Sempre più mi convinco che occorre ricreare una domanda di sinistra e che questa deve essere il centro del lavoro dei comunisti per non fermarsi alla ricostruzione di una sinistra indistinta ma di un nuovo blocco sociale cosciente di essere, in vari modi, sfruttato.
Per questo non basta una semplice sinistra ma serve una forza comunista e libertaria che, con un lungo lavoro anche culturale – interno ed esterno – torni a proporsi come rappresentante naturale del malessere sociale, della disperazione di milioni di poveri, precari, disoccupati e lavoratori di tutti i luoghi di produzione.
Pensare a come si vive è l’unico modo per poter un giorno vivere nel modo dignitoso a cui sempre si pensa.
Penso che anzitutto si debbano alfabetizzare le compagne e i compagni e renderli pienamente consapevoli di cosa è un partito comunista, di come funziona un partito e del perché siamo comunisti.
Molte compagne e molti compagni fanno parte del Partito ma temo non siano al corrente di cosa vogliamo sia in lungo che medio termine.
Rendere, culturalmente e quindi politicamente, nuovamente attuale il programma dell’espropriazione degli espropriatori, quindi far rinascere coscienza e odio di classe deve essere un obiettivo necessario.
Senza consapevolezza degli obiettivi non c’è neppure passione per i medesimi. Non c’è sincera lotta politica.
Poi occorre, nel contingente, lavorare per unire la sinistra di alternativa dove i comunisti esercitino un ruolo forte che influenzi i programmi minimi.
Nessuna ricetta è immediata e magica.
Ma da queste mosse bisogna partire. Necessariamente.
(m.s.)
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