Sanremo?

Lo storico patron del Festival si chiamava Gianni Ravera e io ero l’autore della sua produzione. Faceva quattro grandi cose all’anno che erano Sanremo, Saint-Vincent, Venezia e Campione. Poi Gianni è morto e il suo posto l’ha preso il figlio Marco, appunto Marco Ravera, che era una bravissima persona, ma non aveva le capacità del padre. Poi è morto anche lui… sei rimasto solo tu.

MARCO RAVERA

redazionale


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