MES, nessuno (o quasi) lo dice…

Il dibattito sulla riforma del Mes, il Fondo salva-stati, continua a infiammare la politica italiana. Le posizioni all’interno della maggioranza sono divise: da un lato Liberi e Uguali e...

Il dibattito sulla riforma del Mes, il Fondo salva-stati, continua a infiammare la politica italiana. Le posizioni all’interno della maggioranza sono divise: da un lato Liberi e Uguali e Movimento 5 Stelle sono per migliorare il negoziato e semmai rinviarne la riforma. PD e Italia Viva, invece, difendono la ratifica della riforma. Sullo sfondo la Lega, con Salvini che ha accusato il premier Conte di “tradimento”.

Questa “querelle” sta minacciando la stabilità del governo: è evidente come si tratti di un caso quasi di scuola di strumentalizzazione politica, di una ricerca purchessia di un “casus belli” sul quale mantenere comunque il confronto politico sempre a livello di propaganda e di eterna campagna elettorale.

Pur tuttavia sarebbe il caso di esaminare alcuni aspetti della vicenda in modo da trarne conclusioni non così scontate come si sta verificando da più parti.

Nessuno (o quasi) ricorda almeno tre punti:

1) la vera e propria “ubriacatura monetarista” che portò alla stipula del trattato di Maastricht al quale si arrivò al culmine del ciclo reaganiano e nella convinzione che la fine del bipolarismo sarebbe risultata irreversibile dal punto di vista della vittoria del capitalismo liberale. Vale la pena ricordare ancora una volta il titolo “La fine della storia” del quale lo stesso autore Francis Fukuyama oggi si è dichiarato pentito;

2) l’accelerazione impressa al processo di cessione di sovranità dello “Stato Nazione” del quale si era già paventata la quasi estinzione. Una prospettiva ammessa dagli stessi no-global (da ricordare il “popolo di Porto Alegre”) e un’accelerazione rimasta a metà proprio per la piega presa dalla “globalizzazione” con il mutamento di scenario imposto dalla crisi del 2007/2008 con il ritorno alla geopolitica e corollario di neo – imperialismi e nazionalismi di vario tipo;

3) l’arresto di un’ipotesi di ulteriore passaggio a una dimensione politica comune dell’Unione Europea con il fallimento del progetto di costituzione (2005) e il ripiegamento avvenuto con il trattato di Lisbona.

In sostanza si sono verificati equivoci macroscopici e gravi errori politici (compreso quello  relativo al meccanismo dell’allargamento a 27).

Per quel che riguarda l’Italia da ricordare anche la pessima gestione circa l’ingresso nella moneta unica.

Emerge da queste vicende la gravità di un’assenza complessiva di classe dirigente che si accompagna alle modificazioni avvenute sul piano dell’azione e della comunicazione politica.

Oggi ci si ferma all’episodico di ogni singolo aspetto al di fuori di una visione di lungo respiro: insomma quello che nessuno (o quasi) dice riguarda le responsabilità della politica nel prevedere ciò che stava per accadere contrapponendovi un’adeguata progettualità.

Il confronto su questi temi è completamente assente e l’opinione pubblica tagliata fuori dalla possibilità di esprimersi, appare priva ormai di una rappresentanza politica misurata su di un pragmatismo collegato a una visione ideale e progettuale di trasformazione degli equilibri esistenti e di possibilità di affrontare le inedite contraddizioni che percorrono il mondo d’oggi.

FRANCO ASTENGO

30 novembre 2019

Foto di Julien Tromeur da Pixabay

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