Nessuno crede a Matteo Renzi quando dice di essere pronto a votare, ma intanto più lui minaccia la crisi più gli altri partiti della maggioranza gli vanno dietro e cambiano la legge di bilancio come vuole Italia viva. Dopo la tassa sulle auto aziendali, ieri è stata la volta della tassa sulla plastica e sulle bevande zuccherate, già ridotte dopo le prime pressioni renziane e ieri al termine di una giornata complicata rinviate e ancora tagliate.
Quello raggiunto ieri sera è un accordo su poche centinaia di milioni, l’uno per cento della manovra economica. Il grande spreco di ultimatum e negoziati si spiega con ragioni esclusivamente politiche: Renzi gioca al più uno per accreditarsi con le imprese che hanno alzato le barricate contro le tasse di scopo. Quella sugli imballaggi di plastica ha motivazioni ecologiste, quella sulle bibite gassate vuole combattere l’obesità. Molte di queste imprese hanno sede in Emilia Romagna, regione chiave per la sopravvivenza del governo dove si voterà a gennaio: il Pd per questo non può accettare di passare per il nemico del made in Italy (soprattutto nel settore agro alimentare) e per questo considerava un successo aver abbassato queste tasse in un precedente round negoziale. Ma Renzi ha rilanciato all’ultima curva, e così mentre la commissione bilancio del senato dove in teoria la manovra dovrebbe procedere spedita si è fermata per aspettare la maggioranza, a palazzo Chigi si sono riuniti governo e rappresentanti dei partiti di buon mattino. Con il ministro dell’economia Gualtieri felice di poter mettere sul tavolo un «tesoretto» di 400 milioni trovato un po’ nelle pieghe dei bilanci e molto alzando le tasse sulle vincite delle lotterie istantanee. Ma come la mela di Paride, quei soldi sul tavolo hanno scatenato l’inferno, perché mentre Italia viva ha chiesto di metterli tutti per coprire il mancato gettito di plastic e sugar tax, il Pd ha provato a mettere qualche soldo in più sul non ricchissimo capitolo del taglio del cuneo fiscale. Nel frattempo, trattandosi di manovre più politiche che economiche, lavoravano gli uffici stampa.
«Siamo al lavoro per trovare un accordo che dica no ai micro balzelli e sì al lavoro», twittava la ministra renziana Bellanova. «Italia viva ai lavoratori preferisce le multinazionali delle bibite gassate come la Coca Cola», rispondevano dal Pd. E mentre il presidente del Consiglio Conte lasciava il tavolo di palazzo Chigi per incontrare il rappresentante speciale dell’Onu per la Libia Salamè, Renzi da fuori («non vado alle riunioni di maggioranza, non sono io il problema, se Di Maio vuole sapere chi lo è si faccia un selfie») proseguiva nel bombardamento: «Non vorrei votare, ma se siamo costretti…».
La pausa pranzo lasciava gli avversai di maggioranza sulle posizioni di partenza, con l’unica novità che lo scontro era chiaramente tra Italia viva e Pd, con i 5 Stelle sullo sfondo. Il vice segretario dem Orlando rispondeva a Renzi: «Siamo tutti pronti ad andare a votare, il punto è capire se è utile al paese». Nel frattempo le opposizioni protestano al senato, occupano l’aula della commissione bilancio dove non si può andare avanti e facilmente prevedono che la legge di bilancio sarà approvata a tappe forzate: slittato di una settimana, l’approdo in aula è fissato adesso a lunedì prossimo. E poi bisognerà correre alla camera; la doppia fiducia è scontata.
Alla ripresa del vertice, il delegato di Renzi Marattin si presenta con una dichiarazione di guerra: «Il Pd ha una visione sovietica dell’economia». Poi aggiunge: «Al tavolo nessuno del Pd ha proposto di aumentare le risorse per il taglio del cuneo fiscale, anzi il vice ministro Misiani ha immaginato di anticiparne l’entrata in vigore dal 1 luglio al 1 gennaio, riducendo a parità di risorse l’importo mensile della riduzione». «Se proprio dobbiamo fare i verbali della riunione – replica immediatamente Misiani – segnalo che Marattin ha proposto di togliere 250 milioni dal taglio del cuneo fiscale per i lavoratori per destinarli alla riduzione della plastic tax e della sugar tax». Conte lascia di nuovo la riunione per incontrare stavolta il presidente del Ciad.
Il ministro per i rapporti con il parlamento D’Incà annuncia due volte che «abbiamo chiuso su tutto», ma il tavolo non si scioglie e in senato non arrivano notizie. Poi la soluzione, che per il capogruppo del Pd Marcucci è «di buon senso: Bisogna dare alle imprese del settore il tempo per adeguarsi alle nuove norme». La plastic tax entrerà in vigore a luglio e la sugar tax a ottobre. Entrambe erano previste ad aprile. La plastic tax, all’origine di un euro al chilo e già ridotta a 50 centesimi, scende ancora a 40 centesimi. La sugar tax perderà per strada gran parte dei suoi 230 milioni di gettito previsti. Così si mette una toppa. Ma una nuova crepa si è aperta nella maggioranza. Tanto che quando Conte si alza per l’ultima volta dal tavolo, a sera, è per andare al Quirinale. Il presidente Mattarella è preoccupato e chiede chiarimenti. «Incontro interlocutorio», dicono dal Colle. La sofferenza continua.
DOMENICO CIRILLO
Foto di Matthew Gollop da Pixabay