Massimo Gandolfini, leader del “Comitato difendiamo i nostri figli”, è il volto presentabile del “Family day”: parla con pacatezza anche se energicamente, si lascia trasportare dalla folla presente al Circo Massimo, la incalza e interagisce di continuo. E’ lui che apre la kermesse neoconservatrice, cattolica ma anche laica. Ci tiene a precisarlo Gandolfini: “Questa non è una piazza contro”, ripete più volte. Peccato che gli slogan che vanno per la maggiore siano ripresi anche su cartelli che sono emblemi della giornata romana del popolo delle famiglie tradizionali. Su questi cartelli c’è scritto: “Sbagliato è sbagliato” e sullo sfondo due coppie stilizzate di due uomini e due donne che si tengono per mano.
Insomma, va bene i diritti civili, ma l’omosessualità è uno sbaglio, un errore, forse ancora giudicata uno “scherzo” della natura.
La tesi ricorrente che anima il “Family day” è questa: i bambini devono nascere e crescere in una famiglia formata da un uomo e da una donna, quindi da un padre e da una madre.
Non ho nessuna obiezione a che questo avvenga: io stesso sono sono nato e cresciuto con due genitori eterosessuali, eppure la natura, e non qualche scherzo della medesima, mi ha portato a provare emozioni speciali per le persone del mio stesso sesso. E’ una colpa? Se lo è, vorrei sapere perché masochisticamente mi macchierei di una colpa che potrei evitare?
E’ una disgrazia? Lo diventa soltanto se una società che ti circonda la rende tale con pregiudizi e limitazioni della tua libertà, della vita quotidiana, in nome di una morale che discende da dio e che la Chiesa cattolica interpreterebbe alla perfezione.
E’ una “innaturalità”? Basterebbe pensare aristotelicamente, con un sillogismo: se tutto ciò che è presente in natura è naturale, e se ogni essere vivente fa parte della natura e della naturalità delle cose, allora ogni essere vivente è naturale. E non può essere altrimenti.
Appurato poi che l’omosessualità non è nemmeno una malattia che si può curare con la psicoanalisi o con autoconvinzioni indotte da chissà quale sacerdote del pensiero eterosessuale ad ogni costo, veniamo al capitolo dei bambini.
Pongo delle domande a cui qualcuno può rispondere argomentando, magari evitando riferimenti biblici, visto che non per tutti la Bibbia è opera di dio.
Due donne o due uomini che si amano e che vogliono vivere nel rispetto proprio dei diritti reciproci e anche di terzi, possono vedere oggi finalmente regolamentati questi rapporti di affetto e parentela che instaurano tra loro?
La risposta che io do a questa domanda è: ovviamente sì, perché il sacrosanto principio del tutto liberale, e quindi non comunista, ateo, agnostico o chissà che altro…, è sempre lo stesso e recita che “la libertà propria termina quando si invade quella altrui”.
Sulla base di questo enunciato, vorrei sapere quali diritti della famiglia e dei bambini vengono minacciati, lesi o tolti dal disegno di Legge della senatrice Cirinnà.
La grande piazza del “Family day” ha ripetuto una enorme inesattezza più volte, facendone una palese mistificazione del tema in argomento: nella legge non esiste nessuna parola che faccia riferimento ad adozioni o genitorialità omosessuale. Si parla di “stepchild adoption” che, per l’ennesima volta, è semplicemente l’ “adozione del figliastro” da parte del coniuge che convive col genitore del ragazzo o della ragazza.
Il tema è tutto qui. Ma l’obiezione è: questa legge apre la strada ai matrimoni omosessuali e alle adozioni omosessuali. Non penso sia così meccanica la cosa, ma se lo fosse, io dico: evviva! E’ l’ora che questo Paese di bigotti e di conservatori, di tradizionalisti opportunisti dell’ultima ora si svegli e comprenda che non c’è “errore” in nessuna costituzione familiare, in nessun nucleo di affetti che si forma e che si lega.
L’errore, caro papa Francesco, è nel considerare la procreazione elemento selettivo di giustizia ed equità da un lato e di ingiustizia e mancanza dall’altro, dal lato di chi, vivendo insieme un affetto, non può procreare per natura data.
Stiamo sempre e solo parlando di fatti naturali, di tangibilità, di evidenze che non dovrebbero avere il bisogno della lente di ingrandimento di nessuna fede, di alcun credo religioso, di alcuna morale derivata da un qualsiasi dio.
Senza dover viaggiare per il mondo intero, basterebbe studiare le culture degli altri continenti, dei molti popoli che abitano questo disgraziato pianeta per comprendere come le abitudini siano una esclusività umana e come invece l’istinto sia una caratteristica universale, di uomini e animali. Persino dei vegetali che sono esseri senzienti tanto quanto noi. Ciascuno percepisce, sente, avverte ciò che lo circonda in modi e tempi differenti.
Sviluppa diverse acquisizioni mentali e risponde a degli stimoli che solo l’uomo, tra tutti gli altri esseri viventi, può mettere in memoria e classificare sulla base del bene e del male a seconda del grado di benessere o di nocività che gli procurano.
Sappiamo dall’origine della specie che proprio la specie va preservata e che si riproduce con l’atto sessuale tra uomo e donna. Sappiamo che l’omosessualità è presente in natura dall’epoca delle epoche e che ha attraversato culture nobilissime come quella greca, quella romana, persino quella egizia.
Ed era vissuta come una ricchezza e non come una vergogna da celare al mondo.
Poi è arrivato il cristianesimo, rivoluzione religiosa, sociale e politica che ha determinato la caduta del più importante impero dell’antichità: si è sostituito ad esso nel dominio morale e temporale. Ha avuto un “Sacro Romano Impero” per mille anni e, alla fine del ‘700, le idee illuministiche hanno aperto la mente umana alla richiesta di una emancipazione culturale e sociale che ha prodotto moti rivoluzionari che hanno scosso la vecchia Europa e il mondo intero.
Tutto questo retaggio storico, religioso e culturale oggi, in Italia, si scaraventa ancora contro dei “peccatori”, contro coloro che non seguirebbero quella “natura delle cose” che la Chiesa identifica con il “disegno divino”.
Se per la scienza non vi è discriminazione alcuna tra i sessi e tra le attrazioni sessuali di chicchessia, proprio perché sono manifestazioni inequivocabili della Natura con la enne maiuscola, per la Chiesa la discriminante è il non seguire la volontà divina della procreazione e il volerla sostituire con una tipologia familiare che la negherebbe e la farebbe scomparire.
Una fobia. Appunto si chiama “omofobia” e si ritrova molto bene nei cartelli che citavo nelle prime righe: “Sbagliato è sbagliato”. L’omosessualità è inconcepibile per quelle persone alle quali è stato insegnato che un gay è poco virile, è una “checca”, un “frocio”, un “finocchio”, un “succhiacazzi” e un “invertito”. Non amo fare l’elenco degli insulti, ma a volte serve a rappresentare le tante modalità di rappresentazione di un essere umano che ama semplicemente un essere umano del suo stesso sesso.
Non esiste altro commento da fare, non c’è nessuna negazione della famiglia “tradizionale” nel concedere a due uomini o a due donne di vivere in parità di diritti e, magari, un domani nel poter adottare dei bambini che altrimenti sarebbero degli orfani.
Forse è venuto il momento che noi laici si insegni ai cattolici a provare davvero amore per il prossimo: ma un amore vero, incondizionato, senza alcun se e senza alcun ma. Non c’è nessun “errore” nel volersi bene e non c’è alcuna minaccia di estinzione per le famiglie formate da eterosessuali, perché il problema non è sessuale, ma è solo moralistico, visto che i ragazzi cresciuti in famiglie omogenitoriali non presentano chissà quale deviazione sessuale, induzione all’imitazione degli istinti dei genitori.
Se così fosse, ripeto una obiezione ovvia ma vera, io, gay, sarei dovuto essere per forza di cose eterosessuale essendo nato da una famiglia “tradizionale”.
Siccome la natura non fa errori e nemmeno dio, visto che è un essere perfetto e incensurabile, se ne conclude che la manifestazione del Circo Massimo è stata uno spreco di tempo, soldi ed energie: non esiste alcuna minaccia per nessun bambino, per nessuna bambina.
Esisteranno solo, accanto a quelle “tradizionali”, altre unioni di persone che vorranno bene ai loro figli tanto quanto gli altri. Forse anche un po’ di più vista la specificità dei casi e il dito puntato di una società bigotta che pensa che vi siano uomini e donne che sono “errori”…
MARCO SFERINI
1° febbraio 2016
foto tratta da Pixabay