Un mio amico ieri, parlando di altre sciagurate vicende dis-umane, mi ha detto che siamo in una fase in cui il degrado morale (non moralisticamente inteso) è tale che occorre non sperare nel socialismo come liberazione dell’umanità dalle sue bassezze, dal sistema del profitto, dello sfruttamento, ma ritornare addirittura indietro, per riafalbetizzarci tutte e tutti.
Lui mi suggeriva genericamente di riproporre magari anche dalle colonne de “la Sinistra quotidiana” la lettura del “Corpus iuris civilis” dell’imperatore Giustiniano. Io ho fatto notare che, indietro per indietro, si poteva anche tornare alle “Leggi delle XII tavole”.
Peggio di come si stava ai tempi della Repubblica romana di aristocratica gestione non si può certo dire di stare. E non è tanto un rimpianto, per l’appunto, di un certo tipo di “morale” che si invoca o si propone, quanto una capacità di interpretare il mondo, di sentirlo parte di noi stessi visto che noi stessi ne facciamo parte.
Invece, ogni giorno la nostra vita è abbruttita da millanta episodi che sono ispirati da una semplice, umanissima stupidità che è frutto di una mancata conoscenza delle non-ragioni per cui viviamo, ci riproduciamo, esistiamo in questo complesso ignoto che si chiama “universo”.
In queste settimane mi è capitato spesso di scrivere oltrepassando la volta celeste, elevando i pensieri oltre le miserie terrene. Senza nessuna pretesa di preghiera verso l’alto dei cieli, verso una povera divinità che, qualora davvero assistesse all’utilizzo del libero arbitrio da parte degli esseri umani, dovrebbe ormai aver preso coscienza del fatto che il libero arbitrio nel 90% dei casi è abuso, è sopraffazione, non è scelta ma imposizione di pochi ad una maggioranza di individui che, degradati da una vita infelice, si gettano o nello sconforto, o nella depressione singolare o nella noia che produce giovani lanciatori di sassi dai cavalcavia, altri che si scattano le foto all’arrivo di un treno in corsa e muoiono aggiungendo non-senso al non-senso della vita medesima, e così via…
Dunque, il proposito di noi comunisti di regalare all’umanità intera una vita felice libera dalla schiavitù del lavoro salariato, del padronato, del regime delle merci e del profitto sembra un progetto così irrealizzabile, feralmente lontano se si mettono insieme tanti fatti di cronaca che ci dicono come dall’organizzazione del lavoro fino a quella familiare, dalla vita del singolo fino a quella sociale, a tutto si pensi tranne che a provare a realizzare le condizioni per la costruzione di una alternativa a tutto ciò. Per costruire la felicità.
Leggo che sto scrivendo proprio nella “Giornata mondiale della felicità”. Mi sembra la peggiore festa che si possa proclamare nel sistema capitalistico e, soprattutto, nella sua fase liberista che produce acefalismi in grande quantità.
Vediamone un esempio: in una trasmissione del sabato pomeriggio su Rai 1 è andata in onda una cartellonistica in cui si mettevano in ordine numerico i “Motivi per scegliere una fidanzata dell’Est”.
Trascriviamo il triste elenco:
“1- Sono tutte mamme, ma dopo aver partorito recuperano un fisico marmoreo;
2- Sono sempre sexy, niente tute né pigiamoni;
3- Perdonano il tradimento;
4- Sono disposte a far comandare il loro uomo;
5- Sono casalinghe perfette e fin da piccole imparano i lavori di casa;
6- Non frignano, non si appiccicano e non mettono il broncio”.”.
L’elenco del “cattura-schermo” si ferma qui. Deo gratias.
I vertici della Radio Televisione Italiana hanno prontamente condannato tutto ciò e fa piacere apprenderlo: dalla presidente della Rai, Monica Maggioni al direttore di Rai, 1 Andrea Fabiano le durissime parole di stigmatizzazione dell’episodio sono un monito di indignazione che è ossigeno a pieni polmoni rispetto alla claustrofobia delle stereotipizzazioni andate in onda.
Per fortuna l’indignazione ci salva, ci protegge e forse farà vergognare chi ha proposto questo “sondaggio”, come chiamarlo… E’ difficile definirlo un “sondaggio”… Diciamo che è una cavolata… Ma nemmeno questo epiteto è corretto, perché una cazzata si fa, si compie, si mette in atto senza quasi accorgersene.
Come si può ideare un cartello televisivo, con queste “caratteristiche” che riguarderebbero poi dei luoghi comuni su un determinato tipo di “etnia” (parola anche questa poco idonea, ma meno impattante rispetto alla falsificazione che creerebbe la parola “razza”) senza accorgersi della banalità indecente di queste frasi intrise di maschilismo?
Davanti a ciò, ogni stereotipo diventa legittimo: la mafosità italiana, la proverbiale durezza tedesca, la gigante forza sessuale dei neri, il perbenismo anglosassone, l’alcolizzazione diffusa dei popoli siberiani e che altro? La sapienza orientale che deriva dal confucianesimo oppure la sensualità delle donne caraibiche. Andiamo avanti?
Di pregiudizi e di cliché è pieno questo mondo che non sa valorizzare le differenze, che le ritiene un danno e che riesce a concepirle solo se ristrette in larghi recinti in cui disporre tutto ciò: se esteso ad un popolo intero, un pregiudizio forse somiglia di più ad un “carattere” del popolo stesso. Invece rimane sempre un pregiudizio.
Perché potranno esistere milioni di cinesi saggi ma vi sarà sempre una nutrita minoranza di non particolarmente saggi… E così per gli italiani: vi possono essere milioni di italiani scriteriati ma ve ne sarà, si spera, sempre almeno un piccolo gruppo, magari un ristrettissimo gruppo di quasi-alieni, di smarriti in questa società del supermercato dei sentimenti, delle emozioni e del carattere singolare prodotto in serie e vendibile a buon peso.
Per fortuna esiste l’indignazione, esiste la coscienza critica che ancora ci salva dal non aver completamente toccato il fondo. Ma ci si può sempre arrivare. E senza nemmeno invocare la “buona volontà”.
MARCO SFERINI
21 marzo 2017
foto tratta da Pixabay
foto nell’articolo: screenshot tratto da You Tube