Morti atroci di operai, schiacciati, divelti, sommersi. Il copione «in appalto» è sempre lo stesso da decenni. Le aziende, anche quelle grandi come Enel, riducono i lavoratori non rimpiazzando quelli che vanno (faticosamente) in pensione. E tagliano fortemente sul costo del lavoro: la voce più grande di questo risparmio è quella sulla manutenzione. Per farla serve personale qualificato, sono lavorazioni complicate e saltuarie. Dunque vengono tutte esternalizzate a ditte in appalto o in sub appalto. Il guadagno – per i grandi – è duplice: riduzione dei costi e deresponsabilizzazione totale degli esiti.

La gran parte delle ditte in appalto che effettuano manutenzione sono quanto di più precario esiste nel già disastrato mondo del lavoro odierno. Lo abbiamo imparato a Brandizzo, lo scopriremo ora per Suviana. Ancora non sappiamo quanti dei morti dell’incendio nel trasformatore a 40 metri sotto terra nella diga dell’appennino bolognese fossero in appalto. Di certo la colpa di quanto accaduto sarà fatta ricadere su di loro.

Se a Brandizzo abbiamo scoperto che si lavorava senza bloccare la circolazione dei treni facendo affidamento sull’urlo del responsabile della squadra che avvertiva quando la locomotiva stava arrivando sui binari in rifacimento, per Suviana probabilmente scopriremo che il personale della ditta in appalto non era formato, utilizzava attrezzature obsolete, aveva cambiato la squadra in corsa, aveva la pressione di dover concludere i lavori nei tempi stabiliti anche se era in ritardo.

Cambiano le categorie – in Piemonte erano edili o ferrovieri, in Emilia elettrici – non cambiano le condizioni, comuni oramai a tutti i settori.

Il sistema lo impone e solo cambiandolo totalmente si potrà migliorare il nefasto computo dei morti giornalieri sul lavoro. L’inarrestabile striscia di sangue è figlia della trentennale deregulation liberista: è facile trovare qualcuno che sia disposto a tutto pur di lavorare, lo si sfrutta senza rispettare alcun diritto con una paga da fame. Magari promettendogli soldi fuori busta in cambio di straordinari pesantissimi.

Se la colpa di una situazione ormai incancrenita è anche dei governi di centrosinistra, dalla riforma Treu al Jobsact renziano, il governo Meloni sta indubbiamente peggiorando la situazione. La modifica al codice degli appalti di Matteo Salvini ha fatto tornare il settore edile (privato) alla giungla più totale: il sub appalto è il teorema, lo sfruttamento il corollario.

La ministra Calderone – che non dimentichiamo è una consulente del lavoro: categoria alla quale le aziende si affidano per trovare il modo di risparmiare sul costo del lavoro – dopo la strage di Firenze si è inventata una norma spot senza alcun effetto deterrente. La «patente a crediti» è un’espressione tanto scontata quanto falsa. Il filone delle «patenti» applicato al lavoro ha poco senso e ancor meno costrutto: nessuna azienda verrà bloccata, tutto andrà avanti come ora.

Non va infine dimenticato quanto sta succedendo a Enel, colosso globale dell’energia a maggioranza pubblica. Dopo la svolta green di Francesco Starace, il governo Meloni ha deciso di cambiare affidando al boiardo per tutte le stagioni Flavio Cattaneo un compito molto semplice: tagliare su tutto, «anche sulla sicurezza», denunciano i sindacati che unitariamente – dunque anche compresa la Cisl – hanno scioperato contro il suo piano non più di un mese fa.

Rilette oggi le motivazioni della protesta risultano profetiche: «Vogliamo un’azienda che guidi la transizione energetica, che investa sulle persone e la loro professionalità, che faccia assunzioni e che crei valore per il paese. Di un’Enel che pensa solo alla finanza, dismettendo parti importanti delle proprie attività e delle proprie competenze peggiorando le condizioni di lavoro ad operai e impiegati, il paese non sa che farsene».

E domani Cgil e Uil chiamano allo sciopero generale – seppur di sole 4 ore, otto per il settore edili – tutti i lavoratori proprio sul tema della sicurezza sul lavoro. I morti di Suviana non potranno farlo, il sistema «in appalto» li ha uccisi prima che potessero farsi sentire. Bisogna scendere in piazza anche per loro.

MASSIMO FRANCHI

da il manifesto.it

foto: screenshot tv