Come al solito fra l’approvazione della manovra e la presentazione in Parlamento del suo testo definitivo passeranno giorni, se non settimane. Ma nel cosiddetto «pacchetto lavoro» i ben informati danno per certa una misura molto richiesta dalle imprese. Tanto da essere stata ribattezzata «norma salva-Sky».
La multinazionale di Rupert Murdoch pur essendo in (forte) utile in Italia – nel primo trimestre 2017-18 più 2 per cento pari a 605 milioni di sterline – ha deciso di chiudere la sede di Roma (oggi lo sciopero in contemporanea con l’incontro al Mise) mandando a casa già 187 persone. Il rischio però è che i giudici del lavoro – come già accaduto – sanciscano l’illegittimità della procedura di licenziamento a causa della mancanza di crisi e delle «comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive» e del rispetto delle prerogative sindacali.
Per cautelarsi, grandi gruppi e multinazionali hanno fatto pressione sul governo per avere «mani libere» sulle ristrutturazioni.
E il governo sembra averle subito accontentate. Accanto ai 338 milioni per il 2018 – che diventeranno 2 miliardi dal 2019 – di sgravi contributivi per le assunzioni dei giovani – che portano il computo totale a quasi 4 miliardi di soldi alle imprese – arriverà una norma per una «nuova modalità di gestione delle ristrutturazioni aziendali che poi sfociano in licenziamenti collettivi». Proprio come il caso di Sky o di Nestlè con la Perugina o la Froneri di Parma.
Pagando qualcosa – niente per una multinazionale – le imprese potranno liberarsi dei lavoratori che entreranno immediatamente nelle politiche attive e nell’ormai fantasmagorico contratto di ricollocazione inventato da Pietro Ichino: soldi per le agenzie interinali che troveranno un nuovo lavoro al lavoratore licenziato, dopo averlo preventivamente riqualificato.
In realtà un provvedimento simile era stato discusso nel tavolo governo-sindacati: prevedeva però la volontarietà da parte del lavoratore e un accordo sindacale. E, soprattutto, era limitato alle aziende che già utilizzavano la cassa integrazione per crisi – non è il caso di Sky. «Per noi era già un provvedimento a rischio perché deresponsabilizza le imprese e le incentiva a licenziare», spiega Tania Scacchetti, segretario confederale Cgil. «Aspettiamo il testo definitivo, ma se sarà perfino esteso alle aziende che non sono in crisi, sarebbe veramente grave».
Vedremo quale versione sarà nel testo della manovra. Ma finora le aziende sono sempre state accontentate.
MASSIMO FRANCHI
foto tratta da Pixabay