«Nessuno è autosufficiente. Serve una lista, la più unitaria possibile» basata su «un programma radicalmente alternativo al Pd di Renzi» ma che sia «un programma di governo». Dopo aver incontrato Giuliano Pisapia ieri mattina Roberto Speranza ha riunito i cinquanta parlamentari di Art.1 insieme ad altri di Campo Progressista. E ha tirato le fila del lavoro programmato poco prima con l’ex sindaco. La nuova lista comincia a «profilarsi»: una creatura con diversi volti, da quelli ’civici’ di Giuliano Pisapia e di Laura Boldrini, ai partiti, al fronte della Costituzione. «Sarà un fiume, ogni affluente avrà un suo ruolo», è la rassicurante metafora ripetuta.
La road map prima dell’estate è fitta. C’è l’appuntamento del primo luglio, il lancio della casa del nuovo centrosinistra, che nelle previsioni più en rose potrebbe trasformarsi già nella prima uscita della «coalizione del cambiamento» (nome provvisorio). Ma prima ci sono altre tappe: i Gay Pride delle città (a Roma il 10 giugno), la manifestazione della Cgil contro il ritorno dei voucher il 17 giugno. E il giorno dopo, il 18 sempre, l’appuntamento dei ’civici’, ovvero gli ex dei Comitati per il No, lanciato ieri dall’avvocata Anna Falcone e dal professore Tomaso Montanari in un appello pubblicato in stereo su manifesto e Fatto.
Ma per la lista «più unitaria possibile» di cui parla Speranza c’è ancora un pezzo di strada da fare. Piuttosto accidentato. E i precedenti non aiutano.
Il nodo delle alleanze dovrà presto essere sciolto: o tagliato. A questo giro si chiama «perimetro» della lista. Pisapia e i suoi giudicano «irripetibile» l’«accrocco» della Sinistra Arcobaleno annata 2008, e cioè «l’insieme eterogeneo che anziché fare la forza fa la debolezza», spiega Massimiliano Smeriglio. D’altro canto Pisapia nega di aver messo «paletti» contro Sinistra italiana. La formazione vendoliana ringrazia per la precisazione, ma il segretario Nicola Fratoianni a sua volta rilancia contestando la «linea» di Mdp-Campo progressista: «Mi pare che per il centrosinistra la stagione sia chiusa in questo paese», spiega, e quanto alla leadership di Pisapia «non è l’unico in campo».
Mdp cerca di mediare fra i separati dell’ultimissima scissione (l’area di Campo progressista è composta in gran parte da ex Sel). Ma Pier Luigi Bersani ieri a Dimartedì (La7) ribadisce lo slogan che sarà della campagna elettorale: «Se volete il centrosinistra noi siamo il voto utile. Perché noi con la destra non ci andiamo».
E non c’è da illudersi, non si tratta di una disputa lessicale sulla parola «centrosinistra»: il vero punto è come sempre quello delle alleanze: nel programma sarà esclusa l’ipotesi, anche solo dell’irrealtà, di un’alleanza con il Pd dopo il voto?
Poi c’è la scelta del leader e dei candidati. «Servono le primarie e anche le parlamentarie, non possiamo chiuderci ad agosto in dieci in una stanza a litigare sulle liste», spiegano da Mdp. Ma in zona Pisapia i dubbi sono robusti: se il voto dovesse davvero arrivare in autunno, mancherebbero i tempi per organizzare i gazebo, non è più saggio scongiurare il rischio di un autogol?
Infine il capitolo dei civici. I firmatari dell’appello, Falcone e Montanari, sono in ottimi rapporti con D’Alema dai tempi del referendum costituzionale. Ieri dalla ’sinistra sinistra’ sono piovute adesioni all’iniziativa del 18 giugno. Ma alcune in velata (non sempre) polemica con Pisapia. Come quella di Fratoianni: «Ci sarò. Chi lo dice che il momento fondativo di questo quarto polo debba essere il primo luglio?». Fa di più Maurizio Acerbo, segretario Prc: «Condivido l’appello di Anna e Tomaso per costruire una lista unitaria della sinistra, una lista del popolo del No che il 4 dicembre ha sconfitto Renzi nel referendum». Pisapia, notoriamente, ha votato Sì. Arrotonda gli spigoli invece Paolo Cento (Si): «A sinistra c’è bisogno di generosità ed umiltà per costruire una proposta alternativa a Renzi e al Pd». Sì anche da Possibile di Civati, da Fassina e dalla Rete delle Città in Comune, da esponenti di Altra europa. E da Marco Furfaro, vicino all’ex sindaco di Milano, un sì con un’avvertenza: «Tutto ciò che va nella direzione di smontare le piccole riserve indiane è da salutare positivamente. Dobbiamo costruire un nuovo campo largo del centrosinistra, non il tavolo del ceto politico che chiede unità per poi sfasciare tutto il giorno dopo il voto», «Sarebbe sbagliato riunire solo il ceto politico della sinistra radicale. La società italiana è più complessa. Chi si candida deve ambire a includerla, non a respingerla con accrocchi elettorali».
La strada della lista unica insomma è a senso obbligatorio, ma tutta in salita. Renzi lo sa e punta sulle proverbiali divisioni di questo campo. E fa sapere che è ancora disposto ad aspettare l’ex sindaco prodigo: «Faremo un partito che punti al 40 per cento che vada da Calenda a Pisapia».
DANIELA PREZIOSI
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