Finisce con un applauso, la riunione permanente che nel giro di una settimana, tra Roma e Milano, ha messo insieme le delegazioni di Movimento 5 Stelle e Lega per scrivere il «contratto di governo». I convenuti escono con quaranta pagine di programma che delineano lo scenario futuro del paese, sempre nel caso l’esecutivo giallo-verde vada in porto.
Prima di scorrere il plico, ci si accorge di un paradosso. In occasione del rush finale delle trattative con la Lega, proprio quando il cammino verso Palazzo Chigi pare sul punto di compiersi, Luigi Di Maio è costretto a dismette i panni del compassato uomo di governo che indossa da mesi. «Più ci attaccano più ci motivano» è lo slogan della giornata. Intanto, Alessandro Di Battista riprende la sua personale campagna contro i traditori della patria e invita leghisti e grillini a resistere alle pressioni Ue e allo spettro dello spread difesa della sovranità perduta.
La bozza contiene dei passaggi evidenziati in rosso. Sono i temi che cascano su Di Maio e Salvini, i due leader firmatari del contratto. A loro tocca la briga di sciogliere i punti ancora controversi e sfogliare la rosa dei nomi per trovare il presidente del consiglio.
Per Beppe Grillo la ricetta è semplice come aprire una scatoletta di tonno. Anche lui ripesca ritorna allo stile di qualche tempo fa e si fa riprendere mentre mette insieme tonno e schiacciatine toscane e ammonisce: «Avete rotto il cazzo». Il documento propone una vera e propria riforma costituzionale, con la «drastica riduzione del numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori», l’introduzione del «vincolo di mandato popolare», il divieto di ingresso al governo a chiunque abbia una condanna penale anche non definitiva per i reati stabiliti dalla legge Severino. Come annunciato da giorni, si piccona anche la giunta per le elezioni «organo anacronistico in quanto composto essenzialmente da politici». Si annuncia la riduzione delle pensioni sopra i 5 mila euro che non siano giustificate dal versamento di contributi adeguati.
Il conflitto di interessi viene esteso a sindaci e dirigenti della società partecipate. «Restano da chiarire grandi opere, migranti, sicurezza ed Europa», trapela dal gruppo di lavoro. Non è poco, tutto parrebbe ancora in alto mare. Ma poi si scopre che il documento parla praticamente soltanto del Tav (segnato in rosso). Gli sherpa precisano che sui flussi migratori «le distanze non paiono così incolmabili», anche se Matteo Salvini ci tiene ad conservare la materia sotto la sua giurisdizione: a lui toccherebbe il Viminale. Nel contratto si programma la chiusura di «tutti i campi rom irregolari» e si precisa l’impegno a sgomberare le occupazioni abusive che non siano giustificate da situazioni di bisogno. È la linea che il Movimento 5 Stelle ha già sperimentato sul campo, fissata nello scorso mese di settembre dalla convergenza tra la circolare Minniti sugli sgomberi e l’applicazione solerte della sindaca Raggi.
Il deputato grillino Manlio Di Stefano ci tiene a precisare che la bozza di contratto è «molto condivisa» tra le due parti. Viene fuori anche che, e qui sarebbe intervenuto Mattarella, che il nuovo governo non metterà in discussione l’euro e che invece cercherà di cambiare i trattati di concerto con gli altri paesi. Ma il documento sostiene«l ‘affermazione del principio della prevalenza della nostra Costituzione sul diritto comunitario».
In rosso sono segnati anche i pilastri della politica economica: flat tax e reddito: ci sono da fissare le aliquote e bisogna capire se il reddito sarà a termine (due anni) oppure no.
Resterebbe in campo la questione del «comitato di conciliazione», che alcuni parlamentari M5S avevano considerato come un’intrusione nell’attività legislativa e un vincolo non da poco sul mandato ricevuto dagli elettori. «Il suo obiettivo è esclusivamente quello di ricomporre le controversie che dovessero sorgere rispetto all’interpretazione o all’applicazione di norme del ‘contratto’» spiegano i 5 Stelle che hanno lavorato all’accordo. Che alimentano le inquietudini quando spiegano che l’organismo avrà anche il compito «di arrivare a una posizione comune tra le due forze a proposito di tematiche non presenti nel contratto o con carattere di urgenza, cioè imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto». In altre parole: quello che non c’è nel contratto, viene comunque stabilito di concordia con la Lega. Il che lascia scorgere un’alleanza di fatto che va oltre l’accordo tecnico «sui singoli temi» che i vertici grillini avevano annunciato quando si era trattato di cercare una maggioranza. Alfonso Bonafede spiega che il contratto verrà sottoposto all’attenzione dei cittadini nel fine settimana «attraverso varie procedure, la Lega con i gazebo, noi con la nostra piattaforma Rousseau. Detta così, pare poco più di una formalità.
GIULIANO SANTORO
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