Il primo punto interrogativo, quando i ministri arrivano a palazzo Chigi per il cdm che dovrebbe licenziare la sospirata la manovra, non si appunta sui contenuti della stessa ma sull’effettivo varo o meno. All’ordine del giorno continua infatti a figurare solo il Decreto programmatico di bilancio che non può essere differito, dovendo essere inviato a Bruxelles entro la mezzanotte ma il premier Conte spera di riuscire a chiudere anche su legge di bilancio e decreto fiscale. Salvo miracoli notturni non ci riuscirà e la commissione europea si troverà di fronte una serie di tabelle, con le voci di entrata e uscita, ma senza ancora le misure precise sulle quali scommette il governo italiano. Una scatola mezza vuota.
Lo scontro quotidiano, ieri, è stato sulla decisione di riportare il tetto del contante a 1000 euro. Uno schiaffo per Matteo Renzi, il cui governo aveva fissato l’innalzamento sino a 3mila euro. E infatti sono proprio i renziani a scattare a brutto muso con un messaggio perentorio fatto pervenire al Mef: «Ve lo votate da soli». Giuseppe Conte non demorde: «Questa deve essere la manovra degli onesti», che tra i tanti slogan sfornati ormai un tanto al chilo effettivamente mancava. Non che le posizioni siano davvero così inconciliabili. Sono gli stessi renziani a indicare la mediazione: «Arriviamoci in tre anni e contestualmente all’abolizione delle commissioni su bancomat e carte di credito». L’ultima parola non è detta ma potrebbe essere una via percorribile.
Nessuna mediazione invece su quota 100. Già dal mattino Conte specifica che non sarà abrogata. Renzi finge di masticare amaro. Twitta che «è una misura iniqua». Da Porta a Porta accetta la resa: «Io sono contrario ma penso che verrà confermata». In realtà la proposta di cancellazione non è mai stata presa in considerazione. Il ritocco, con uno spostamento di tre mesi delle finestre, invece sì ed era ancora in ballo ieri mattina. Parola proprio di Conte: «Una decisione non è stata presa». Dopo la girandola di incontri e telefonate del pomeriggio, inaugurata dal vertice tra il premier e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, l’idea sembrerebbe però cassata. Questo almeno affermano, esultando in coro, i 5 Stelle a partire da un Luigi Di Maio particolarmente scatenato. «Quota 100 è intatta», giubila la viceministra dell’Economia Laura Castelli appena terminato il vertice di palazzo Chigi.
Le cose, nelle ultime 24 ore, sono diventate sensibilmente più facili grazie alla mossa contabile del Mef, una super proroga dei versamenti da parte delle partite Iva sottoposte ai nuovi Isa che permette di spostare al 2020 entrate per 3 miliardi di euro. Somiglia da vicino a un tipico gioco delle tre carte ma serve ad aumentare il fondo per il taglio del cuneo fiscale, che resta a solo vantaggio delle buste paga e non anche delle imprese, come chiedevano i 5S sperando di ottenere in cambio un avvio di salario minimo, a finanziare l’abolizione dei superticket, e soprattutto al contratto del Pubblico impiego, capitolo fondamentale per i sindacati.
La manovra resta imperniata sulla lotta all’evasione: multe ai commercianti che non accettano il bancomat (trenta euro più il 4% del valore della transazione con moneta elettronica rifiutata), sanzioni salate, sino a 2mila euro, per quelli che, non accettando il codice fiscale, impediscono ai consumatori di partecipare alla «lotteria degli scontrini», con 70 milioni stanziati per i premi riservati sia ai consumatori che ai commercianti. La mazzata pesante, il carcere per i grandi evasori, invece resta in bilico. I 5 Stelle insistono per metterlo subito nero su bianco, gli alleati mirano a procrastinare e a procedere con un’apposita e più meditata legge ad hoc. Infine qualche tassa, scelta in alcuni casi con un criterio vagamente moralistico: Sugar Tax, Plastic Tax, Digital Tax, aumento delle sigarette. Sono quasi tutte cose che danneggiano la salute e/o l’ambiente, dunque si prevede che verranno accettate più facilmente dalla platea pagante.
Oltre alla manovra italiana, slitta anche la nascita della nuova commissione europea, rinviata a dicembre. Dunque sarà la vecchia commissione a decidere da sola sui 14 miliardi di flessibilità chiesti dall’Italia e sui 7 miliardi accreditati, contro ogni credibilità, alla lotta all’evasione. Il commissario uscente Pierre Moscovici avrà certamente un occhio di riguardo ma anche una minima resistenza sarebbe per l’Italia un guaio enorme.
ANDREA COLOMBO
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