In un’inchiesta pubblicata a fine ottobre, il New York Times ha scritto del comprensorio fortificato predisposto ad Austin da Elon Musk per ospitare i suoi undici figli e tre delle loro madri. Musk non ha commentato, ma suo padre, Errol Musk, ha elogiato il figlio per i suoi «ottimi geni» e come li ha trasmessi a molteplici eredi. «I figli vanno allevati come si fa coi cavalli di razza», ha dichiarato al Times l’imprenditore sudafricano.
Musk, natalista sempre più ossessionato, di recente dal declino demografico, ha pubblicamente offerto di contribuire alla soluzione sulla Terra (oltre che eventualmente popolare Marte) donando il proprio sperma. Per procreare egli stesso, intanto, preferisce la fecondazione assistita e la gestazione surrogata perché «più controllabile» (e anche più produttiva, con questi metodi Musk ha avuto gemelli e trigemini).
L’efficientismo meritocratico, nel Musk-pensiero, si estende organicamente a problemi come l’immigrazione, da gestire, ha scritto il mese scorso, come un’azienda o una squadra sportiva che per vincere è tenuta a scritturare i vincenti e “licenziare” i giocatori non performanti.
La suggestione eugenetica e suprematista è emblematica di un retroterra ideologico maturata di certa Silicon Valley, dove transumanesimo e ultraliberismo si saldano in una sorta di capitalismo “mistico” non visto da quando Ayn Rand ed il suo culto prometeico fecero accoliti in una generazione di reazionari.
70 anni dopo La rivolta di Atlante, Musk è la personificazione del campione randiano, ora con l’opportunità di esaudirne effettivamente le promesse. Come «consulente speciale» dell’entrante governo, l’übermesch tecnologico seguito da milioni di follower può mettere in pratica l’assolutismo liberista da lui stesso articolato egli ultimi due anni in pillole di 280 caratteri.
Il progetto segue i precetti del “novus ordo seclorum” teorizzato da neo reazionari influenti a Silicon Valley come Curtis Yarvin, che propone di mettere la supremazia tecnologica e le fortune ammassate dai nuovi oligarchi a servizio di una «necessaria» evoluzione sociale. Fra gli obbiettivi primari vi è la sostituzione di «giornali ed élite» che dal dopoguerra dominano l’ordine sociale, con canali alternativi.
L’acquisto di Twitter e la sua trasformazione in canale monotematico di ultradestra è propedeutico a questa sovversione dell’ordine simbolico, e non può che far sorridere che negli ultimi anni l’ha seguita, l’indignazione di chi ora protesta per le ingerenze indebite. La trasgressione di norme democratiche e limiti costituzionali sono parte integrante della sovversione dell’ordine costituito cui mira Musk.
Ora il ministro per «l’efficienza» dello stato potrà perseguirne la fase definitiva come titolare del nuovo dicastero Doge nato come battuta di una conversazione con Trump live su X ed ora improvvisamente realtà.
Musk ha detto di puntare al risparmio di oltre 2.000 miliardi di dollari, pari ad un terzo del bilancio. Per attuarlo si prospetta una replica dell’operazione attuata dopo l’acquisto di Twitter, il licenziamento del 80% dell’organico, in questo caso dipendenti pubblici ritenuti superflui.
Lo Stato minimo è sempre stato un cardine dell’ideologia conservatrice che ritiene, come disse Ronald Reagan, che il «governo non è la soluzione dei problemi della società ma semmai il vero problema». Quello che si prospetta ora però non è una semplice diminuzione dell’intervento pubblico a favore degli interessi privati, ma una rottamazione massiccia in cui la «decostruzione dello stato amministrativo» prescritta dal Progetto 2025, si salda alla «liberazione definitiva delle imprese dai lacci burocratici» invocata da Musk.
Il sabotaggio dell’apparato dello stato da parte di un governo di plutocrati populisti comporterà per Musk un monumentale conflitto di interessi grazie alla facoltà di supervisionare le agenzie governative preposte a controllare le sue stesse aziende. Fra queste la Faa che ha limitato il numero di missioni orbitali di Space X (Musk mira a tre a settimana per completare la costellazione privata di 30.000 satelliti), e la Epa che ha obbiettato ai danni ecologici nei pressi della base di lancio a Boca Chica in Texas. Altri clienti pubblici sono il Pentagono e la Nasa.
Nell’annunciare il nuovo dicastero Trump ha parlati di «smantellamento della burocrazia governativa» e «ristrutturazione di agenzie federali» essenziali al movimento per salvare l’America. Nei toni messianici è rientrato il paragone, non propri pacifico, ad un «Manhattan Project» che dovrà essere ultimato entro il 4 luglio 2026, in tempo per il 250mo anniversario della repubblica.
Riferimento chiaro, quest’ultimo, all’originalismo invocato dalla componente integralista della sua coalizione per riportare gli Stati uniti alla purezza originaria. Qui si è oltre l’obbiettivo della Reagan Revolution e vicini ad una distorsione radicale dall’esperimento americano come progetto post Rooseveltiano.
Né vi sono ostacoli discernibili dato il controllo assoluto sui tre rami di governo e l’annichilimento dell’opposizione democratica. Unico freno potrebbe essere quello di una resistenza “interna” da parte della vecchia guardia (che ieri ha lanciato un avvisaglia con la designazione di John Thune a presidente del Senato).
Forse il limite maggiore proverrà dalla potenziale intolleranza di Trump per una personalità ingombrante, come quella di Musk, che potrebbe rischiare di eclissarlo, notoriamente un’intolleranza caratteriale del presidente rientrante.
LUCA CELADA
foto: screenshot tv