Dei misteri si sa sempre tutto. Sono passati 40 anni dal rapimento e dal sequestro del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, da parte delle Brigate Rosse. Sono passati tanti anni: anni in cui si sono fatte mille inchieste giornalistiche, decine di film, scritti fiumi di libri.
Sono passati 40 anni da una delle pagine più buie e controverse della storia repubblicana. Di una Italia che allora scivolava nell’unità governativa tra PCI e DC nel “Compromesso storico”, nell’incontro delle due metà del Paese che si fronteggiavano da decenni.
Teorie del complotto ne sono state sfornate a bizzeffe. Erano gli anni dell’ascesa della P2, del resto, e quindi dietro ad ogni certezza c’era sempre un dubbio. Erano gli anni del servizi segreti deviati e, anche qui, c’era motivo per pensare che non fosse poi così tutto cristallino, istituzionalmente perfetto.
Veniva da pensare che la “versione ufficiale” dei fatti non fosse poi così “ufficiale”, non rappresentasse davvero quella costituzionale democrazia che ci si voleva propinare.
Avevo cinque piccoli anni allora, ma associo il ricordo torbido e triste del sequestro moro, le immagini del telegiornali e la voce di Paolo Fraiese, affannata, che raccontava e descriveva la scena di via Fani, ad un altro triste evento. Non so perché li associo, ma per me sono paralleli: la bomba alla stazione di Bologna di alcuni anni dopo.
Era estate allora e il bel clima sulle langhe piemontesi contrastava con le voci assordanti e le sirene delle ambulanze che sempre la televisione mandava in onda.
Un bambino di cinque o sette anni non può capire tutto questo. Eppure, non me lo spiego, nemmeno oggi che ho quasi 45 anni, riesco appieno a comprendere tutta quella “notte della Repubblica”, pur conoscendola, pur sapendo, come voi, quasi tutto di due misteri. Quasi.
(m.s.)
foto tratta da Wikimedia Commons