«Nei campi uno su tre è irregolare e guadagna 6 mila euro l’anno»

Il VII rapporto Agromafie dell'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil

Un esercito invisibile di 200mila irregolari che lavorano nel settore agricolo pari al 30% del totale dei dipendenti. È uno squarcio profondo nel velo dell’illegalità che ancora oscura la filiera agroalimentare italiana VII Rapporto Agromafie e caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil.

Il lavoro povero, precario e sfruttato, alimenta un settore che registra valori economici più che elevati da 73,5 miliardi. Donne e uomini che in media guadagnano poco più di 6mila euro l’anno, spesso sottoposti a fenomeni di sfruttamento e caporalato, senza contratti e diritti, che vanno ad alimentare cospicue filiere controllate dalla criminalità organizzata. E le donne lavoratrici rappresentano le potenziali vittime di sfruttamento, 55mila per la maggior parte sconosciute alle istituzioni.

Dopo la morte a giugno di Satnam Singh, il giovane bracciante indiano della provincia di Latina, «per poi però tornare all’ordinarietà dei controlli», si afferma nel Rapporto. Secondo Francesca Re David, segretaria nazionale Cgil, «bisogna smettere di nascondere la polvere sotto il tappeto per salvaguardare il buon nome del made in Italy, vanno messi in campo tutti gli strumenti idonei a sradicare questo fenomeno a partire dalla programmazione continua e capillare dei controlli» e dalla «cancellazione della Bossi-Fini, che è la prima legge sulla precarietà di questo Paese».

Redditi insufficienti e condizioni di lavoro insostenibili, per il segretario generale della Flai Giovanni Mininni, «sono ancora profondamente radicate, ben più di quanto dicono i numeri ufficiali, censiti dall’Istat o emersi nelle poche ispezioni dell’Ispettorato del lavoro». E chiede di «triplicare le ispezioni già dal prossimo anno perché le attuali tremila per il volume del comparto sono insufficienti».

RED.

da il manifesto.it

foto: screenshot

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