Il terrorismo si sposta strisciando, carsico, invisibile: mentre in Europa si fa appello da molte parti al varo di leggi speciali per la limitazione di determinati diritti e innegate libertà, il terrore colpisce in Mali e in Egitto. Attacca caserme dell’Onu e, all’ombra delle piramidi di Giza, si arma di pistola e fucile e prende come obiettivo delle semplici guardie egiziane.
La strategia è l’imprevedibilità che è sfuggevolezza, che è impossibilità di conoscenza delle mosse degli affiliati al califfato nero: una strategia che ovviamente non esclude un rafforzamento delle misure di sicurezza per tutelare i cittadini ma che mostra il suo cedimento quando accetta di varare leggi speciali che controllino Internet, le frontiere e luoghi “di passaggio” continuo come possibili canali di transito e di crescita delle cellule che vanno ad insediarsi sui territori per poi colpire.
Perché sarebbe cedevole questa politica di compressione delle libertà? Per il semplice motivo che dimostra non solo la debolezza delle tanto celebrate “intelligenze segrete”, dei servizi di mezzo mondo, in tema di prevenzione degli attentati, ma dimostra anche una miopia più politica che strategica: meno diritti e meno libertà non significano necessariamente più sicurezza.
Semmai significano più ricerca della clandestinità da parte dei terroristi e, quindi, prende il via una gara a chi si mimetizza meglio, a chi meglio sfugge ai controlli resi ancora più serrati.
Il terrore del Daesh non si batte con la limitazione dei diritti civili e sociali dei popoli. Ma, del resto, è paradossale – a dir poco – sperare che le potenze occidentali, che hanno determinato quanto meno le cause della nascita di questi mostri del terrore (da Al Qaida in poi) possano impegnarsi seriamente nella lotta per la sconfitta di del califfato che è l’incognita strategica del nuovo dominio del Medio Oriente, di una futura nuova colonizzazione dell’area oggi interessata dalle guerre civili tra sciiti e sunniti.
Contrastare le politiche che vogliono vederci prigionieri degli specchietti per le allodole rappresentati da più e più controlli è possibile: come sempre, serve un movimento ampio, di massa, continentale a questo punto, che proponga la linea della diplomazia e non quella della guerra a tutti i costi. Che si faccia largo non con le bombe ma, come abbiamo scritto spesso, con l’isolamento economico e politico del Daesh.
Qui sì che servono le “restrizioni”! Servono proprio dei veri embarghi che strangolino i canali di arricchimento e di sostentamento delle milizie nere di Al-Baghdadi.
Sindacati, partiti e associazioni di sinistra e per la pace possono dare vita a questo movimento: hanno una grande responsabilità in questo. E hanno poco tempo a disposizione anche se la lotta contro l’Isis sarà lunga…
MARCO SFERINI
28 novembre 2015
foto tratta da Wikipedia